Twin Mirror - provato alla Gamescom
di
Mirko Rossi / Thor
P
Sam infatti soffre di un peculiare disturbo della personalità, che lo porta a convivere quotidianamente con un vero e proprio “doppio”, decisamente più cinico e diretto, che non esita a manifestarsi per scambiare quattro chiacchiere con il protagonista o per dargli qualche “buon” consiglio quando qualcosa nella sua vita inizia ad andare storto. Il giovane investigatore in passato ha inoltre scoperto di poter sfruttare una particolare tecnica mentale, che strizza l’occhio al famoso “palazzo della memoria”, per immagazzinare ed analizzare in modo razionale le informazioni di cui entra in possesso e le situazioni che si trova ad affrontare. Da quanto abbiamo potuto apprendere, entrambi questi aspetti giocheranno un ruolo fondamentale nel titolo, sia per quanto riguarda la narrazione che dal punto di vista del gameplay. L’obiettivo principale è infatti quello di dare vita ad una sceneggiatura investigativa complessa, nella quale possano convivere numerosi percorsi differenti basati sulle scelte effettuate dal giocatore nel corso della storia. Ma, a conti fatti, come si traducono tutte queste particolari dinamiche all’interno di Twin Mirror? Per darci un assaggio del gameplay del titolo, Bandai Namco Games ci ha permesso di giocare i primi minuti del capitolo introduttivo, ambientati proprio nella camera di hotel nella quale Sam si sveglia dopo essere tornato in città.
MX Video - Twin Mirror
La prima cosa da fare dopo aver assistito alla scena introduttiva è quella di guidare l’assonnato e confuso Sam verso il bagno. Sulla soglia faccio conoscenza con il “doppio” che, con aria saccente, mi suggerisce di non proseguire oltre e di andarmene al più presto da Basswood. Il breve scambio di battute, gestite tramite un classico sistema a risposta multipla, sottolinea il fatto che il protagonista abbia ormai accettato la presenza del suo alter-ego e che sia consapevole della sua natura evanescente, delineando un profilo psicologico abbastanza complesso che, ne sono certo, giocherà un ruolo molto importante nel titolo. Dato che ai bisogni fisiologici non si comanda non mi lascio dissuadere ed entro comunque nel bagno, dove trovo una camicia completamente imbrattata di sangue, la stessa indossata da Sam la sera precedente. Una volta appurato che il sangue non è il suo e che il protagonista non ricorda assolutamente nulla di quanto accaduto nel corso della nottata appena trascorsa, posso finalmente accedere al “palazzo mentale” per tentare di ricostruire gli eventi. Il rifugio mentale di Sam, che si materializza sullo schermo dopo un breve caricamento, si presenta come uno specchio d’acqua al di sopra del quale prende lentamente forma un percorso lineare circondato da frammenti di ambienti che, presumibilmente, rappresentano i ricordi più importanti del protagonista. Un tragitto onirico, che sfugge alle regole della fisica e che mi conduce in una versione “alternativa” della stanza d’albergo nel quale si trova realmente Sam. Qui, al riparo dalle distrazioni del mondo reale, posso finalmente iniziare a ricostruire gli eventi.
Si parte con un’ipotesi basata sui fatti più evidenti. Sam la sera precedente doveva essere davvero ubriaco e, pertanto, potrebbe essersi abbandonato direttamente sul letto. Questo spiegherebbe il mal di testa e la temporanea amnesia, ma non la camicia lasciata nel bagno. Qualcosa chiaramente non torna. A questo punto la rappresentazione mentale inizia ad arricchirsi con vari particolari, con i quali è possibile interagire per modificare il corso degli eventi. Provo a supporre che l’investigatore sia andato in bagno prima di mettersi nel letto e osservo come si modifica la ricostruzione. Vedo Sam entrare nella stanza e dirigersi verso la toilette per dare un caloroso abbraccio alla tazza del water prima di accasciarsi sopra le lenzuola con ancora addosso la camicia. Mi sfugge ancora qualcosa. A questo punto il gioco mi suggerisce di tornare nuovamente nel mondo reale per cercare qualche nuovo indizio utile per modificare la ricostruzione e rientrare nel palazzo mentale per verificare le ipotesi. Nei minuti successivi faccio quindi più volte la spola tra la camera e la mente di Sam mentre cerco di rimettere insieme i pezzi del puzzle attraverso una logica “trial and error” abbastanza basilare. Se qualcosa non combacia nella ricostruzione degli eventi mi basta modificare qualche passaggio o tornare nella stanza per cercare un nuovo indizio fino a quando non riesco a trovare il giusto incastro fra i vari elementi. A questo punto posso finalmente rivivere l’intero flashback, scoprendo che Sam ha chiamato per qualche strana ragione il 911 mentre era fuori, che ha tentato invano di lavare la camicia durante un breve lampo di lucidità e che ha ricevuto un messaggio relativo alla sparizione di una certa Joan prima di cedere agli influssi dell’alcol. Appurati questi elementi posso lasciare la stanza, ma solo dopo aver deciso se portare con me la camicia sporca di sangue o se abbandonarla. A costo di sembrare una persona “vecchio stile” decido di non lasciare tracce ed una notifica mi segnala che l’azione avrà delle conseguenze, proprio come accadeva in Life in Strange. Quali saranno purtroppo non posso saperlo poiché la demo messa a disposizione da Bandai Namco Games terminava qui, senza nemmeno darci un’anticipazione degli eventi successivi.
A conti fatti Twin Mirror è sembrato un titolo difficile da decifrare, almeno allo stato attuale. Le meccaniche di gioco che hanno permesso a DONTNOD di far breccia nel cuore di molti giocatori sembrano funzionare ancora bene e l’introduzione del “palazzo mentale” rappresenta senza ombra di dubbio una novità interessante per il genere. Quello che però non convince del tutto è lo sviluppo del gameplay, fin troppo lineare e guidato. Nel corso della mia prova infatti non ho fatto altro che passare da una scena all’altra per cercare indizi e mettere insieme gli eventi, il tutto senza particolari possibilità di errore. Forse avrei potuto perdere qualche dettaglio, ma nel complesso le fasi investigative si sono rivelate abbastanza limitate e non ho percepito la presenza di più percorsi o di bivi narrativi, se non quando ho dovuto decidere se portare con me la camicia o lasciarla nel bagno della stanza. Stesso discorso per quanto riguarda il “doppio” e la relativa componente psicologica. Nonostante l’impatto iniziale sia stato buono, la sua importanza dal punto di vista narrativo è infatti ancora tutta da valutare, così come la bontà della sceneggiatura. DONTNOD ha già ampiamente dimostrato di cosa è capace, ma la stesura di una trama composta da più filoni narrativi differenti, per quanto potenzialmente appetitosa, può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Anche dal punto di vista grafico Twin Mirror non mi ha convinto del tutto. Lo stile utilizzato per disegnare le ambientazioni ed i personaggi mi è parso abbastanza anonimo e si accompagna ad un livello di dettaglio generale non particolarmente elevato. L’unico momento nel quale il design è riuscito a sorprendermi è stato durante la prima visita al palazzo mentale, che però veniva penalizzato da improvvisi cali di frame rate e da alcuni cambi di scena fin troppo forzati.
Nel complesso quindi non posso dire di essere rimasto particolarmente soddisfatto da quanto visto e provato. Twin Mirror, con la sua natura da thriller psicologico a tinte soprannaturali, poggia su basi decisamente interessanti, ma le meccaniche di gioco non mi sono sembrate altrettanto ispirate. La speranza è che la demo non fosse davvero rappresentativa del gameplay finale, che mi auguro si dimostri meno lineare e più sbilanciato verso la componente investigativa, e che la trama si riveli all’altezza delle grandi aspettative dei fan. Per saperlo con certezza dovremo però attendere l’uscita del primo episodio, prevista per i primi mesi del 2019.
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