Recensione - Sekiro: Shadows die Twice
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
Togliamo subito l’elefante dalla stanza. Sekiro: Shadows die Twice, la nuova IP sviluppata da From Software e pubblicata da Activision, non è un vero e proprio “Souls”. Ne condivide la filosofia, il livello di difficoltà estremamente elevato e tanti elementi di gameplay, ma niente di più. Si tratta di una precisazione importante e che mi sento di fare subito, così da sottolineare le piccole e grandi differenze che separano questa dalle precedenti produzioni dello studio giapponese. La prima, quella che salta più facilmente all’occhio, riguarda la trama e la narrazione, che nel nuovo titolo risultano fin dal principio meno criptiche e più semplici da comprendere. Siamo nel periodo Sengoku, un’epoca di crisi e continui conflitti interni che caratterizzarono il Giappone tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVII secolo. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore impersona il Lupo, uno shinobi dotato di straordinarie capacità al quale è stato affidato l’onere, e l’onore, di proteggere l’Erede Divino, un giovane dal retaggio nobile nel cui sangue scorre un potere immenso capace, almeno così si dice, di sconfiggere addirittura la morte. Quando i comandanti del clan Ashina, una delle famiglie più influenti del periodo, iniziano a intravedere la possibilità che il loro dominio, ottenuto pochi anni prima attraverso un sanguinoso conflitto, venga messo in discussione dall’autorità del governo centrale, decidono di rapire l’Erede Divino per tentare di sfruttare il suo potere a loro vantaggio. Il protagonista, nel prologo-tutorial del gioco, tenta invano di salvarlo, finendo per perdere il proprio braccio sinistro. In suo soccorso arriva però un misterioso scultore, il quale non solo gli salva la vita, ma installa una protesi meccanica al posto dell’arto mozzato consentendo al Lupo, anche conosciuto come Sekiro, di tornare a combattere e di rimettersi sulle tracce del suo giovane Signore.Queste sono le basi da cui prende il via la trama del nuovo titolo di From Software, che si snoda agile come un ninja per tutta la durata dell’avventura tra dialoghi, scene di intermezzo e, ovviamente, tanti combattimenti. Sekiro: Shadows die Twice infatti è un titolo action in terza persona, e come tale lascia dietro di sé praticamente tutta la componente ruolistica che caratterizzava i precedenti titoli della casa di sviluppo, prima su tutte quella riguardante la creazione e lo sviluppo del personaggio tramite numerose caratteristiche. In Sekiro: Shadows die Twice il giocatore controlla un protagonista ben definito, dotato di una propria personalità e di due sole caratteristiche base, ovvero Vitalità e Forza d’Attacco. Dalla prima dipendono la salute del protagonista e la postura, ovvero la capacità di mantenere l’equilibrio nonostante i colpi avversari, mentre la seconda ha, come facilmente intuibile, un impatto sulla quantità di danni inferta dal protagonista con la sua katana, unica arma principale presente nel gioco. A questa si affiancano poi gli “Strumenti Prostetici”, degli speciali gadget che possono essere installati dallo scultore nel braccio meccanico del protagonista dopo essere stati raccolti nel mondo gioco, e che gli conferiscono la capacità di usare un rampino, di lanciare shuriken, di colpire i nemici con una potente ascia a molla, di sfruttare una lancia per trafiggere i nemici o per eliminare le armature più rudimentali, di lanciare getti infuocati e molto altro ancora. In totale nel gioco sono presenti 10 strumenti prostetici differenti, alternabili liberamente e che possono essere potenziati consumando risorse e Sen, la valuta presente nel gioco.
MX Video - Sekiro: Shadows die Twice
Proseguendo nell’avventura il giocatore ha inoltre la possibilità di utilizzare svariate abilità, utili sia in fase difensiva che in fase offensiva, il cui sviluppo e utilizzo è in questo caso leggermente più articolato. Nel gioco esistono diversi tipi di arti di combattimento, di arti marziali shinobi, di abilità latenti e di tecniche Ninjustu, che si differenziano tra loro per modalità di utilizzo e metodo di apprendimento. In generale tutte le capacità possono essere sbloccate in due modi: o superando punti specifici della trama (generalmente legati a una boss fight) o consumando i punti abilità accumulati raccogliendo esperienza fino a quel momento, a patto di aver già raccolto il tomo relativo alla quella specifica tipologia di arte (ne esistono 3). Le abilità latenti e le arti marziali shinobi, una volta apprese, entrano subito a far parte del ventaglio di capacità in possesso del Lupo, offrendogli rispettivamente dei vantaggi passivi o la possibilità di eseguire mosse in specifiche situazioni. Le arti di combattimento e le tecniche Ninjutsu, che permettono al giocatore di eseguire attacchi speciali o di perfezionare le sue doti stealth, invece devono essere inserite nello slot dedicato presente nel menù ed è possibile tenerne attiva solo una per volta.
Tutti questi strumenti e tutte queste abilità rivestono un ruolo fondamentale all’interno di quelli che sono, di fatto, i veri tratti distintivi di Sekiro: Shadows die Twice, ovvero il sistema di movimento e il combat system. Il protagonista infatti è dotato di capacità atletiche che gli permettono di saltare, di scivolare, di appendersi alle sporgenze e di raggiungere punti apparentemente fuori dalla sua portata sfruttando il fido rampino. Lupo però è soprattutto uno shinobi e come tale ha la capacità di celare la sua presenza agli avversari muovendosi in posizione accucciata, usando ripari o scomparendo nell’erba alta. Sfruttando tutte queste tecniche il protagonista può facilmente evitare gli scontri, ridurre le distanze che lo separano dai suoi obiettivi o coglierli di sorpresa con un colpo mortale. Non pensate però di poter superare l’intera avventura senza mai incrociare le spade. In Sekiro: Shadows die Twice si combatte tanto, sia contro nemici semplici, se così vogliamo definirli, sia contro nemici speciali e boss. A differenziare le varie tipologie di avversari, oltre al livello di difficoltà degli scontri, è la gestione delle caratteristiche principali degli stessi, che ricalcano quelle del protagonista. Ogni personaggio è infatti dotato di una certa quantità di salute e di postura. La prima può essere danneggiata portando a segno i colpi mentre la seconda diminuisce ogni volta che il personaggio para, vede un suo attacco che viene deviato o subisce una contromossa. Quando la postura, la cui velocità di recupero dipende anche dalla salute e dalla capacità del giocatore di rimanere in guardia, arriva a zero, il personaggio può essere sbilanciato, esponendosi ad un colpo mortale capace di causare la morte istantanea dello stesso, almeno quando si tratta di nemici base. Generali, boss intermedi e boss principali invece dispongono di più “vite”, il che richiede al giocatore di mettere al tappeto più volte questi specifici avversari, i quali però spesso lo ricompensano con oggetti fondamentali per proseguire, come nuove tecniche o con “Grani di Rosario” e “Ricordi”, indispensabili per poter incrementare rispettivamente la vitalità e la forza di attacco del Lupo.
Ma come gestisce i combattimenti il protagonista? Il sistema di controllo base prevede l’utilizzo del dorsale destro per sferrare gli attacchi, la pressione di quello sinistro per parare o deflettere con il giusto tempismo i fendenti dei nemici e l’utilizzo simultaneo dei due tasti per attivare l’arte di combattimento equipaggiata. A questo si sommano poi la possibilità di effettuare schivate e saltare sfruttando in tasti frontali, due mosse indispensabili per evitare le 3 tipologie di colpi speciali in possesso dei nemici che vengono preannunciate a schermo dalla comparsa di specifici kanji, la capacità di utilizzare gli strumenti prostetici equipaggiati o il rampino, delegati ai due grilletti posteriori, e la possibilità di combinare insieme tutti questi effetti. L’utilizzo di questi strumenti, rampino a parte, non è però illimitato e prevede il consumo di “Emblemi Spiritici”, che possono essere raccolti esplorando o uccidendo nemici. Sekiro: Shadows die Twice, come da tradizione dei titoli di From Software, permette inoltre al giocatore di utilizzare una lunga gamma di oggetti, equipaggiabili in uno specifico menù rapido che può essere passato in rassegna in qualunque momento tramite la croce direzionale. Tra questi, oltre ai classici consumabili curativi o che incrementano specifiche caratteristiche, troviamo una borraccia, che nel titolo prende il posto della leggendaria fiaschetta Estus consentendo al giocatore di recuperare un po’ di salute. Una volta terminati gli usi, il giocatore non può fare altro che recarsi presso uno degli idoli dello scultore, la versione “Sengoku” dei falò, e ricaricarne il potere, consentendo però ai nemici presenti nelle varie zone di tornare in vita, proprio come accadeva nei precedenti titoli di From Software. Gli idoli dello scultore rappresentano inoltre i punti di rotta per il viaggio rapido, nonché i checkpoint dai quali il protagonista riparte in caso di morte, un evento con il quale chiunque abbia mai giocato ad un souls-like ha sicuramente imparato a familiarizzare, ma che in questo caso viene gestito in modo diverso rispetto al passato.
In Sekiro: Shadows die Twice infatti non esiste la possibilità di tornare a raccogliere i propri resti in caso di sconfitta. Quando muore, il giocatore perde irrimediabilmente metà dei punti esperienza accumulati fino a quel momento, che però si azzerano ogni volta che si sblocca un punto abilità, e metà dei Sen raccolti. Una punizione severa, ma che si accompagna ad una caratteristica inedita. Come conseguenza dei suoi servigi all’Erede Divino, Lupo ha ottenuto la capacità di risorgere dalla morte, il che significa che non sempre cadere in battaglia equivale al dover ripartire dall’ultimo checkpoint visitato. Sekiro ha infatti la possibilità di sfruttare il potere del Drago che risiede nel suo sangue per rinascere e continuare a combattere, seppur con delle precise limitazioni. Innanzitutto non può risorgere a suo piacimento, ma solo una volta (almeno nelle fasi iniziali). Dopo aver esaurito questo “bonus” la morte è definitiva e si riparte dall’ultimo checkpoint, con tutto ciò che ne consegue. Per ripristinare il potere dopo l’utilizzo è ovviamente sufficiente riposare presso uno degli idoli, ma questa non è l’unica via. Abbattendo nemici e mandando a segno colpi mortali, Lupo può infatti ripristinare il potere del suo sangue senza dover riposare. Il “rovescio della medaglia” è però rappresentato dal Mal del Drago, un morbo che si diffonde nel mondo di gioco quando il sangue del protagonista entra in “stagnazione” in seguito alle troppe morti consecutive ed egli inizia ad attingere a quello dei vari personaggi o vendor per tornare in vita. Un evento fortunatamente reversibile, ma che ha effetti tangibili sullo sviluppo del gioco, primo su tutti la possibilità di ottenere il cosiddetto “Aiuto Divino”. Il protagonista in caso di morte può infatti ricevere una sorta di “grazia”, che gli consente di rinascere senza alcuna penalità . La possibilità di ottenere questo favore parte da un limite massimo del 30% e diminuisce gradualmente al diffondersi del Mal del Drago, esponendo il giocatore a conseguenze più durature per ogni sconfitta subita.
Per dare vita al mondo di Sekiro: Shadows die Twice From Software si è affidata all’ultima versione del suo engine grafico, capace in questa situazione di raggiungere una risoluzione 4K upscalata con frame-rate sbloccato su Xbox One X e un una risoluzione di 900p a 30 fps su One e One S con pieno supporto alla tecnologia HDR dove disponibile. Vi farà infine piacere sapere che il titolo è completamente localizzato in italiano, dialoghi compresi, e che è sempre possibile attivare nel titolo il doppiaggio originale in lingua giapponese.
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