Recensione - The Evil Within 2
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
Dopo gli eventi narrati nel capitolo d’esordio della nuova serie Bethesda, Sebastian Castellanos non è più lo stesso. Il primo incontro con lo STEM, un macchinario capace di connettere le menti delle persone e creare delle realtà alternative, ha riportato alla luce gli spettri del suo passato compromettendo inesorabilmente la carriera del detective e aggravando la sua precaria situazione mentale tanto da spingerlo a rifugiarsi sempre più spesso nell’effimero sollievo concesso da un bicchiere ricolmo di alcolici. Nonostante i suoi sforzi il protagonista non riesce infatti a darsi pace per quanto accaduto alla figlia Lily e per le conseguenze che la sua morte ha avuto sulla famiglia Castellanos. Proprio dopo essere riemerso per l’ennesima volta dagli abissi oscuri della propria psiche, Sebastian viene contattato dalla Mobius, la società segreta già responsabile dei raccapriccianti avvenimenti legati all’ospedale psichiatrico Beacon, e scopre che la bambina non è davvero morta ma è stata rapita proprio dalla misteriosa agenzia perché ritenuta l’unica in grado non solo di sorreggere con la sua mente una nuova versione dello STEM ma anche di renderla talmente stabile da poter connettere a questa sorta di “simulazione” l’intera popolazione mondiale. Le cose però, come potete facilmente immaginare, non sono andate come previsto. Dopo un periodo di apparente tranquillità la piccola (anzi, la sua proiezione mentale) è scomparsa e la pacifica città di Union, generata proprio grazie alle doti di Lily, ha iniziato a dare segni di “cedimento” scivolando lentamente nel caos. L’unica persona in grado di risolvere la situazione, sia perché ha già avuto a che fare con gli orrori partoriti dallo STEM sia perché spinto dall’inarrestabile desiderio di riabbracciare la propria figlia, è ovviamente Sebastian, che accetta quindi di connettersi nuovamente alla macchina sotto la guida della sua ex-collega Julie Kidman per scoprire cosa stia realmente accadendo nella città di Union.Queste sono, per sommi capi, le vicende da cui prende il via The Evil Within 2, epurate per quanto possibile da spoiler riguardanti gli eventi narrati nel primo capitolo o in questo sequel. Per quanto la trama sia direttamente collegata a quella del suo predecessore non è infatti fondamentale conoscerne ogni risvolto e nei primi minuti di gioco gli sviluppatori forniscono al giocatore tutti gli elementi necessari per comprendere la vicenda, che costruisce rapidamente delle nuove fondamenta da cui poi si dipana attraverso 17 differenti capitoli, che alternano con maestria sequenze guidate (guai a definirle lineari), semplici enigmi, impegnative boss fight e momenti di esplorazione più libera durante i quali il protagonista gode di maggiore autonomia decisionale sui tempi e i modi con cui raggiungere i propri obiettivi. La presenza di queste sezioni aperte, arricchite da alcune missioni secondarie e che ricordano le atmosfere dei primi Silent Hill, rappresenta una delle poche novità presenti in un titolo che ripropone, di fatto, la stessa struttura da survival horror a tinte stealth presente nel primo capitolo.
MX Video - The Evil Within 2
Come già accaduto in passato, Kidman ha infatti omesso di rivelare al protagonista alcune delle informazioni in suo possesso lasciandolo in balia degli abitanti della città, che dopo la scomparsa di Lily hanno iniziato a mutare trasformandosi in creature simili a classici zombie. Ma questo è solo l’inizio. Con il passare del tempo la ridente cittadina di Union ha infatti iniziato ad assomigliare ad un girone infernale e a popolarsi di abomini composti da “scarti” di altre creature, di ibridi deformi e di personaggi dalla salute mentale visibilmente compromessa. Per fortuna Sebastian anche in questo secondo viaggio può contare sulle sue capacità elusive, che gli permettono di evitare buona parte degli scontri nascondendosi alla vista degli avversari o distraendoli, e sull’equipaggiamento abbandonato sul campo dagli agenti Mobius entrati nello STEM prima di lui. Oltre ad un pugnale e ad una discreta varietà di armi da fuoco di vario calibro, Sebastian può contare su una ricetrasmittente, utile sia per comunicare con i pochi alleati che incontreremo sia per captare le “tracce” psichiche lasciate da eventi passati, e su una potente balestra. Quest’ultima, analogamente a quanto accadeva nel primo capitolo, può essere caricata con una vasta gamma di dardi differenti, perfetti non solo per danneggiare uno o più nemici ma anche per orchestrare insidiose trappole e creare diversivi.
Tutte le armi possono essere potenziate presso uno dei banchi di lavoro presenti nelle ambientazioni, utilizzando le risorse raccolte, dove è anche possibile creare munizioni, dardi e oggetti curativi, ovviamente consumando diverse tipologie di componenti. In caso di necessità il protagonista può inoltre accedere in qualunque momento ad un menù di creazione “rapida”, senza quindi dover utilizzare un banco di lavoro, ma si tratta di una soluzione estrema che lo costringe a consumare molte più risorse rispetto alla soluzione tradizionale. Proseguendo con l’avventura Sebastian avrà inoltre modo di raccogliere potenziamenti specifici, che gli permettono di portare con sé più munizioni, ma soprattutto di potenziare le proprie caratteristiche e ampliare così il ventaglio delle abilità disponibili consumando il gel verde, una misteriosa sostanza luminescente rilasciata dopo la morte dalle creature che popolano la città. Ad aiutare il protagonista ad “aprire la sua mente” ci pensa nuovamente Tatiana, l’inquietante infermiera presente anche nella precedente versione delle STEM e che Sebastian può raggiungere accedendo ad una particolare area sicura creata da Kidman appositamente per permettere al protagonista di riordinare le idee e potenziare le sue capacità tra una sortita e l’altra. In questa zona, collegata ai rifugi sparsi per le strade di Union dai tradizionali specchi, Sebastian potrà inoltre visionare utili informazioni riguardanti il suo passato o i personaggi secondari che incontrerà nel corso dell’avventura e mettere alla prova le sue capacità di tiratore in un grottesco poligono.
Pad alla mano The Evil Within 2, come prevedibile, assomiglia molto al suo predecessore anche se, a ben guardare, le differenze non mancano. Il gameplay in terza persona poggia nuovamente sullo schema di controllo proposto nel 2014 da Tango Gameworks ma i movimenti del protagonista e la mira, per quanto ancora volutamente lenti, sono più fluidi così come la gestione delle coperture, ora decisamente più pratiche da utilizzare. Oltre a poter sfruttare praticamente ogni struttura, distruttibile e non, per celare la sua presenza agli avversari Sebastian può infatti nascondersi nei cespugli, può rimanere al coperto anche quando gira intorno agli oggetti, può passare rapidamente da un riparo all’altro semplicemente premendo un tasto e può attaccare gli avversari dal suo nascondiglio, ma solo a patto che il suo obiettivo si trovi al centro dell’inquadratura. Il protagonista può inoltre sfruttare molti elementi ambientali a suo vantaggio, facendo per esempio esplodere i fusti di carburante o sfruttando una pozza d’acqua per aumentare l’effetto dei dardi elettrizzanti. Tante novità dunque, che vanno ad ampliare il ventaglio di possibilità offerte al giocatore ma senza stravolgere l’esperienza. La costante scarsità di munizioni unita all’evidente superiorità numerica dei nemici fa si che affrontare a viso aperto i mostri presenti nel gioco si traduca quasi sempre in una disfatta, a cui spesso farà seguito la schermata di caricamento che riporta il giocatore all’ultimo checkpoint o al punto di salvataggio più recente, proprio come accadeva nel primo capitolo. Alle tante aggiunte si accompagnano però anche alcune evidenti mancanze. In The Evil Within 2 non è infatti possibile utilizzare gli armadietti come nascondiglio e non sono più presenti i fiammiferi, che nel capitolo originale consentivano a Sebastian di dare fuoco alle carcasse dei suoi nemici per prevenire eventuali sorprese indesiderate. Vale inoltre la pena di segnalare che il titolo permette ora di utilizzare anche uno schema di controllo alternativo, rivolto principalmente a chi predilige un approccio più action.
A sorreggere tecnicamente The Evil Within 2 ci pensa lo STEM Engine, una versione customizzata del famoso id Tech 5 già utilizzato dagli sviluppatori nel primo capitolo con risultati altalenanti. In questo sequel il motore grafico, probabilmente anche in virtù dell’esperienza accumulata dalla software house, si è rivelato decisamente più performante, sia da un punto di vista puramente qualitativo che per quanto riguarda la solidità generale. Modelli e texture appaiono infatti più definiti e anche la distanza visiva sembra aver guadagnato qualcosina rispetto al passato. Come vedremo meglio più in basso, qualche difetto purtroppo è rimasto ma nel complesso il risultato è più che buono, anche per merito di una direzione artistica particolarmente ispirata capace di regalare scorci memorabili e sequenze di grande impatto visivo, il tutto senza dover sacrificare eccessivamente il livello di dettaglio. Ottime notizie anche per quanto riguarda il comparto audio: The Evil Within 2 propone infatti una colonna sonora di qualità accompagnata da un doppiaggio in lingua italiana di buona fattura. Concludo con una nota riguardante la longevità. Per raggiungere i titoli di coda, al livello di difficoltà intermedio tra i tre disponibili, si impiegano dalle 15 alle 20 ore, variabili a seconda delle proprie capacità e del tempo che si decide di investire nella ricerca di collezionabili e risorse. Una volta completata la prima run è inoltre possibile rigiocare il titolo in modalità “Nuova Partita+” mantenendo una parte dei potenziamenti e dell’equipaggiamento ottenuto, o affrontare la temibile modalità “Classica”, che costringe il giocatore a rinunciare a power up e miglioramenti e che fissa un tetto massimo al numero di salvataggi che è possibile effettuare.
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