Recensione - Armored Core VI: Fires of Rubicon
Il Gioco
Quando si parla di From Software, il pensiero di tutti va ormai automaticamente a Dark Souls. Questa serie ha infatti letteralmente “fondato” un genere a sé stante, diventando uno dei franchise più influenti degli ultimi anni e rendendo il nome di From Software famoso in tutto il mondo. Eppure lo studio aveva già sfornato saghe non particolarmente mainstream, ma comunque apprezzate, come King’s Field e Armored Core. Quest’ultima in particolare era diventata un piccolo fenomeno in Giappone, terra dove mecha e robot sono parte integrante della cultura locale, ma anche nel resto del mondo riuscì comunque a ritagliarsi una buona fetta di appassionati. Negli anni sono stati sviluppatori ben 15 titoli della serie (alcuni usciti solo in Giappone o su mobile), ma era diverso tempo che non si vedeva un nuovo capitolo principale. Considerato il successo di Dark Souls, non stupisce come il team si sia concentrato su numerosi progetti legati a questo nuovo filone, comprese nuove IP che comunque richiamavano molto il genere come Sekiro: Shadows Die Twice. A stupire, invece, è stato l’annuncio lo scorso anno di Armored Core VI: Fires of Rubicon, e la notizia è stata accolta con gioia dai fan storici, attirando anche la curiosità di tanti nuovi giocatori che non avevano mai provato i precedenti capitoli. La sfida quindi era quella di creare un titolo che fosse sia fedele allo spirito originale, sia un buon punto di ingresso per i neofiti, e il compito è stato affidato a Masaru Yamamura, precedentemente conosciuto come lead game designer di Sekiro.
MX Video - Armored Core VI: Fires of Rubicon
La storia di Armored Core VI: Fires of Rubicon è totalmente slegata dal resto della saga, anche se presenta diversi elementi tipici delle precedenti trame. Come da tradizione infatti impersoniamo un mercenario con il nome in codice “Raven”, e dovremo mettere le nostre abilità al servizio di diverse mega corporazioni. Per la prima volta tuttavia non ci troviamo su una Terra post-apocalittica, ma sul lontano pianeta di Rubicon 3. Circa 50 anni prima degli eventi del gioco Rubicon era stato depredato del Coral, una fonte energetica inestimabile che avrebbe aiutato l’umanità a compiere un balzo tecnologico di secoli. Quella che sembrava una risorsa definitiva si trasformò tuttavia in una piaga quando tutto il Coral bruciò portando alla devastazione non solo la superficie di Rubicon, ma anche quella dei pianeti limitrofi in una delle più grandi catastrofi della storia. Si pensava quindi che tutto il Coral fosse andato distrutto, ma a distanza di decenni alcuni segnali indicavano nuovamente la sua presenza nelle profondità del pianeta. L’avidità naturalmente prende il sopravvento sul buonsenso, e ignorando il precedente disastro Rubicon si trova nuovamente conteso da diverse fazioni che si contendono il prezioso bottino, tra corporazioni senza scrupoli, mercenari disposti ad aiutare il miglior offerente e il Fronte di Liberazione che invece vorrebbe impedire il ritorno allo sfruttamento del pianeta.
A complicare il tutto si aggiunge Ayre, una Rubiconiana il cui spirito riesce a comunicare con Raven attraverso il Coral, chiedendoci aiuto per risolvere ulteriori misteri nascosti in cambio del suo aiuto. Progredendo nell’avventura si aggiungono diversi personaggi, ognuno con le proprie motivazioni che li spingono a combattere, e nonostante la trama sia raccontata principalmente attraverso semplici dialoghi audio nei briefing prima delle missioni l’intreccio narrativo si rivela ben presto più complicato e stratificato di quanto possa sembrare all'inizio. Per avere il quadro completo degli eventi inoltre bisogna completare la campagna per ben tre volte, poiché in alcuni momenti ci verrà chiesto di fare delle scelte che possono cambiare gli eventi o precluderci alcune missioni in favore di altre. Percorrendo scelte diverse si possono quindi assistere a retroscena ed eventi che avvengono in parallelo alla storia affrontata nella precedente partita, un processo simile a quanto visto ad esempio in NieR: Automata.
Il fulcro di Armored Core VI: Fires of Rubicon non è tuttavia la storia, ma il gameplay. Le missioni hanno una durata abbastanza breve con mappe non particolarmente ampie che spingono il giocatore a concentrarsi unicamente sul proseguire verso il boss, facendo saltare in aria qualunque nemico si pari davanti. Nonostante le dimensioni, gli Armored Core sono mecha estremamente agili, e grazie ai propulsori ci si può muovere liberamente in ogni direzione e volare per brevi periodi facendo attenzione alla barra dell’energia, oltre a poter schivare con gli scatti o effettuare virate brusche d’emergenza. Destreggiarsi con i movimenti è fondamentale per restare in vita, ma come si dice la miglior difesa è l’attacco, e per far piovere una pioggia di piombo e plasma sui nemici possiamo fare affidamento a due armi principali (una per mano) e due secondarie montante sulle spalle, ognuna associata ad uno dei quattro grilletti del pad e con tempi di ricarica diversi da tenere in considerazione. A seconda della tipologia dell’arma possono cambiare anche gli effetti, ad esempio quelle al plasma sono perfette per distruggere i fastidiosi scudi di energia che proteggono alcuni boss ma fanno meno danni puri rispetto alle munizioni di piombo o esplosive, e soprattutto richiedono delle batterie abbastanza capienti… il che può intaccare il peso totale del mecha.
Questa è solo una delle tante cose da tenere a mente quando si decide come assemblare il proprio Armored Core, e prima di ogni missione si possono spendere i tanto sudati crediti nel negozio per comprare nuove parti e armi con cui costruire il mecha adatto ad ogni contesto. Fossilizzarsi solo su un mecha può portare prematuramente al game over (cosa già abbastanza frequente di suo), e si viene continuamente invogliati a provare build differenti che magari si discostano dal nostro stile di gioco preferito, ma spesso si rivelano necessarie. Si può ad esempio puntare tutto sull'agilità creando un Armored Core in grado di effettuare grandi scatti o restare in volo più a lungo, ma il prezzo da pagare è l’impossibilità di equipaggiare armi troppo pesanti e una salute ridotta. Al contrario si può invece puntare a creare un vero e proprio carro armato in grado di equipaggiare un arsenale distruttivo notevole, ma schivare i colpi nemici non sarà per nulla semplice.
Bisogna quindi sempre cercare il giusto compromesso sfruttando al meglio le varie parti a disposizione, e la creazione delle varie build rappresenta uno dei punti di maggiore forza di Armored Core VI: Fires of Rubicon. Sebbene la funzionalità sia sempre l’obiettivo principale, anche l’occhio vuole la sua parte, e il gioco ci permette di personalizzare il nostro mecha con un profondo editor per colorare ogni singola parte nel dettaglio, regolare i livelli di usura o lucentezza e perfino applicare loghi tra quelli sbloccabili o crearli da zero. Le nostre creazioni possono quindi essere sfoggiate anche online nel comparto multiplayer, dove si possono sfidare altri giocatori in feroci e frenetiche battaglie 1vs1 o 3vs3. A chiudere l’offerta dei contenuti di Armored Core VI: Fires of Rubicon ci pensa l’Arena virtuale, ovvera una serie di stage dove l’unico obiettivo è abbattere un boss senza ricorrere tuttavia alla funzione di cura, rendendo quindi la sfida piuttosto impegnativa se non si affronta equipaggiati a dovere. La ricompensa tuttavia sono dei preziosi punti ottenibili unicamente in questa modalità da spendere per acquistare potenziamenti attivi e passivi che possono cambiare drasticamente l’approccio di alcune build, come ad esempio la possibilità di equipaggiare 4 armi principali rinunciando a quelle sulle spalle, sbloccare un attacco corpo a corpo eseguibile dopo uno scatto, attivare un’armatura energetica per salvarci in extremis o aumentare il bonus dei danni inflitti o subiti da specifiche tipologie di armi, aggiungendo così un ulteriore strato di profondità dalla scelta delle build.
Dal punto di vista tecnico Armored Core VI: Fires of Rubicon si presenta in forma smagliante con 4K e 60 fps su Xbox Series X, mentre su Series S si scende a 1440p ma mantenendo lo stesso numero di frame, elemento fondamentale in un gioco così frenetico. È presente anche il Ray Tracing ma solo nella sezione Garage, dove poter ammirare le nostre creazioni, ma anche durante il gameplay il gioco risulta comunque impressionante e ricco di dettagli. Per quanto riguarda la localizzazione, invece, il gioco è tradotto in italiano nei testi e sottotitoli.
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