Recensione - Wild Hearts
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
Wild Hearts è un RPG d’azione in terza persona sviluppato dallo studio Omega Force di Koei Tecmo, noti autori della serie musou Dynasty Warriors, e pubblicato da Electronic Arts. Nello specifico, parliamo di un cosiddetto “hunter-like”, facendo riferimento alla serie Monster Hunter, ovvero di un gioco basato sulla caccia di gigantesche creature, sulla raccolta di risorse e sul crafting di nuovo equipaggiamento. La nuova IP sviluppata dallo studio giapponese non si limita però a fare sue le meccaniche tradizionali del genere ma, anzi, prova a spingersi un po’ oltre sia per quanto riguarda la trama sia per quanto riguarda il gameplay. La sceneggiatura alla base di Wild Hearts vede il nostro alter-ego, che è possibile personalizzare in ogni dettaglio nelle primissime fasi di gioco, raggiungere Azuma, una regione di fantasia dichiaratamente ispirata allo stile e al folklore del Giappone feudale. La provincia, che fino a pochi anni prima prosperava pacificamente nonostante le mire del governo centrale, è oggi il terreno di caccia preferito dei Kemono, creature animali cresciute a dismisura e rese estremamente aggressive a causa di un misterioso potere naturale che ha avvolto la regione. Dopo essersi imbattuto in uno dei Kemono ed esserne uscito vivo per il rotto della cuffia, al nostro personaggio viene donata l’abilità di piegare a proprio piacimento questo potere e di sfruttarlo per costruire i cosiddetti Karakuri, delle strutture più o meno complesse usate sin dai tempi antichi dai cacciatori della regione.
MX Video - Wild Hearts
Da un grande potere derivano però delle grandi responsabilità e, infatti, da lì a poco ci verrà chiesto di raggiungere Minato, la capitale della regione di Azuma, per difenderla dall’avanzata dei Kemono e per aiutare i suoi abitanti nel ruolo di cacciatore o cacciatrice. Inizia così il nostro viaggio nel mondo di Wild Hearts, che come da tradizione del genere si basa su tre elementi fondamentali: la caccia dei Kemono, la raccolta di risorse e il crafting di nuovo equipaggiamento o di miglioramenti per quello in nostro possesso, così da poter tornare nuovamente sul campo di battaglia per affrontare creature ancora più pericolose. Sotto questo aspetto, il nuovo titolo di Koei Tecmo non si discosta molto dalla concorrenza. La regione di Azuma è divisa in cinque regioni differenti, che si sbloccano progressivamente durante l’avventura e che si differenziano notevolmente l’una dall’altra per la tipologia di biomi proposti. In ogni regione troviamo fauna, flora e, ovviamente, Kemono unici, dai quali è possibile ricavare materiali più o meno preziosi da utilizzare per migliorare le caratteristiche del nostro equipaggiamento o creare nuovi pezzi di armatura.
Per progredire nella storia bisogna completare una serie non particolarmente lunga di incarichi principali, attraverso i quali il giocatore viene introdotto di volta in volta alle nuove aree o ai Kemono più pericolosi, a cui si affiancano una lunga quantità di missioni secondarie che è possibile accettare dai personaggi che ci accompagnano durante la storia e dagli NPC che popolano la città di Minato. Per completare i quattro capitoli in cui è suddivisa l’avventura dedicandosi solo alla storia principale e alle attività necessarie per poter progredire sono necessarie almeno 30 ore, che aumentano esponenzialmente in base a quanto tempo si decide di dedicare agli incarichi extra e allo sviluppo dell’equipaggiamento. Ogni capitolo porta inoltre con sé nuove sfide, nuove missioni e nuovi bersagli, che vanno ad affiancarsi a quelli legati alla storia e ai quali si somma un endgame capace di regalare ancora tante ore di divertimento a chi ama questo genere di giochi. Gli sviluppatori hanno poi confermato la volontà di rilasciare nuovi contenuti gratuiti già nei mesi di marzo ed aprile, che andranno ad aggiungere al gioco nuove quest, varianti inedite dei Kemono, nuove parti di equipaggiamento e molto altro. Al netto di questi elementi, la maggior parte delle quest, principali o secondarie, sfocia comunque in una caccia con obiettivo uno specifico Kemono scandita, salvo rare occasioni, dalle medesime modalità.
Una volta accettata una missione, interagendo con un NPC o attraverso la mappa generale, si viene teletrasportati nell’area corrispondente e, nella maggior parte dei casi, è possibile selezionare in quale tra gli accampamenti disponibili si vuole iniziare la caccia. Da qui il giocatore è libero di investire come meglio crede il tempo a sua disposizione, che nel caso degli incarichi secondari e delle battute di caccia singole è di sessanta minuti. Il primo passo è quello di individuare il proprio obiettivo, passando al setaccio le zone dove abitualmente si muove o utilizzando una Torre di caccia, un particolare strumento Karakuri attraverso cui è possibile individuare i Kemono o altri punti di interesse. Una volta raggiunta la preda, si passa allo scontro vero e proprio, che vede il nostro alter-ego impegnato ad affrontare le gigantesche creature armato solo della propria arma, scelta tra le 8 disponibili nel gioco, e dei Karakuri, che rivestono un ruolo fondamentale durante le battaglie.
Per quanto riguarda le armi, Wild Hearts rimane fedele alla tradizione del genere e propone un ventaglio di possibilità molto diverse tra loro, ognuna delle quali dispone non solo di caratteristiche uniche, ma anche di un proprio set di mosse e di un sistema di controllo specifico. Se infatti è vero che le combinazioni standard, basate su attacchi veloci, potenti e speciali, sono più o meno le stesse per ogni strumento, è altrettanto vero che ognuno di questi dispone di mosse avanzate differenti. La katana, ovvero l’arma iniziale, permette per esempio di concatenare combo rapide alternando attacchi standard e speciali, la mazza si propone invece come un’arma estremamente lenta, ma capace di infliggere tantissimi danni extra con ogni colpo se si preme il grilletto posteriore nel momento corretto, mentre il wagasa, una sorta di ombrello, rinuncia a una parte della sua efficacia offensiva in favore di una possibilità unica, ovvero quella di effettuare delle parate. Proseguendo con l’avventura si sbloccano poi un artiglio, un vero e proprio cannone in grado di sparare proiettili ad alta velocità e un bastone karakuri dalle capacità molto particolari.
Fin qui nulla di diverso rispetto agli altri hunter-like, quindi. Wild Hearts però si spinge oltre, aggiungendo al gameplay delle meccaniche attraverso cui è possibile costruire una serie di strutture base, come cubi, torce, trampolini e così via sfruttando il cosiddetto “filo karakuri”, ovvero la manifestazione fisica del potere naturale che ha invaso la regione di Azuma. Il filo, che può essere estratto da alcuni elementi naturali o da appositi giacimenti sparsi un po’ ovunque, è l’unica risorsa necessaria per creare i Karakuri, ovviamente con quantità variabili in base al tipo di struttura. Una volta posizionati sul terreno, i Karakuri possono essere sfruttati in molti modi diversi: i cubi, per esempio, sono ottimi per raggiungere posizioni sopraelevate o per sferrare potenti attacchi in salto, le torce sono fondamentali per illuminare i campi di battaglia durante la notte e possono essere usate per incendiare brevemente l’arma in uso mentre i trampolini consentono di superare piccoli dirupi o di sfuggire agli attacchi più potenti, ottenendo anche qualche frame di invincibilità dopo l’utilizzo.
I Karakuri possono inoltre essere impilati o combinati, così da dare vita a strutture più complesse come veri e propri muri, chiamati baluardi, con cui contrastare gli attacchi in corsa di alcuni Kemono, bombe con cui creare ingenti danni ad area, fonti curative che ripristinano lentamente la nostra salute, cannoni in grado di stordire temporaneamente i Kemono volanti e così via. L’apprendimento dei Karakuri, sia quelli base sia quelli complessi, è legato a doppio filo alla progressione della storia. Sconfiggendo specifici Kemono si sbloccano infatti nuove strutture base, mentre per le strutture maggiori bisogna attendere delle “intuizioni” che si attivano automaticamente durante gli scontri coi nemici principali e che mostrano passo dopo passo quali Karakuri servono e come devono essere posizionati. E’ inoltre fondamentale tenere in considerazione che i Karakuri sono persistenti e non svaniscono alla fine degli scontri, il che permette di plasmare progressivamente i campi di battaglia per rendere più agevoli le sortite, ma possono comunque essere smantellati dal giocatore o distrutti dagli attacchi dei Kemono.
Al netto di questo elemento, gli scontri in Wild Hearts seguono in maniera abbastanza fedele gli standard del genere. Ogni Kemono ha le proprie caratteristiche, i propri punti di forza, le proprie debolezze e il proprio pattern di attacco, che si modifica dinamicamente durante gli scontri. Se subiscono troppi danni o se vengono colpiti in punti specifici, i Kemono possono infuriarsi, incrementando le proprie caratteristiche e sbloccando temporaneamente degli attacchi speciali. Inoltre, ogni combattimento è generalmente suddiviso in più fasi, scandite dai tentativi di fuga della nostra preda e dalla necessità di spostarsi da una zona all’altra della mappa per continuare il combattimento. Il potere che ha invaso Azuma ha poi conferito ai Kemono la capacità di plasmare a loro piacimento l’ambiente che li circonda che, se sommata alle possibilità nelle mani del giocatore, si traduce in una spiccata dinamicità delle arene di combattimento e, più in generale, di tutto il mondo di gioco. A rendere ancora più variegato il ventaglio delle battaglie ci pensano poi una lunga serie di “varianti” speciali dei Kemono, che si differenziano da quelle standard sia per le loro caratteristiche sia per le ricompense che si possono ottenere.
In Wild Hearts, come in ogni hunter-like che si rispetti, il crafting e la pianificazione rivestono quindi un ruolo fondamentale. Il giocatore non ha infatti modo di modificare il proprio equipaggiamento liberamente, ma può farlo solo presso specifici NPC a Minato o interagendo con una forgia presso uno degli accampamenti sparsi per le varie regioni. Lo stesso discorso vale per i Karakuri. Il nostro alter-ego ha infatti a disposizione solo quattro slot per le strutture base, il che obbliga a scegliere con attenzione quali portare con sé in ogni situazione. Inoltre,non essendo presente un percorso di crescita del personaggio, le uniche possibilità di incrementare le statistiche di attacco e difesa vengono di fatto delegate all’equipaggiamento. Le armi, dopo essere state forgiate, si possono migliorare attraverso skill-tree molto ampi ed estremamente ramificati, dove ogni step incide sulle caratteristiche base e sugli eventuali bonus (o malus) applicati. Le armature invece non possono essere modificate in maniera così approfondita, ma per la maggior parte dei set sono disponibili due varianti aggiuntive, una collegata al mondo degli umani e una collegata al mondo dei Kemono, che vanno a modificare le caratteristiche dell’armatura, che si basano sia su un valore di difesa generale sia su quelli specifici per ogni elemento, e il suo aspetto.
I due percorsi di miglioramento, per quanto diversi, condividono però una caratteristica fondamentale: le materie prime. Per creare parti di armatura o migliorare le armi sono infatti necessarie delle risorse più o meno rare. Alcune possono essere raccolte durante l’esplorazione delle varie regioni, altre si possono ottenere accarezzando i Kemono più piccoli che vagano per la mappa o, in alternativa, uccidendoli. Altre ancora possono essere raccolte solo abbattendo o mutilando i Kemono più grandi, il che si traduce nella necessità di dover cacciare più volte le stesse creature se si vuole sbloccare uno specifico pezzo di equipaggiamento o se si vuole potenziare al meglio una o più armi. Nel corso dell’avventura, il giocatore può inoltre raccogliere una vasta gamma di alimenti o ingredienti, da consumare prima delle battaglie per incrementare temporaneamente le proprie statistiche o da raffinare presso gli accampamenti per ottenere pietanze ancora più pregiate.
Rispetto alla maggior parte degli esponenti del genere, Wild Hearts aggiunge però un ulteriore livello di profondità. Grazie alle possibilità offerte dai Karakuri, anche lo studio dell’ambientazione e la costruzione di strutture rivestono un ruolo fondamentale in fase di pianificazione. Innanzitutto,ogni regione dispone di molteplici punti nei quali è possibile allestire un accampamento. Per farlo è necessario interagire con le cosiddette “fonti del drago”, e sprigionare il potere dei Karakuri nella zona, così da sbloccare la possibilità di viaggiare rapidamente ed edificare varie strutture grazie al loro potere. Il catalogo di costruzioni a disposizione del giocatore, che si amplia progressivamente nel corso dell’avventura sia in modo automatico sia spendendo sfere di Kemono, include tende, forge, fuochi da campo, dispense dove accumulare le risorse in eccesso, essiccatoi, sistemi di spostamento rapido e molto altro ancora. Non pensate però di poter edificare ogni area come se fosse l’ex area Expo di Milano. Ogni fonte dispone infatti di un livello di potere specifico, che è possibile incrementare spendendo risorse e dal quale dipende la tipologia e la quantità di strutture che è possibile edificare nella zona.
E’ inoltre opportuno segnalare che in nostro alter-ego non sarà quasi mai da solo durante l’avventura. Nelle primissime ore di gioco ci si imbatte infatti in uno tsukumo, una sfera senziente che da quel momento in avanti riveste il ruolo di alleato fornendo supporto sia in fase di attacco, sia come diversivo capace di attirare l’attenzione dei nemici o come guaritore. Anche gli tsukomo possono essere potenziati e per farlo è necessario trovare e stringere amicizia con altri esemplari della stessa specie sparsi un po’ ovunque in ogni regione di Azuma. Per ogni nuovo tsukomo raccolto si ottengono degli ingranaggi, che possono poi essere spesi presso un falò per migliorare le varie “forme” del nostro compagno, ottenendo per ogni upgrade anche un incremento del quantitativo massimo di filo Karakuri che è possibile trasportare.
L’intera avventura di Wild Hearts può inoltre essere affrontata anche in modalità co-op insieme ad altri due giocatori, il che apre le porte a meccaniche davvero molto peculiari per un gioco del genere. In modalità multigiocatore, ogni personaggio può infatti costruire i propri Karakuri e sfruttare quelli creati dagli altri giocatori, il tutto senza dover rinunciare ai propri progressi e senza limitazioni dovute alla piattaforma visto che il gioco supporta il cross-play. Per fare squadra con altri cacciatori è possibile creare una squadra a tavolino o cercare alleati attraverso il matchmaking prima di avviare una missione. E’ inoltre possibile lanciare delle richieste d’aiuto quando si sta per attaccare un Kemono particolarmente ostico e rispondere alle richieste di altri giocatori per fornire del prezioso supporto.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, Wild Hearts si affida al “Katana Engine”, un motore proprietario creato da Koei Tecmo e ottimizzato per sfruttare la potenza delle console di ultima generazione. Le due piattaforme che abbiamo avuto modo di testare in sede di prova, ovvero Series X e Series S si differenziano principalmente per la risoluzione massima raggiungibile e per la presenza di due modalità grafiche differenti su Series X, una a 30fps che predilige la qualità dell’immagine e una a 60fps che mette in primo piano la fluidità dell’azione. Quest’ultima non è purtroppo presente su Series S, che può contare su una singola modalità di rendering a 30fps. Il comparto audio può invece contare su una colonna sonora originale composta da brani di chiara ispirazione orientale, che generalmente ci accompagnano durante le fasi esplorative e quando ci troviamo a Minato, affiancati ad alcune tracce più ritmate, che fanno capolino durante gli scontri con i Kemono. Wild Hearts può infine contare sulla completa localizzazione in lingua italiana non solo dei testi, ma anche di tutti i dialoghi.
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