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Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii

Recensione - Like a Dragon: Pirate Yakuza in HawaiiXbox Series X | S Xbox One DigitalGame

La serie di Like a Dragon è sempre stata caratterizzata da una trama principale dai toni seri e drammatici alternati a storie secondarie, con momenti di puro delirio e trash. Uno dei massimi esponenti di questa follia è sempre stato Goro Majima, e quando è stato annunciato finalmente un gioco che lo vede come protagonista indiscusso, era ovvio che l’asticella si sarebbe spostata inevitabilmente dalla parte del delirio. Ecco quindi che Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii promette, già dal titolo, di essere un’avventura sopra le righe: imbarchiamoci insieme in questo viaggio al limite della sanità mentale!
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Il Gioco

Sono passati sei mesi dagli eventi di Like a Dragon: Infinite Wealth. Goro Majima sta supervisionando la ricollocazione degli yakuza presenti a Nele Island dopo la sconfitta di Bryce e dell’organizzazione religiosa Palekana, ma un incidente distrugge la sua nave portandolo a naufragare per giorni, fino ad arrivare sulla spiaggia di Rich Island, dove viene risvegliato da un bambino di nome Noah. Qui Majima scopre di non ricordare nemmeno il suo nome, ma nonostante l’amnesia non ha dimenticato come si combatte, e si difende egregiamente contro un gruppo di uomini vestiti come pirati da film che lo attaccano. Noah spiega che quella che può sembrare una stranezza è invece la “normalità” da quelle parti a causa del Pirate’s Coliseum, un evento che si tiene nella vicina Madlandis. Si tratta di un’isola artificiale creata da un cimitero di navi e trasformata in un paradiso dell’illegalità, la cui attrazione principale sono i feroci combattimenti tra pirati che, a bordo di veri e propri galeoni e armati di sciabole e pistole antiche, si contendono ricchi premi offrendo uno spettacolo unico per il pubblico.

MX Video - Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii

Il rovescio della medaglia è che questi pirati non si limitano al Colosseo di Madlandis, ma scorrazzano anche nella zona e a farne le spese sono gli abitanti delle isole vicine proprio come Rich Island, dove vive Noah. Il bambino tra l’altro soffre di asma cronica e il padre Jason vuole tenerlo segregato sull’isola per paura di non poterlo aiutare se dovesse avere un attacco di tosse incontrollabile, ma il piccolo vuole comunque esplorare il mondo e chiede aiuto a Majima. Deciso (ma neanche troppo) a ritrovare la memoria, Majima non ci pensa due volte ad aiutare Noah, e dopo aver convinto, ovviamente a modo suo, anche il padre ad accompagnarli, ruba il galeone dei pirati che lo avevano aggredito e salpa verso Nele Island. Questo è solo l’incipit di una storia rocambolesca che vi terrà impegnati per circa 20 ore, ma come i fan della serie ben sapranno è praticamente impossibile non dedicarsi anche alle numerose attività secondarie che possono tranquillamente far sfiorare anche le 80/100 ore totali per i più completisti.

Pur trattandosi di uno spin-off, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii non lesina quindi sui contenuti, alcuni “riciclati” dal precedente Infinite Wealth ma molti totalmente inediti. Il più evidente ovviamente è quello presente anche nel titolo, ovvero la componente piratesca. Non è un segreto che Assassin’s Creed IV: Black Flag, nel 2013, sia stato uno dei giochi che hanno alimentato la voglia di feroci battaglie navali tra pirati, e nel corso degli anni abbiamo avuto alcuni esponenti del genere con risultati sia positivi come Sea of Thieves, che non all’altezza delle aspettative come Skull & Bones. Onestamente mai mi sarei aspettato che anche Like a Dragon si unisse al gruppo dei giochi pirateschi, eppure eccoci qua. Sia chiaro, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii non ha nessuna pretesa di diventare un nuovo caposaldo del genere ed è quanto di più lontano ci sia da una vera simulazione di battaglie navali, ma il risultato è comunque più che soddisfacente.

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Fin dalle prime scorribande a bordo del nostro galeone Goromaru, il sistema di controllo rivela essere molto semplice ed intuitivo, per cui non aspettatevi una fisica realistica o chissà quale complessità nel maneggiare il timone: siamo di fronte ad un'esperienza puramente arcade ed all’interno del mondo di Like a Dragon, per cui non stupisce se la Goromaru può attivare il turbo o addirittura derapare in acqua senza tenere conto di correnti marine o direzione del vento. Stesso discorso anche per il sistema di combattimento, con la possibilità di usare delle mitragliatrici per attacchi frontali o affidarsi ai cannoni laterali utilizzabili con i rispettivi grilletti destro e sinistro del controller. Infine, oltre che pirati, siamo pur sempre degli yakuza, e se le armi di bordo non bastano si può sempre lasciare temporaneamente il timone e prendere un bel lanciarazzi con cui sistemare la questione in maniera più “moderna”. Proseguendo nel gioco si potranno sbloccare modifiche estetiche, potenziamenti e nuove armi per la Goromaru, lasciando libertà di scelta se mantenere una linea più sobria e “realistica” oppure darsi alla pazza gioia con personalizzazioni fuori di testa.

Oltre che per le battaglie navali, la Goromaru può naturalmente essere utilizzata per spostarsi da un luogo all’altro, e nonostante non siamo di fronte ad un open world (anzi, le aree esplorabili siano piuttosto ristrette) c’è comunque spazio per delle deviazioni per attraccare in qualche isola a caccia di tesori. Le isole opzionali altro non sono che i classici “dungeon” tipici della serie, con corridoi più o meno estesi dove fare a pezzi tutti i nemici fino ad arrivare all’inevitabile boss finale, ma si tratta comunque di intermezzi che spezzano la navigazione offrendo bottini utili per aumentare sia i soldi che la reputazione della ciurma. Restando in tema, nel corso del gioco si possono reclutare diversi personaggi (spesso soddisfacendo alcuni requisiti o completando incarichi per loro) da arruolare a bordo della Goromaru, ognuno dei quali può ricevere diversi incarichi e aumentare di livello per potenziarne statistiche e abilità. Alcuni offrono anche bonus esclusivi se posizionati in specifiche mansioni, aumentando di molto le possibilità di successo nel brutale Pirate’s Coliseum.

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Per quanto si passi parecchio tempo in mare, in realtà buona parte dell’azione si svolge sempre a terra, e Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii continua la “nuova tradizione” della serie che relega il combattimento a turni solo ai capitoli principali, lasciando agli spin-off la componente action tipica dei vecchi capitoli. Non è la prima volta che vestiamo i panni di Majima, abbiamo già avuto modo di apprezzare il suo stile di combattimento veloce e imprevedibile in Yakuza 0, e in Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii Goro sfrutta buona parte di quel moveset con il suo stile Cane Pazzo. Grazie al suo fidato Demonfire Dagger, Majima può esibirsi in rapidi attacchi e persino lanciare in aria i nemici per finirli con delle combo aeree, oppure, una volta riempito l’apposito indicatore, evocare dei cloni d’ombra che lo aiutino a quando in inferiorità numerica. Vera novità del gioco è invece il secondo stile Lupo di Mare, con Majima che sfoggia il suo cappotto e cappello da pirata e, armato di due sciabole, può seminare il panico contro gruppi di nemici. Oltre alla possibilità di lanciare le sciabole e riprenderle come se fossero dei boomerang (di nuovo, non fatevi troppe domande su come sia possibile), grazie a questo stile Majima può usare anche una pistola per attacchi a distanza o un rampino con cui arpionare gli avversari e avvicinarsi rapidamente, oppure sfruttarlo per l’esplorazione per raggiungere luoghi sopraelevati. Tornano infine le Heat Actions tipiche della serie, e una volta accumulata abbastanza energia basta premere un tasto nelle giuste condizioni per scatenare degli spettacolari attacchi speciali tanto coreografici quanto violenti.

Majima può inoltre equipaggiare fino a 10 anelli (uno per ogni dito) in grado di offrire sia bonus alle statistiche che attivare particolari effetti attivi o passivi. Spendendo denaro e punti reputazione possiamo potenziare ulteriormente le statistiche o sbloccare nuove mosse e attacchi con cui rendere il nostro pirata preferito una macchina da guerra ancora più letale. Come accennato, buona parte dell’azione si svolge comunque a terra, e oltre alle già citate Rich Island, Madlandis e Nele Island torna anche Honolulu, la stessa città vista in Like a Dragon: Infinite Wealth. L’area è rimasta identica a come la conoscevamo, così come resta immutata la possibilità di esplorarla a bordo di un segway Street Surfer e dedicarsi ad attività secondarie come karaoke, Crazy Delivery e Dragon Kart, entrambi parodie rispettivamente di Crazy Taxi e Mario Kart.

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Dal punto di vista tecnico Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii non brilla particolarmente, e nonostante la risoluzione in 4K si nota come lo sviluppo cross-gen abbia limitato parecchio la riuscita di molti modelli. Ottimi invece i 60 fps su Xbox Series X, che nonostante un gameplay frenetico e veloce e la presenza di parecchi effetti visivi a schermo non mostra mai segni di cedimento. Come da tradizione il doppiaggio è disponibile in inglese o giapponese (caldamente consigliato), mentre i testi sono in italiano.

Amore

L’accoppiata che non sapevi di volere

- La benda sull’occhio è stato uno dei tratti caratteristici di Majima fin dalla sua prima apparizione esattamente 20 anni fa. Tutti almeno una volta hanno pensato che con quella benda Majima sarebbe stato un ottimo pirata stereotipato, ma onestamente non pensavo che un giorno avrei avuto modo di avere un intero gioco basato proprio su questa “strana coincidenza”. La serie di Like a Dragon inoltre è perfetta per mettere in scena un pretesto tanto assurdo come la competizione di Madlandis per giustificare la presenza di pirati e galeoni che si bombardano come nel 1700 pur essendo ambientato nel 2025, e se in qualsiasi altro videogioco mi sarebbe sembrato una cosa senza senso, sono invece talmente abituato alle stranezze di Like a Dragon che non mi ha disturbato minimamente, anzi.

Tra vecchio e nuovo

- Una caratteristica che apprezzo molto di Ryu Ga Gotoku Studio è la loro voglia di sperimentare, specialmente con gli spin-off. Nonostante Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii sia un titolo più “tradizionale” visto che mantiene il gameplay action che ha fatto la storia della serie invece del nuovo approccio da JRPG a turni degli ultimi capitoli, paradossalmente è anche uno dei più innovativi inserendo tutta la componente delle battaglie navali che è praticamente un gioco a sé. Personalmente all’annuncio di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii ho un po' temuto che questa deriva piratesca avrebbe snaturato troppo il gioco, ma il team è stato bravo a rendere le battaglie navali una parte fondamentale del gioco, ma senza dimenticare che comunque stiamo parlando di un Like a Dragon. Si passa quindi tanto tempo in mare e ad affondare e abbordare galeoni nemici, ma altrettanto tempo si passa sulla terraferma esplorando sia zone nuove come Rich Island e Madlandis sia luoghi più familiari come Honolulu, con tutte le attività e interazioni che faranno sentire subito a casa gli appassionati.

Partire dalla fine

- La storia di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è ambientata dopo gli eventi di Like a Dragon: Infinite Wealth, ma la scusa dell’amnesia ha permesso al team di creare una storia adatta anche ai neofiti che non hanno mai toccato un titolo della serie. Certo, sono presenti parecchi riferimenti e sicuramente la storia è più godibile se si conoscono eventi e personaggi, ma il gioco è volutamente un possibile punto di partenza anche per chi magari è semplicemente affascinato dal tema piratesco e successivamente vorrà approfondire la trama con i precedenti giochi. Ironico considerato che questa è una sorta di “epilogo” per il personaggio di Majima, ma al tempo stesso può essere un inizio per tanti nuovi giocatori.

Oltre la facciata

- Divertente, folle, dal cuore d’oro ma spietato con chi lo merita, Goro Majima è da sempre uno dei personaggi preferiti dal pubblico. Specialmente dopo Yakuza 0 dove è stato co-protagonista insieme a Kiryu il suo background è stato esplorato più a fondo mostrando un lato molto più serio e profondo, e anche in Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii fortunatamente gli sviluppatori si sono ricordati che Majima è molto di più rispetto al ruolo di spalla comica che ha rivestito nella maggior parte dei giochi. Certo, la componente assurda e divertente c’è ed è costante per tutto il gioco, ma quando serve la storia assume tratti molto più drammatici e rendono Majima un personaggio ancora più apprezzabile e che non fa rimpiangere lo storico Kiryu o il recente Ichiban Kasuga.

Odio

Un mare piccolo

- I combattimenti navali sono piuttosto semplici e divertenti, ma lo stesso non si può dire dell’esplorazione. Le aree dove navigare con la Goromaru sono abbastanza piccole e fin troppo guidate, con tanto di cerchi che rappresentano le folate di vento e che il gioco ci obbliga a seguire per far andare la nave ad una velocità accettabile, mentre qualsiasi deviazione senza il turbo risulta fin troppo lenta e tediosa. Le uniche attività secondarie che possono invogliare l’esplorazione sono la raccolta di materiali sparsi in acqua e il raggiungere le isole opzionali a caccia di tesori, anche se come già detto si tratta sempre di normali dungeon con corridoi da seguire e nemici da eliminare fino al boss, senza nessuna possibilità di esplorare davvero. È un peccato quindi che la componente navale sia tanto divertente nei combattimenti quando invece insipida nell’esplorazione.

Riciclo svogliato

- Se la componente navale è totalmente inedita e posso quasi capire l’inesperienza del team, non posso invece giustificare il riciclo svogliato anche di componenti che invece sono ben conosciute. Sia chiaro, non critico il riciclo in sé, sia perché è una pratica normale e necessaria nello sviluppo di videogiochi sia perché è necessario per avere una continuità tra i capitoli della serie. Non avrebbe senso ricreare di nuovo Honolulu da zero visto che comunque è sempre la stessa città, ma non posso accettare che proprio perché stiamo parlando della stessa città questa appaia in maniera nettamente peggiore rispetto al precedente Like a Dragon: Infinite Wealth. Entrambi i giochi sono cross-gen, eppure la città di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii risulta nettamente più “spenta” e povera di dettagli rispetto alla controparte uscita un anno fa. Ho notato inoltre un pesante riciclo sia delle attività (molte piste di Dragon Kart e Crazy Delivery mi sono sembrate identiche a quelle già viste) sia delle missioni secondarie, con personaggi e situazioni che sembrano uguali a quelle vissute da Ichiban Kasuga. Va bene il voler citare momenti che gli appassionati potranno riconoscere, ma forse si è esagerato sfociando nel puro riciclo di idee.

Comparto tecnico non all’altezza

- Quando parlavo di una Honolulu più “spenta” intendevo in maniera letterale. I colori sono molto meno esotici e accesi, e in generale il livello di dettaglio di ambientazioni e modelli è più vicino ad una versione Xbox One rispetto ad una Xbox Series X dove invece ho provato il gioco. Solo il modello di Majima e pochi altri protagonisti lo fanno sembrare un gioco attuale, ma per il resto il comparto grafico e delle animazioni risulta inferiore anche solo al Like a Dragon: Infinite Wealth uscito lo scorso anno.

Tiriamo le somme

Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è un gioco che già dal titolo trasuda follia. Majima è uno dei personaggi più amati e perfetto per essere il protagonista di un’avventura così fuori dagli schemi, ma nei momenti giusti riesce comunque a tirare fuori la serietà e drammaticità che rendono la storia degna di essere vissuta. Una storia che tra l’altro è perfetta anche per un neofita che vuole avvicinarsi ai Like a Dragon o semplicemente è attratto dal tema piratesco, ma anche gli appassionati troveranno collegamenti con i precedenti capitoli che ampliano la trama generale. Il gameplay action risulta veloce, fluido e appagante, così come le battaglie navali che eliminano ogni pretesa di simulazione e puntano tutto su divertimento e immediatezza. Peccato solo per una esplorazione in nave ridotta all’osso, un comparto tecnico non all’altezza delle aspettative e da un pesante riciclo di attività e situazioni che a così breve distanza dal precedente capitolo si nota fin troppo.
7.5

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L'autore

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I videogame lo intrigano fin da piccolo nonostante il disappunto della nazi-mamma, che alla fine è costretta a cedere e sopporta anche la sua mania per i Comics, i Manga e il collezionismo di Limited Edition. Spera di farsi strada nel mondo del giornalismo videoludico iniziando nel dicembre 2011 a collaborare per MX, inoltre studia psicologia per cercare di capire il comportamento dei fanboy.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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