Recensione - Matchpoint - Tennis Championships
Il Gioco
Negli ultimi 10 anni è stato difficile riuscire a mettere le mani su un titolo tennistico che potesse richiamare i livelli qualitativi dell’ultimo vero capolavoro del genere, Top Spin, ma anche del più arcade e divertentissimo Virtua Tennis; gli ultimi AO Tennis 2 e Tennis World Tour 2 sono risultati essere dei giochi onesti ma sicuramente non brillanti, quindi le speranze dei fan si sono spostate ora sul nuovo Matchpoint - Tennis Championships di Torus Games. Sin dalle prime battute, è evidente come ci si trovi davanti ad un titolo che fa dell’immediatezza la sua caratteristica principale con un’offerta, in termini di contenuti, decisamente basilare.
MX Video - Matchpoint - Tennis Championships
Appena lanciato il gioco abbiamo la possibilità di cimentarci in un match rapido (solo in singolo), una modalità Carriera, un tutorial, dei minigiochi per allenare i nostri colpi e, soprattutto, i nostri riflessi e, infine, la modalità multiplayer locale e online, con pieno supporto al crossplay tra piattaforme. Se decodoa,decidiamo di iniziare con il match di esibizione, possiamo selezionare due tra i tennisti professionisti presenti nel gioco come Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev, Garbiñe Muguruza, Andrey Rublev, Casper Ruud, Hubert Hurkaczs, Nick Kyrgios, Benoît Paire, Heather Watson, Hugo Gaston, Kei Nishikori, Madison Keys, Victoria Azarenka, Amanda Anisimova, Taylor Fritz e Pablo Carreño Busta. Se abbiamo invece acquistato la Legends Edition, avremo a disposizione anche Tim Menman e Tommy Haas, anche se qui ci sarebbe da discutere in merito all’appellativo di “leggende”.
La modalità Carriera rappresenta il vero fulcro del gioco, mentre le altre fanno sostanzialmente da contorno; peccato per la mancanza del gioco in doppio, che si spera possa essere implementato con futuri aggiornamenti. Il multiplayer funziona più che dignitosamente e, in modalità online, i match scorrono in maniera abbastanza fluida con lag davvero contenuto. Proviamo ora a scendere sul campo di gioco per cercare di dare un giudizio su un titolo che, diciamolo subito, prova a spingere soprattutto sul versante simulativo. Saranno riusciti in questa non facile impresa gli audaci sviluppatori australiani ?
Partiamo dai comandi di gioco, decisamente in linea con quanto visto in altri giochi passati: i quattro tasti frontali sono deputati alla gestione dei 4 colpi fondamentali (top spin, tiro piatto, slice e lob), mentre i due tasti dorsali ci aiutano nel giocare i colpi di volo e le smorzate. Appena iniziamo a giocare ci rendiamo conto di come in Matchpoint - Tennis Championships sia fondamentale il posizionamento del tennista, in quanto il suo movimento è fin troppo gestito dalla CPU indipendentemente dal livello di difficoltà che abbiamo scelto. Si tratta, indubbiamente, di una scelta di programmazione poco condivisibile considerato che, ad esempio, si riesce ad andare facilmente a rete solo quando siamo costretti, ad esempio, da una palla corta dell’avversario.
Durante gli scambi, per modificare la potenza del colpo basta premere il pulsante frontale in modo tale da riempire l'indicatore presente sullo schermo, azione che causerà la comparsa di un "mirino" sul campo avversario per impostare la direzione del colpo. Quello che non torna, però, è che spesso si riesce a colpire la palla anche se sbagliamo tempismo nell’esecuzione del colpo; questo non significa che è impossibile sbagliare, anzi, alle difficoltà più elevate gli errori non mancano, ma si ha l'impressione che il gioco sia meno punitivo di quanto dovrebbe.
Mi è piaciuta invece la sensazione di velocità degli scambi, anche se avrei preferito una migliore distinzione tra le diverse superfici di gioco visto che non sono riuscito ad afferrare la differenza tra uno scambio sull’erba e uno sulla terra battuta. Funziona bene, come nella realtà, l’approccio a rete mediante rovesci in slice che rallentano la velocità della pallina e ci danno il tempo di avvicinarci mettendo in difficoltà l’avversario: una resa, per questa azione, sicuramente più verosimile rispetto a quanto visto in altri titoli tennistici più recenti. La faccia opposta della medaglia sta invece nella gestione degli smash che non si riesce mai a giocare ad un’altezza simile a quanto avviene nella realtà ma, piuttosto, sembra di giocare una volèe leggermente più alta con la quale è più difficile riuscire a colpire il famoso cursore presente nella metà campo avversaria.
Buona la gestione del servizio, che ci consente di mettere a segno stupendi ace sin dalle prime battute di gioco (soprattutto utilizzando il colpo tagliato ad elevata velocità) e di simulare anche la battuta dal basso di Kyrgios. Quello che non va assolutamente, invece, è la possibilità della CPU di giocare colpi ai limiti dell’irrazionale accompagnati, di sovente, a recuperi da supereroe Marvel. Interessante però il fatto che il gioco, in alcuni frangenti, ci suggerisca i punti di debolezza dell’avversario, un supporto davvero prezioso soprattutto in alcuni delicati frangenti del match. Rimane invece intatto uno dei difetti storici dei giochi di tennis, che neanche i migliori esponenti del genere sono riusciti ad eliminare del tutto: la difficoltà nel gioco di volo. Giocare con il naso attaccato alla rete senza un'adeguata preparazione del punto è praticamente impossibile, come d'altronde nel tennis reale, ma anche in presenza di attacchi profondi e ben piazzati risulta difficile leggere la profondità dei passanti avversari e quindi reagire con il giusto tempismo.
I ragazzi di Torus Games hanno, inoltre, cercato di personalizzare i nostri avversari cercando di alternare i cosiddetti “pallettari” da fondocampo ai maniaci del gioco d’attacco; la cosa funziona fino ad un certo punto, perché i cambi di strategia non sono sempre così coerenti. E' abbastanza semplice vincere i primi tornei, quelli della categoria 250, ma noterete le prime difficoltà con quelli della 500 per poi dovervi impegnare davvero a fondo nei tornei della categoria 1000, i cosiddetti Masters.
Il gioco è completamente localizzato in italiano nei testi e meni di gioco, mentre il parlato (comunque di scarsa rilevanza) rimane in inglese.
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