Recensione - AEW: Fight Forever
Il Gioco
È quasi ironico vedere come la AEW sia nata nel 2019 partendo da alcuni ex lottatori WWE, e come ora il loro videogioco sia sviluppato proprio dall’ex team dietro i titoli WWE esattamente fino al 2019. L’incontro tra la AEW e Yuke’s sembrava quasi scritto nel destino, e nonostante alcuni problemi e ritardi legati soprattutto alla pandemia, alla fine AEW: Fight Forever è finalmente uscito nei negozi. Ad oggi la WWE è sicuramente la federazione più conosciuta ma sono comunque presenti diverse realtà valide (oltre alla stessa AEW), però lo stesso non si può dire nel mondo videoludico: i fan infatti da tempo possono contare unicamente sulla serie di WWE 2K, per cui l’arrivo finalmente di un competitor è stato visto con grande interesse.
MX Video - AEW: Fight Forever
Yuke’s tuttavia è stata chiara fin da subito che con AEW: Fight Forever voleva proporre un’esperienza diversa rispetto alla simulazione dei titoli 2K, puntando invece tutto sull’aspetto arcade e ispirandosi ai titoli del passato che spesso vengono nominati dai più nostalgici come SmackDown! Here Comes the Pain. Fin qui tutto bene, e non nascondo che anche io mi sono incuriosito parecchio a queste dichiarazioni, complice l’effetto nostalgia. Tuttavia i ricordi possono essere ingannevoli, e soprattutto c’è differenza tra ispirarsi a videogiochi di 20 anni fa e creare esattamente un clone di un videogioco di 20 anni fa, ma nel 2023. Perché alla fine AEW: Fight Forever potrebbe essere descritto così, con tutti i pregi e difetti del caso.
Il piatto forte dell’esperienza è sicuramente la modalità Road to Elite, ovvero la classica Carriera in cui portare il proprio lottatore personalizzato (oppure uno esistente) dagli esordi fino alla conquista delle cinture più prestigiose. Già dall’editor si iniziano a notare i primi limiti, e anche senza fare paragoni con quello di 2K (sarebbe impietoso) le opzioni sono ridotte all’osso e non offrono una grande varietà nella creazione del nostro avatar. La storia ci vede percorrere l’equivalente di un anno all’interno della AEW partendo dalla chiamata di Tony Khan che ci offre un posto nella neonata federazione, e ripercorrendo così alcuni degli eventi principali realmente accaduti. La trama quindi cerca di essere una soirta di “tributo” alla storia della AEW utilizzando anche filmati di repertorio, anche se alcune trame naturalmente vengono modificate per adattarsi alla presenza del nostro personaggio inedito.
Ogni settimana quindi abbiamo a disposizione quattro “turni” da gestire in vario modo, ad esempio allenandoci in palestra per aumentare le statistiche a discapito dell’energia, visitare le città per aumentare il morale, mangiare nei ristoranti per recuperare le forze, partecipare a conferenze stampa o combattere negli show minori AEW Dark e Rampage, arrivando alla fine della settimana allo show principale Dynamite o il PPV di fine mese.
Gestire le energie e il morale diventa quindi fondamentale per arrivare carichi agli eventi, ma se ci sentiamo fiduciosi si possono utilizzare i turni per svagarsi con uno dei tanti minigiochi presenti. In queste occasioni AEW: Fight Forever mostra tutto il suo lato più arcade e folle trasformandosi in un vero e proprio party-game con varie sfide totalmente no-sense. Ad esempio si può giocare a baseball lanciando letteralmente un lottatore travestito da pallina, rhythm game dove eseguire imbarazzanti balletti a tempo, quiz sulla storia della AEW, raccogliere più fiches del casinò che piovono sul ring mentre si schivano barili esplosivi e così via, in un delirio tanto assurdo quanto necessario per spezzare un po' la routine prima dei match.
Arriviamo quindi al gameplay, che come anticipato riprende quello visto nei vecchi videogiochi di wrestling… in maniera fin troppo fedele. I comandi sono estremamente semplici, con tasti dedicati rispettivamente a pugni, calci, prese, corsa e difese (una per gli attacchi normali, una per le prese). A queste si aggiungono le mosse Signature e Finisher attivabili semplicemente premendo una freccia direzionale o la levetta analogica, a patto di aver riempito la barra del Momentum. Tutto ruota attorno a questa barra che indica il “fomento” del pubblico, per cui continuando ad attaccare vedremo l’indicatore riempirsi, al contrario subire colpi lo svuoterà, così come non sfruttare subito le mosse finali disponibili. Se anche riusciamo a caricare la barra infatti avremo solo alcuni secondi per riuscire a connetterla, altrimenti il pubblico “perde il momentum” e noi l’occasione di chiudere il match con una mossa devastante. Una meccanica che incentiva l’azione sfrenata, che ben si sposa con la semplicità di esecuzione delle mosse e l’anima arcade del gioco.
I match sono rapidi e con pochi momenti morti, oltre ad una sana dose di violenza non indifferente con sangue a volontà e inquadrature in slow motion che ci fanno mostrare nel dettaglio l’impatto e danni delle mosse più potenti. Una violenza spinta all’eccesso tanto da diventare quasi parodistica, sensazione che viene aumentata anche dal particolare stile grafico del gioco. AEW: Fight Forever non si prende mai troppo sul serio, e gli stessi modelli dei lottatori non cercano (quasi) mai il realismo, ma anzi sembrano le classiche action figures del wrestling con cui giocavamo da piccoli… o ancora oggi. Una scelta controversa che da una parte sottolinea ancora di più l’intenzione di essere un gioco che non cerca il realismo, dall’altro risultano quasi “sprecati” la risoluzione in 4K sia su Xbox Series X che Series S. Ottimo invece il framerate che su entrambe le console riesce ad essere a 60 fps senza problemi, con l’unica eccezione dei filmati di ingresso sul ring che su Series S sono limitati a 30 fps.
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