Recensione - NBA 2K18
Il Gioco
Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti ad NBA 2K17 ed al suo stile profondamente simulativo ed ultra-realistico. La cosa che ci aveva stupito lo scorso anno, nonostante la sia un qualcosa di sempre molto difficile per un titolo sportivo, era la presenza di una tale mole di novità da non farlo sembrare minimamente un upgrade del titolo dell’anno precedente. Ed, incredibilmente, anche quest’anno 2K e Visual Concepts non hanno mancato il bersaglio, con un'edizione 2K18 che si presenta davvero alla grande, da tutti i punti di vista.Facciamo un piccolo passo indietro e torniamo ad NBA 2K16; per i fan della serie, fu l’anno in cui venne ingaggiato Spike Lee e si trattò anche del primo esperimento di “merging” tra cinema e videogame in ambito sportivo. Sembrò un esperimento fine a se stesso ma, in realtà, fece da apripista alle diverse modalità in prima persona che ci permettevano di vivere la storia del nostro alter-ago virtuale a 360° per tutta una stagione. Il successo fu bissato con l’edizione dello scorso anno (la spalla stavolta era il grande “Air” Jordan) ed, anche da questo punto di vista, NBA 2K18 ha aperto alla grande sin dalla demo giocabile, “Il Preludio”, nella quale è stato possibile cominciare a strutturare il nostro astro nascente da lanciare nella modalità carriera della versione finale del gioco.
Ed è ancora una volta la modalità Mia Carriera il cuore pulsante dell’esperienza single-player del titolo, presentandosi però quest'anno rinnovata sotto diversi punti di vista. In primo luogo non è più soltanto caratterizzata da una scia di partite interrotte da sequenze filmate in stile cinematografico, ma contiene elementi molto simili ad un RPG open world. Il giocatore, infatti, si trova immerso in quella che viene chiamata “Vita di quartiere”; così, infatti, viene denominata la modalità dedicata alla creazione e sviluppo del proprio personaggio. Ho parlato di open world e, sebbene qualcuno di voi possa pensare che il vostro redattore stia perdendo la trebisonda, si tratta proprio di questo. Il nostro giocatore si muove in un ambiente vivo, il quartiere per l’appunto, dove incontra personaggi, vive storie, esplora ambienti, negozi e, soprattutto, playgrounds dove migliora, di volta in volta, le proprie qualità giocando/competendo con i compagni e avversari più in gamba.
Questa volta, inoltre, aggirandoci per le strade del quartiere, possiamo cimentarci in sfide 3 vs 3, 1 vs 1 e persino (quasi a simulare un All-Star Game NBA) in gare di schiacciate e sfide dalla linea dei 3 punti. Una chicca alla quale vi prego di porre la massima attenzione è poi offerta dalla presenza dello store ufficiale NBA, dove poter acquistare tutta l’oggettistica griffata; non mancano altre attività commerciali come il barbiere (un nostro confidente che, tra un filmato e l’altro, ci rifarà il trucco) oppure l’immancabile palestra per allenarsi da soli oppure in compagnia. L’obiettivo principale della vita di quartiere è, ovviamente, quello di primeggiare, non solo all’interno del quartiere stesso ma anche nel panorama NBA per arrivare al numero tanto sognato, il 99, oppure il massimo grado di sviluppo tecnico che può essere raggiunto dal nostro player.
MX Video - NBA 2K18
Raggiungere la quasi perfezione risulta essere tutt’altro che facile, ma è davvero appagante vedere i progressi che il nostro giocatore compie saltando dai playground alla palestra fino ai parquet dell’NBA; collezionando di volta in volta i nostri punti esperienza, saliremo di livello e saremo chiamati sia a sfide di maggiore difficoltà, sia a compiti sempre più gravosi da parte dalle franchigie NBA. Ogni specialità del giocatore (tiro da sotto, tiro da 3 punti, rimbalzi, ecc ecc) è caratterizzata dalla presenza di un cartellino sul quale vengono sommati i diversi XP: una volta riempita una versione del cartellino, se ne sblocca quella di livello successivo e così via sino al massimo raggiungibile per quella determinata specialità. Ogni volta che si raggiunge il 100% del cartellino, viene aggiunto un punteggio di 1 al nostro cestista; se considerate che si parte da un valore basale di 60, potete immaginare quanto la strada sia lunga ed impervia. Nei minigiochi, utili per potenziare il nostro giocatore, entra in campo anche la possibilità di guadagnare i famosi VC (virtual currency, oppure moneta virtuale), acquistabili anche con valuta reale; come accade da tempo in diversi titoli, ormai quella delle microtransazioni è una moda difficilmente estirpabile. Ad ogni buon conto, in NBA 2K18 non si sente davvero il bisogno di investire denaro per comprare i VC, data l’enorme disponibilità di opportunità di guadagno degli stessi in modo non dispendioso.
La seconda modalità single player che non necessita di particolari descrizioni è quella denominata Il mio GM (General Manager), nella quale veniamo catapultati dietro una scrivania a determinare le fortune (oppure le sfortune) della nostra franchigia. Qui decideremo le sorti del personale tecnico e dei giocatori, facendo scelte oculate in termini di investimenti e badando bene a non sforare il famoso tetto salariale (“salary cap”). Nella modalità Il mio GM ritroviamo anche il nostro giocatore, creato all’inizio del gioco. Come GM dobbiamo inoltre gestire l’umore del nostro azionista di maggioranza, dello staff, dei media e dei giocatori, passando anche dalle aspettative dei tifosi. La modalità può essere ulteriormente personalizzata rivestendo il ruolo del Commissioner NBA permettendo di creare nuove leghe, gestire contratti e creare nuovi team.
Una modalità alternativa a Il mio GM è quella della Stagione, per la quale abbiamo a disposizione due possibilità: prendere in mano le redini di una franchigia così com’è nella realtà e condurla attraverso l’intera stagione (82 partite di regular season ed eventuali play-offs), oppure effettuare nuovamente un draft dopo aver scelto la nostra franchigia di partenza e ricominciare cercando di migliorare il nostro roster nei diversi turni di scelta.
Una modalità a cavallo tra single-player e multiplayer è invece quella denominata “La mia Squadra”, variante della modalità FUT di EA Sports: in questa modalità è possibile creare, mediante acquisto di pacchetti di figurine virtuali, il proprio dream team e metterlo all’opera in incontri single-player oppure online allo scopo di guadagnare ulteriori VC ed investirli nell’acquisto di carte e di nuovi pacchetti.
Il comparto online non prevede particolari novità rispetto alla vecchia edizione, ad eccezion fatta per alcune modalità de “La mia squadra”. Troviamo partite veloci, stagioni e franchigia (GM) online. Quest'anno i miei test non sono andati male come negli anni precedenti quando, soprattutto nei primi tempi dall’uscita del gioco, si assisteva a delle partite assolutamente ingiocabili a causa del fastidiosissimo lag. Giocando con giocatori europei, il gioco è filato via abbastanza liscio (con sole due disconnessioni su 25 partite), mentre qualche difficoltà in più l’ho trovata con i giocatori non europei. A questo proposito ci vorranno ancora diversi test per capire se il problema dei server possa considerarsi finalmente archiviato.
A questo punto, elencate le diverse modalità, entriamo direttamente sul parquet e vediamo cosa è cambiato in termini di giocabilità. La prima novità che balza agli occhi è quella relativa alla nuova barra di tiro, caratterizzata dalla presenza di una sorta di semiluna verticale che va caricata e rilasciata al momento opportuno (in maniera molto simile a quella utilizzata per caricare il calcio in Madden NFL) per ottenere il tiro perfetto. Purtroppo l’esperienza, almeno inizialmente, può risultare traumatica per chi è abituato ai capitoli passati e, probabilmente, il tutto si complica anche grazie al fatto che talvolta la suddetta barra non compare con il tempismo adeguato. A complicare, si fa per dire, la vita di noi poveri giocatori da salotto, interviene la rinnovata IA della CPU che, quest’anno, si presenta ulteriormente sviluppata: la fase difensiva rasenta la perfezione e i nostri avversari ci pressano come forsennati bloccando i tagli mentre noi stiamo solo pensando di metterli in atto. Dovrete essere bravissimi a “leggere” la partita e modulare ogni passaggio, blocco o tiro perchè, anche ai livelli di difficoltà più bassi, la CPU non perdona il minimo errore. Allo stesso tempo dovrete essere svelti nel capire le linee di passaggio piuttosto che i blocchi operati dalla CPU per non trovarvi inermi davanti al vostro avversario. Sostanzialmente, NBA 2K18 prosegue la scia dei suoi predecessori nel campo di un realismo talmente elevato da spiazzare soprattutto i neofiti.
Un piccolo neo che va subito evidenziato è rappresentato dal fatto che la CPU (soprattutto a livelli di difficoltà estremi) tira con percentuali di successo leggermente surreali (intorno al 60%). Palle rubate e stoppate non mancano ma sono diminuite quelle intercettate, il tutto forse dovuto alla migliorata capacità di palleggio dal parte dei giocatori, accompagnata ad una maggiore precisione e naturalezza nei movimenti. Ottima la gestione dei pick ‘n’ roll e ottime le transizioni; le difese sono accorte e puntuali e si muovono lateralmente con decisiva tempestività. Fantastica la gestione e l’esecuzione dei blocchi, con quelle spinte impercettibili sotto canestro che conferiscono ulteriore realismo all’esperienza di gioco. Un punto sul quale bisogna ancora trovare un minimo di equilibrio è invece dato dalla gestione dei falli: troppo spesso vengono fischiati contatti minimi, mentre si sorvola su falli più evidenti; si tratta, comunque, di eventi sporadici.
Passiamo, infine, al lato tecnico, ossia alla caratterizzazione di giocatori ed ambienti: anche qui nulla da dire, è stato tutto realizzato ai massimi livelli. Partiamo dalla fluidità di gioco: mai visto nulla di simile, il gioco scivola via con una raffinatezza di prim’ordine a 60 frame al secondo fissi. La cura di ogni dettaglio rasenta il maniacale, dall’abbigliamento, ai tatuaggi, alla mimica facciale di ogni singolo personaggio. Le proporzioni dei diversi atleti sono rispettate al limite della perfezione e si nota quando gli atleti più prestanti fisicamente sovrastano i loro colleghi più minuti (si fa per dire): provate a spostare Shaq e ve ne accorgerete. Le compenetrazioni dei poligoni dei giocatori sono praticamente assenti e quest’aspetto rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto ad NBA 2K17. Segnalo infine, come da tradizione della serie, la completa localizzazione in italiano di testi e sottotitoli, mentre dialoghi e commento delle partite rimangono in inglese.
Commenti