Recensione - Project Zero: Maiden of Black Water
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
Project Zero: Maiden of Black Water è l’edizione rimasterizzata del quinto capitolo dell’omonima saga horror, da molti conosciuta anche con il nome Fatal Frame, sviluppata a partire dal 2001 da Koei Tecmo. Il titolo, pubblicato nel 2015 come esclusiva Wii U, è a tutti gli effetti un’avventura/survival a tinte horror in terza persona nella quale il giocatore indossa alternativamente i panni di 3 diversi personaggi, ovvero Yūri Kozukata, Miu Hinasaki e Ren Hōjō. La prima, Yūri, è una ragazza dotata di poteri psichici impegnata nella ricerca di un’amica scomparsa, mentre Miu, da sempre, cerca di scoprire maggiori dettagli sulla propria madre. Ren invece è uno scrittore, che decide di intraprendere alcune ricerche sul campo durante la stesura di un nuovo manoscritto. 3 protagonisti molto diversi tra loro, i cui destini sono però destinati a intrecciarsi sul Monte Hikami, un tempo meta inflazionata per vacanze o escursioni ora considerata come “maledetta” in seguito a numerosi eventi tragici verificatisi nella zona. Come è facile intuire, non è un caso che le strade dei tre protagonisti convergano verso il Monte Hikami ma la verità, come si scopre completando le 15 missioni presenti nel gioco, spesso è molto più inquietante di quanto possa sembrare in apparenza. Nelle circa 12/15 ore necessarie per arrivare ai titoli di coda, il giocatore deve infatti fare i conti con una vicenda estremamente sfaccettata, raccontata sia attraverso brevi cut-scene che introducono i vari incarichi, sia attraverso una lunga serie di documenti che approfondiscono sempre di più gli oscuri retroscena.
MX Video - Project Zero: Maiden of Black Water
Sono queste le premesse narrative dalle quali prende il via Project Zero: Maiden of Black Water, la versione rimasterizzata dell’ultimo capitolo della saga horror di Koei Tecmo. Pad alla mano il gioco si presenta come un classico survival horror in terza persona, nel quale il giocatore deve esplorare livelli abbastanza lineari e raccogliere consumabili, oggetti chiave o documenti utili per approfondire le vicende e, non ultimo, affrontare le pericolose creature che infestano il Monte Hikami. A differenziare il titolo dalla concorrenza ci pensano però alcuni elementi di gameplay estremamente peculiari, prima su tutte la Camera Obscura. Quest’ultima non è altro che una particolare macchina fotografica capace di assorbire le energie degli spiriti che infestano le varie aree. Di fatto, la Camera Obscura rappresenta l’unico strumento difensivo a disposizione dei protagonisti e, in effetti, il suo funzionamento non si discosta tanto da quello di una comune arma da fuoco.
Quando si impugna la macchina fotografica, la visuale passa alla prima persona ed è necessario fotografare gli avversari per danneggiarli, ruotando se necessario la posizione dell’otturatore per massimizzare gli effetti sul bersaglio. Una volta colpiti, i nemici rilasciano infatti delle sfere di energia che diventano a loro volta dei bersagli, e inquadrando almeno 5 sfere contemporaneamente si può mettere a segno un colpo speciale, che nella maggior parte delle occasioni permette anche di respingere l’avversario. Colpendo ripetutamente gli avversari si ottiene poi la possibilità di mettere a segno un attacco devastante, il cosiddetto “Fatal Frame” che dà il nome alla saga, capace di mettere fine una volta per tutte allo scontro.
Gli spiriti non rimangono però inermi a fare da bersaglio. Oltre ad attaccare in numero via via sempre più numeroso, cercano infatti di accerchiare il giocatore, di spaventarlo e di sorprenderlo alle spalle, così da infliggere uno o più colpi capaci di ridurre la sua sanità mentale, che rappresenta poi la “salute” dei vari protagonisti. Questi colpi possono ovviamente essere evitati o, se si riesce a scattare una foto nel momento giusto, parati, così come è possibile recuperare e equipaggiare varie tipologie di rullini e obiettivi differenti che garantiscono maggiore efficacia e/o bonus aggiuntivi. Tra i consumabili trovano spazio anche alcune cure, che permettono di ripristinare la sanità mentale o di annullare/rallentare gli effetti dannosi dell’acqua, sia quella piovana sia quella presente praticamente ovunque nel gioco, sui protagonisti. Tutti questi oggetti possono essere sia recuperati durante l’esplorazione sia acquistati prima di iniziare una missione spendendo le monete raccolte fino a quel momento.
Il menu di selezione delle missioni consente inoltre di rigiocare i vari livelli, così da raccogliere gli eventuali collezionabili mancanti, modificare la difficoltà o provare a ottenere un punteggio migliore grazie a un tempo di completamento inferiore e/o performance migliori in “combattimento”. Project Zero: Maiden of Black Water, come da tradizione del genere, non può inoltre esimersi dal proporre degli enigmi ambientali, spesso collegati al dover trovare specifici oggetti o chiavi per proseguire. Anche in questo caso il vero elemento distintivo è legato alla Camera Obscura, che in alcune specifiche situazioni può essere utilizzata anche per individuare eventuali presenze non ostili, indizi o oggetti non visibili a occhio nudo. Il gioco include poi una modalità foto, che permette di immortalare i momenti più pittoreschi modificando alcune impostazioni e applicando dei filtri, e una selezione di costumi alternativi per i vari protagonisti, che possono essere gestiti sempre dal menu pre-missione.
Dal punto di vista tecnico, Project Zero: Maiden of Black Water si presenta come una remastered abbastanza basilare. Il motore grafico è lo stesso utilizzato nel 2015, ottimizzato in questa occasione per raggiungere la massima risoluzione disponibile sulla piattaforma di riferimento a 60fps. Le uniche novità degne di nota riguardano i modelli poligonali, che hanno beneficiato di un processo di “pulizia” abbastanza evidente rispetto alla versione originale, e i tempi di caricamento, praticamente inesistenti sulle piattaforme di ultima generazione. Il comparto audio propone una colonna sonora originale di buona qualità e la possibilità di scegliere tra il doppiaggio originale in giapponese o quello in lingua inglese. Brutte notizie invece per quanto riguarda la localizzazione in lingua italiana, completamente assente anche in questa edizione rimasterizzata.
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