Recensione - NBA Live 18
Il Gioco
NBA Live torna sulle nostre console dopo essersi preso una pausa dovuta, soprattutto, ad alcune gravi mancanze che erano insite nell’edizione 2016. Quest’anno, però, si parte con il piede giusto e, soprattutto, con idee nuove pensate per riavvicinare molti dei vecchi fan al titolo EA. Anche il testimonial è uno di quelli tosti, il grande James Harden degli Houston Rockets. Per i “vecchi” giocatori come il sottoscritto, NBA Live è stato un grande franchise soprattutto su PC, dove dava il meglio di sé in termini di prestazioni grafiche e di giocabilità; forse è stato proprio il passaggio alle console che ne ha in parte minato la credibilità. Le edizioni 2015 e 2016 evidenziarono delle buone idee ma solo parzialmente espresse, cosicchè la concorrenza ha sempre avuto vita facile.NBA Live 18 ci fa subito capire che stavolta fa sul serio, partendo dalla modalità storia The One ispirata a quanto già fatto nella serie FIFA, ossia una sorta di “viaggio” nella carriera di un astro nascente del firmamento NBA. La prima novità che balza immediatamente agli occhi è che, al contrario dell’ultima edizione, non si scende immediatamente in campo con una delle franchigie NBA presenti nel gioco, bensì si inizia ad assaporare il gioco con delle intense e divertentissime sfide sui campetti di periferia, con partite infuocate 5 vs 5 nelle quali bisogna arrivare a raggiungere la fatidica quota dei 21 punti (con almeno 2 punti di scarto sull’avversario). Il tutto è condito dalla possibilità di giocare su campi leggendari come Rucker Park e Venice Beach, e dalla modalità NBA Combine grazie alle quale le buone performances vengono ripagate con delle scelte migliori nel draft, oppure nella possibilità di aggiungere giocatori sempre più blasonati al proprio team.
MX Video - NBA Live 18
La modalità The One risulta essere, sin da subito, la pietra angolare del gioco e si associa alle consuete modalità di sfida veloce oppure Franchigia (la stagione NBA). Le diverse modalità possono poi essere giocate anche online ad eccezione della Franchigia che rappresenta, insieme alla modalità The One, il cuore pulsante dell’esperienza single-player. Il nostro viaggio, raccontato in pieno stile cinematografico dai telecronisti ESPN Stephen Smith e Max Kellerman, si divide sostanzialmente in due componenti: The League (il campionato) e The Streets (il mondo dei playground). Lo scopo finale è quello di vincere il campionato, ma contemporaneamente si possono anche giocare le sfide dei Tornei Pro-Am contro la CPU oppure giocare in co-op online con altri 4 giocatori contro una squadra gestita dalla stessa CPU oppure altri 5 giocatori. Le due modalità appena descritte, separate nella precedente edizione, ora si completano a vicenda; vincendo, ad esempio Tornei Pro-Am, si accrescerà il valore del nostro giocatore che diventerà oggetto del desiderio di altri team e franchigie. Il valore del nostro alter-ego digitale crescerà in base agli obiettivi raggiunti giocando in ciascuna delle modalità presenti: tornei Pro-Am, Street Games oppure gare NBA: si otterranno punti esperienza da distribuire nelle varie abilità del personaggio il quale, nel corso delle stagioni, guadagnerà posizioni per essere poi scelto al draft.
Per quanto concerne la modalità Franchigia, questa si presenta abbastanza schematica e un pò povera in termini di opzioni; la mancanza più evidente risiede nell’impossibilità di giocarne una online. Inoltre la stessa gestione del team è ridotta all’osso con pochi interventi possibili dal punto di vista manageriale e con qualche pecca nella gestione dei trasferimenti, soprattutto dei cosiddetti free-agents (i giocatori svincolati) in quanto il calendario è suddiviso in settimane e non in mesi. Per il resto non si notano differenze di rilievo rispetto all’edizione 2016; non è detto che questo sia un difetto di grande portata, ma qualche possibilità in più, dal punto di vista della customizzazione, sarebbe stata gradita. Nella modalità Franchigia è anche possibile giocare solo i momenti chiave del match, lasciando il resto della partita in mano alla CPU (il cosiddetto “play the moment”); in questo modo si velocizzano sia il singolo incontro che l’intera stagione.
Non manca, ovviamente, la modalità Ultimate Team, ormai presenza fissa in tutti i titoli EA Sports. In questa modalità, come di consueto, si giocano tornei e partite singole, nonché sfide appositamente disegnate, per guadagnare crediti da reinvestire in pacchetti di figurine virtuali con le quali costruire il nostro Dream Team. EA ha anche inserito diverse sfide piuttosto semplici da vincere per guadagnare i primi crediti ed invogliarci a proseguire verso vette sempre più elevate. Ci sono almeno 150 tipologie di sfide da affrontare sia in single player, sia in modalità multiplayer.
Questo era quanto c'è da sapere sulle modalità di NBA Live 18. Veniamo ora al cuore del gioco, ossia il gameplay. Sgombriamo subito il campo da ogni illazione: NBA Live 18 non è, e probabilmente non vuole nemmeno esserlo, una simulazione alla NBA 2K, ma questo non vuol dire che non abbia serie ambizioni. E’ vero che l’impronta del gioco è spiccatamente più spostata verso l’arcade, ma non più di tanto; se vogliamo avere una misura di quanto un titolo dedicato al basket sia più o meno simulativo, dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulle meccaniche difensive. Proprio su questo versante, l’edizione 2018 ha fatto registrare i progressi più importanti ed ora è altrettanto appagante difendere così come come lo è l'attaccare.
Seppur propenda per una giocabilità più “genuina”, NBA Live 18 introduce nuove interessanti meccaniche di movimento e di tiro. A proposito di difesa è davvero interessante la trovata di far comparire su schermo un indicatore in grado di farci attenzionare quella zona di campo dalla quale può arrivare un determinato pericolo. Allo stesso tempo, con un po' di pratica, riuscirete a contenere ed annullare i funamboli come LeBron piuttosto che Chris Paul. Altrettanto importante è la capacità, da parte dei difensori, di esercitare una sana pressione sui portatori di palla avversari per far perdere loro il controllo della postura e, di conseguenza, il possesso di palla.
Anche le meccaniche di gioco offensivo sono state decisamente riviste e migliorate, e gli schemi d’attacco sono ora facilmente richiamabili; i passaggi alti e quelli schiacciati a terra sono effettuabili con la pressione dei tasti frontali, mentre il tiro effettuato con lo stick destro rimane un'opzione. Personalmente preferisco utilizzare i tasti frontali per le dinamiche di tiro, ma anche chi dovesse preferire lo stick analogico non rimarrà deluso.
NBA Live 18 utilizza lo shot meter con un indicatore colorato che ci permette di individuare quale sia il momento migliore per scoccare il tiro a canestro; si tratta di una feature sicuramente più gradevole e funzionale dell’indicatore monocromatico presente in NBA Live 16. Un indicatore verde con visuale libera davanti al nostro giocatore significa avere il 100% di possibilità di fare canestro; al contrario, nel caso di una marcatura stretta, l’indicatore scomparirà per farvi intendere che vi trovate in una situazione nella quale avete scarse possibilità di fare centro.
Una nota stonata riguarda il movimento dei giocatori quando non in possesso di palla; se, infatti, nelle azioni d’attacco riuscite ad ottenere delle animazioni congrue rispetto alla situazione che state affrontando sul parquet, non appena ripiegate in azioni difensive non faticherete a notare una certa legnosità dei movimenti dei giocatori stessi, perdendo spesso di vista il giocatore sotto il vostro diretto controllo. Spesso e volentieri, inoltre, i giocatori si scontrano casualmente sul campo di gioco lasciando ampi spazi per il contropiede avversario, senza si riesca a fare qualcosa di serio per impedirlo:a volte questo aspetto può divenire fonte di frustrazione
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