Recensione - It Takes Two
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
It Takes Two è un’avventura in terza persona che mette i giocatori nei panni di una coppia come tante. Amy e Cody, questi i nomi dei protagonisti del nuovo gioco sviluppato dalla software house guidata dall’esuberante Josef Fares, sono infatti la perfetta rappresentazione della famiglia tradizionale. Hanno dei lavori rispettabili, una bella casa con giardino e una figlia meravigliosa, Rose. Qualcosa nel loro rapporto ha però smesso di funzionare. Non per un motivo preciso sia chiaro, ma semplicemente perché il tempo, lo stress e le difficoltà di tutti i giorni hanno inesorabilmente logorato la loro relazione. L’amore ha lasciato il posto alle incomprensioni e la complicità è stata soppiantata da tante, troppe, discussioni. Una situazione divenuta oramai insostenibile e che, apparentemente, offre ai due una sola via di uscita: il divorzio. May e Cody non hanno dubbi. Questa è l’unica soluzione, sia per ritrovare un po’ di serenità sia per evitare di rendere ancora più complicata la vita alla loro giovane figlia.
MX Video - It Takes Two
Dopo l’ennesimo litigio, che a loro insaputa si consuma proprio sotto gli occhi di Rose, i due protagonisti decidono quindi di metterla al corrente della situazione. La piccola, chiaramente in difficoltà nel comprendere perché i suoi genitori non vogliano più essere amici e spinta dalla “purezza” tipica dei bambini, non si rassegna e cerca di insegnargli come rimettere a posto le cose con l’aiuto del “Libro dell’Amore” scritto dal Dr. Hakim. O meglio, cerca di insegnarlo a una bambola di argilla e a una bambola di legno, che nelle sue fantasie rappresentano rispettivamente il suo papà e la sua mamma. Nel farlo si commuove, e quando le sue lacrime finiscono sulla bambole, succede qualcosa. May e Cody si trovano letteralmente catapultati nelle loro versioni in miniatura e per tornare nei propri corpi dovranno affrontare un lungo ed incredibile viaggio sotto la guida proprio del Dr. Hakim. Sarà infatti una versione animata del suo manoscritto, basata sulle movenze di Fares, ad accompagnare i due protagonisti e a spronarli a collaborare per ritrovare la scintilla dalla quale era nata la loro relazione.
E’ da queste originali premesse che prende il via It Takes Two, che come da tradizione dei titoli sviluppati da Hazelight Studios può essere giocato solo in modalità cooperativa, locale o online, e con lo schermo diviso in due. L’intera avventura si basa infatti sulla collaborazione costante tra i protagonisti, ognuno dei quali può sfruttare poteri e abilità diversi in base alla situazione. Mentre affrontano i 7 capitoli dei quali si compone la storia, i giocatori non esplorano solo alcuni degli ambienti interni o esterni della casa, ma rivivono anche tutte le tappe fondamentali del rapporto tra May e Cody. In perfetto stile “Fares”,questa peculiarità non rimane però vincolata solo alla componente narrativa e, anzi, influenza profondamente anche la struttura del gameplay. Inizialmente i due protagonisti possono infatti contare solo su abilità basilari, che gli consentono di correre, di saltare, di arrampicarsi, di usare un rampino e di “grindare” su classiche rotaie. Ben presto però, i futuri ex-coniugi avranno la possibilità di sfruttare capacità decisamente più interessanti e originali, tutte collegate a doppio filo l’una con l’altra. Ecco dunque che nelle fasi iniziali Cody potrà lanciare dei chiodi, ai quali May potrà aggrapparsi utilizzando la testa di un martello. Quest’ultima potrà poi essere utilizzata per rompere oggetti o sollevare piattaforme, che Cody potrà a sua volta bloccare utilizzando i chiodi a disposizione per creare nuovi percorsi.
Fino a qui nulla di inedito insomma, almeno per un gioco cooperativo. Ma allora cosa rende It Takes Two davvero unico? E’ presto detto. L’esempio riportato qui sopra si riferisce alle primissime fasi del gioco e si esaurisce nell’arco di pochi minuti, lasciando il posto a nuove meccaniche e nuove abilità che non andranno ad accumularsi come capita in altri titoli simili, ma che si avvicenderanno progressivamente in una sorta di “staffetta”. Nel corso delle 12/15 ore necessarie per raggiungere l’epilogo, i giocatori si ritrovano infatti a dover familiarizzare con un numero spropositato di meccaniche diverse, che vanno dall’utilizzo combinato di armi “stravaganti” al maneggiare parti di magneti con polarità inverse, passando per sezioni nelle quali uno dei protagonisti deve modificare continuamente le proprie dimensioni mentre l’altro può sfruttare delle speciali scarpe gravitazionali o per intermezzi dal sapore marcatamente fantasy, nei quali i due protagonisti devono imparare a combinare dei poteri magici appena acquisti per fuggire dalle prigioni del castello nel quale sono stati imprigionati con l’accusa di tentato regicidio (si, avete letto bene).
Quando nemmeno le continue variazioni sul tema bastano, It Takes Two si spinge oltre e butta sul piatto dei repentini cambi di genere, tutti perfettamente contestualizzati all’interno dell’avventura. La sezione fantasy della quale vi ho appena parlato, per esempio, abbandona senza remore la visuale standard del titolo per passare a una visuale isometrica in stile Torchlight, mentre in altre occasioni si passa senza soluzione di continuità dal platform in 3D al picchiaduro bidimensionale, concedendosi nel frattempo una breve digressione per un combattimento aereo contro uno squadrone di scoiattoli da guerra (e si, anche qui avete letto bene). Nel complesso, il numero di possibilità offerte ai giocatori tra trovate di gameplay, citazioni e strizzatine d’occhio ai grandi capolavori del passato è davvero smisurato, tanto che potrei stare ore a descriverci minuziosamente ogni singola trovata. Data la particolare natura del titolo, si tratterebbe però di veri e propri “spoiler”, quindi lascerò a voi il piacere di scoprire fin dove si è spinto il team di sviluppo capitanato da Josef Fares per dare forma alla propria creazione.
A rendere l’intera esperienza ancora più varia ci pensano gli oltre 35 livelli presenti nel gioco, tutti perfettamente caratterizzati e che propongono sia sezioni più lineari, alcune delle quali impreziosite da vere e proprie boss-fight, sia ambientazioni aperte dove dare sfogo alla propria voglia di esplorazione in cerca di tocchi di classe, di easter-egg e, soprattutto, di uno dei 25 diversi minigiochi 1vs1 che gli sviluppatori hanno inserito nel titolo. Queste attività opzionali rappresentano le uniche vere “deviazioni” dal tema principale presente in It Takes Two, con i due protagonisti impegnati a sfidarsi uno contro l’altro piuttosto che a collaborare per raggiungere un obiettivo come. Anche in questo caso di tratta però sempre di sfide “amichevoli”, pensate soprattutto per cementare il rapporto tra i protagonisti e per offrire ai giocatori delle opportunità di divertimento extra, sia durante l’avventura sia una volta raggiunti i titoli di coda. Tutti i minigiochi scoperti, tra cui vale sicuramente la pena di citare gli scacchi e le gare con le macchinine radiocomandate, possono infatti essere avviati direttamente anche dal menù iniziale e tengono traccia dei risultati pregressi, così da permettere al titolo di rivestire anche l’insolito ruolo del party game con cui passare qualche ora spensierata.
Per tradurre in realtà la visione alla base di It Takes Two, Hazelight Studios si è affidata nuovamente al motore grafico Unreal Engine, che si è rivelato anche in questa occasione estremamente flessibile e in grado di garantire al titolo un’elevata qualità grafica senza rinunciare ai 60 fps su entrambe le piattaforme utilizzate per la nostra prova, ovvero Xbox Series X e Xbox Series S. L’unica vera differenza tra le due versioni è ovviamente la risoluzione, che passa dai 4K raggiungibili sull’ammiraglia di casa Xbox ai 1080p proposti dalla sua “sorella minore”. Presente anche il pieno supporto alla tecnologia HDR, così come le ottimizzazioni specifiche per l’hardware di ultima generazione, inclusi tempi di caricamento praticamente nulli. Per quanto riguarda il comparto sonoro, It Takes Two propone invece un mix di brani originali e tracce famose, accompagnato da un doppiaggio in lingua inglese di buona qualità e dalla completa localizzazione in lingua italiana di parti scritte e sottotitoli.
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