Recensione - Dead Space (2008) (Xbox 360)
di
Christian De Filio / DarkChris
P
Benvenuti a bordo della USG Ishimura
L’impostazione cinematografica del gioco è palese fin dai primi istanti successivi alla pressione del tasto “start”; come in un film di fantascienza ci ritroviamo seduti sul ponte di comando di un’astronave, di fronte ad un panorama stellare capace di togliere il fiato, mentre ancora scorrono i titoli di testa del gioco e realizziamo che tutto quello splendore è in real-time, e che quindi possiamo già muovere la telecamera a nostro piacimento. Ci viene quindi introdotto il nostro personaggio, un ingegnere spaziale di nome Isaac Clarke che insieme ad altri due membri dell’equipaggio dovrà portare a termine una missione di soccorso sulla nave mineraria Ishimura, che da qualche giorno risulta in avaria e isolata da ogni tipo di contatto. Purtroppo le cose incominciano ad andare storte dopo pochi minuti; un’interferenza ci costringe ad un atterraggio di fortuna nell’hangar della nave, e provoca la distruzione dell’unico nostro mezzo di trasporto. A questo punto, finita l’introduzione, prendiamo pieno possesso del nostro altrer-ego e incominciamo ad esplorare l’immensa astronave per capire il motivo del misterioso silenzio che l’avvolge, e allo stesso tempo per trovare una alternativa valida per il nostro rientro. Dopo aver perlustrato le stanze adiacenti al punto di sbarco, notiamo che l’equipaggio della nave è praticamente scomparso e che non c’è traccia di nessuna forma di vita a bordo, oltre a noi.
La situazione precipita improvvisamente con l’improvvisa irruzione di alcune orribili creature che aggrediscono i tre membri della spedizione, costringendoli a dividersi per mettersi velocemente in salvo: le luci iniziano a spegnersi, alcune lampeggiano in modo irregolare, quelle di emergenza iniziano a ruotare vorticosamente, le sirene lanciano l’allarme bloccando ogni via di fuga, e solo una provvidenziale spaccatura nello scafo, aperta dai mostri, ci permette di lasciarci alle spalle tutto quell’inferno. Da questo momento in poi il gioco entra nel vivo e ci ritroviamo davvero soli, con il cuore in gola, avvolti nella penombra tra le fredde pareti d’acciaio della Ishimura.
La sequenza appena descritta è solo la prima di una lunga serie di momenti al cardiopalma, disseminati lungo tutta l’avventura e che rappresentano il marchio di fabbrica di Dead Space. Comunque dopo qualche attimo di incertezza veniamo contattati dai nostri amici, salvi anche loro ma dispersi in varie zone dell’astronave, e insieme ad essi Isaac dovrà coordinarsi per portare a termine le diverse missioni del gioco. La trama ovviamente è anche farcita di imprevisti e colpi di scena che non vogliamo svelare, ma quello che vale la pena invece sottolineare è l’intenzione, riuscita, degli sviluppatori di immergere al massimo il giocatore nella storia, lasciandolo completamente solo, in un clima agghiacciante. Dietro ogni angolo dell’astronave infatti può sempre celarsi un pericolo in agguato, e la tensione ci accompagnerà dall’inizio alla fine dell’avventura. Camminando negli angusti corridoi della Ishimura non ci si sente mai sicuri, e anche le aree già visitate possono rivelare qualche brutta sorpresa durante l’ennesimo passaggio, proprio quando meno ce lo aspettiamo. D’altronde Dead Space è dichiaratamente ispirato a capolavori fantascientifici ed horror come la serie Alien (ma i più attenti noteranno anche vistosi omaggi a The Cube e altre pellicole più o meno famose), e la passione per questi film è palpabile in ogni frame del gioco.
Terrore e combattimenti tecno-splatter
La visuale del gioco è in terza persona molto ravvicinata, con Isaac decentrato verso sinistra per lasciare il giusto spazio al nostro mirino a puntamento laser. Tutte le informazioni sullo stato del nostro eroe vengono mostrate da alcuni display posti sul retro della sua tuta spaziale, denominata Rig. L’energia rimanente ad esempio è rappresentata da una serie di led verticali che formano una sorta di spina dorsale luminosa, e questo elimina la necessità di qualsivoglia indicatore artefatto su schermo, donando al gioco un maggior senso di realismo.
In Dead Space abbondano i tocchi di classe con grande cura per i particolari, e la realizzazione dei vari menu e della mappa sotto forma di ologrammi tridimensionali proiettati dalla tuta di Isaac sono soltanto un piccolo esempio di come tutto sia stato concepito per non stonare con l’ambiente di gioco e non spezzare mai il feeling creato. Attraverso il tasto Y è possibile aprire una proiezione olografica del nostro inventario, del database delle missioni, della mappa e perfino leggere le osservazioni personali del protagonista sull’obiettivo in corso. Inoltre, siccome l’astronave risulta pressoché deserta, per sviluppare un intreccio narrativo credibile e continuativo sono stati sparsi lungo il gioco diversi tipi di file (audio, video e di testo) denominati log, che progressivamente ci metteranno a conoscenza di tutto quello che è accaduto sulla Ishimura nel periodo precedente al nostro arrivo.
Con il grilletto destro possiamo sparare mentre teniamo la mira premendo quello sinistro, oppure possiamo sfruttare il fuoco secondario di ogni arma attraverso il dorsale destro. Per correre invece bisognerà tenere premuto il dorsale sinistro, anche se nella maggior parte del gioco ci muoveremo con estrema cautela per evitare spiacevoli faccia a faccia con qualche creatura ostile. Per evitare di perderci nei meandri dell’immensa nave mineraria, potremo premere la levetta destra del pad e vedere così tracciata una linea luminosa temporanea che ci indicherà sempre la giusta direzione da seguire per raggiungere il nostro obiettivo, tenendo però sempre presente che ci sono tanti angoli remoti della nave che vale la pena di esplorare prima di tirare dritti verso la meta. Durante l’avventura verremo poi forniti di due poteri, la stasi e la cinesi, rispettivamente attivabili con i tasti X e B, mentre il tasto A servirà per interagire con interruttori vari o ricaricare le armi durante gli scontri. La stasi serve a rallentare i nemici per poterli uccidere più facilmente, ma funziona anche su alcuni meccanismi od ingranaggi e il suo usa risulta essenziale durante alcune missioni. La cinesi invece ci permette di sollevare gli oggetti, lanciarli o tirarli verso di noi, e le sue applicazioni sono davvero molteplici aggiungendo profondità a molti obiettivi.
E’ possibile anche fare un uso offensivo della cinesi, scagliando contro i nemici bombole esplosive od oggetti contundenti, oppure gli stessi arti amputati ai mostri. Un altro aspetto caratteristico di Dead Space è infatti la crudezza delle uccisioni dei nemici, che si realizzano attraverso veri e propri smembramenti e amputazioni delle varie parti del corpo. Le armi fornite per lo scopo sono molto diverse dalle classiche pistole o mitra; avremo un arsenale composto da lame al plasma, pistole multiraggio, fucili ad impulsi, una specie di motosega chiamata tagliatore ecc, selezionabili attraverso la croce direzionale del joypad. Un corretto uso di queste armi poco convenzionali ci permetterà quindi di tagliare le gambe dei nemici per rallentarli, oppure segare via i loro tentacoli prima che ci possano ferire dando vita a scontri sempre vari e molto, molto splatter, con fiumi di sangue e brandelli di carne sparsi qua e là, corpi mutilati sui quali Isaac può, anzi spesso deve, infierire ulteriormente attraverso pesanti calci o pugni. Si tratta di sequenze crude ma giustificate dalla dura lotta per la sopravvivenza affrontata dal nostro eroe e quindi mai gratuite, perfette nel contesto creato dai ragazzi di Redwood Shores. La telecamera ravvicinata crea solo raramente qualche piccolo problema; quando ad esempio ci troviamo con le spalle al muro rende difficile da mirare un nemico troppo vicino a noi, ma d’altronde il gioco è improntato sul tenere le creature ostili lontane il più possibile e certe situazioni andrebbero comunque evitate. In caso di corpo a corpo con un mostro è comunque prevista la possibilità di reagire attraverso la pressione veloce e continua del tasto A. Se saremo abbastanza veloci vedremo Isaac eseguire diverse mosse per uccidere o comunque allontanare i nemici, se falliremo assisteremo invece ad una morte cruenta in cui il povero protagonista viene decapitato o dilaniato dalle fauci delle creature aliene. Da notare come il tipo di morte cambi di continuo anche quando capita di perire più volte nello stesso punto, ennesimo segno della grande cura riposta in ogni aspetto di Dead Space. Quando invece verremo feriti e l’energia inizierà a scarseggiare, noteremo i primi sintomi ripercuotersi negativamente su Isaac e non solo a livello grafico; il nostro astronauta incomincerà a respirare affannatamente cambiando postura, non riuscendo più a correre e allungando persino i tempi necessari alla ricarica delle armi. Tutto questo dona un grande pathos al titolo, ma non scalfisce minimamente l’ottima giocabilità e la perfetta resa dei controlli che permettono di padroneggiare senza problemi tutte le abilità del protagonista.
Ci sono tre livelli di difficoltà inizialmente selezionabili: facile, medio e difficile. A livello medio il gioco risulta già impegnativo al punto giusto, anche perché la difficoltà è ben calibrata e aumenta progressivamente livello dopo livello. Giocare a difficile invece è un’impresa decisamente più ardua, mentre il livello “impossibile”, che si sblocca dopo aver terminato il gioco, è da veri masochisti; pochissime munizioni, nemici velocissimi e tanto, troppo, resistenti ai nostri colpi; insomma, dedicato solo agli hard-core gamers in cerca di obiettivi rari da sbloccare. A garantire una buona varietà delle missioni contribuiscono invece le aree di gioco a gravità zero, in cui sarà possibile camminare su ogni parete della nave, offrendo quindi molteplici opportunità alla risoluzione degli incarichi richiesti. Ci sono poi le zone con assenza di ossigeno all’esterno dello scafo in cui dovremo fare ricorso alle nostre limitate scorte d’aria per sbrigarci a capire cosa fare nel minor tempo possibile. Queste situazioni hanno ovviamente ripercussioni anche sugli scontri coi nemici, ad esempio in assenza di ossigeno è impossibile usare il lanciafiamme, oppure in assenza di gravità può capitare di venire assaliti dalle varie creature, provenienti da ogni parete e da ogni direzione immaginabile.
Le missioni generalmente consistono nel trovare delle card magnetiche per sbloccare nuove aree o attivare qualche apparecchiatura elettronica utile, ad esempio, ad inserire gli scudi anti-asteroidi della Ishimura oppure ripristinare l’energia di alcuni alimentatori fuori uso. Mai niente di troppo complicato ma quello che in realtà conta davvero è il percorso che si snoda tra un obiettivo e l’altro, la tensione che si accumula percorrendo gli angusti meandri dell’astronave alla ricerca di utili artefatti, sapendo che il pericolo è sempre imminente.La trama forse non brilla per originalità, ma funziona a dovere e riesce a proporre situazioni sempre nuove ed impreviste ogni volta che ci sentiamo vicini alla nostra salvezza, con nuovi problemi da risolvere e nuovo materiale da analizzare. Fortunatamente risulta ottimo anche il sistema di salvataggi, distribuiti con grande frequenza ad ogni angolo della Ishimura, e implementato dalla creazione automatica di check-point temporanei dai quali reiniziare ogni volta che moriamo. Generalmente verremo fatti ripartire un istante prima di aprire la porta dell’area in cui siamo deceduti, o comunque sempre in un punto sicuro del gioco, privo di nemici e pericoli; insomma, un'ottima soluzione che contribuisce a non rendere mai frustrante il gioco, nemmeno nei livelli più ostici e impegnativi.
Diverso invece il discorso riguardante i potenziamenti delle armi e della tuta spaziale; ogni scelta deve essere ponderata bene, perché durante l’intera avventura riusciremo a migliorare solo pochi parametri. Per effettuare un potenziamento avremo bisogno di usare un oggetto chiamato “nodo”, difficile da reperire e tra l’altro utile anche come chiave per aprire stanze altrimenti inaccessibili, dove magari si celano preziose munizioni, ricariche di stasi o indispensabili kit medici; scelte quindi difficili che influenzeranno parecchio il nostro cammino, ma che donano anche maggiore spessore al gioco. Esistono però anche dei distributor automatici, sparsi sui vari livelli della nave, in cui sarà possibile acquistare tutti gli oggetti necessari alla sopravvivenza e depositare temporaneamente il superfluo, perché il nostro Rig ha uno spazio limitato, ampliabile solo attraverso l’acquisto di una nuova tuta con più slot a disposizione. Ogni potenziamento deve essere prima trovato sotto forma di “scheda tecnica”, e poi scaricato in uno dei distributori, prima di poter essere comprato. Difficile quindi sentirsi esonerati dal dedicare un po’ di tempo alla ricerca in ogni angolo della Ishimura di queste schede tecniche indispensabili per ottenere i power-up. Inoltre guadagnare parecchi crediti non è un’impresa facile, alcuni vengono rilasciati dai mostri uccisi, altri sono nascosti in casse o armadietti di sicurezza, e comunque difficilmente si arriverà a possedere grandi somme per lo shopping, costringendoci così a prendere sempre bene la mira e sprecare meno colpi possibili per ogni kill, dato l’elevato prezzo di munizioni e medkit.
Lo splendore del buio
Come accennato all’inizio, il comparto grafico di Dead Space toglie davvero il fiato e riesce a stupire e a lasciare a bocca aperta il giocatore con una frequenza fuori dal comune. Il fiore all’occhiello del titolo sono sicuramente gli effetti di luce e lens-flare, realizzati allo stato dell’arte, applicati con una maestria ed una cura ineccepibili. Negli scenari spesso poco illuminati della Ishimura sono stati posizionati diversi punti luce, di varia intensità e colore che creano bagliori, con toni caldi o freddi, rendendo letteralmente vivo l’ambiente composto da altrimenti asettiche lastre d’acciaio. Il fumo e la nebbia dinamica sono poi la ciliegina sulla torta, e quando si fondono con le calde luci arancioni dell’astronave si assiste ad un tripudio di effetti senza precedenti.
In un gioco svolto interamente all’interno di un’astronave però il rischio di ripetitività e monotonia degli ambienti era davvero alto, ma l’ottimo level design ha sventato il pericolo e il risultato sono location convincenti, sempre varie e diverse tra loro ma con una caratteristica in comune: rasentano il fotorealismo, complice una scelta vincente di gamma dei colori, palette cromatica e relativa saturazione. Nonostante il livello grafico sia sempre altissimo è importante sottolineare come, in alcuni passaggi, Dead Space riesca ad andare ancora oltre, al punto che alcuni momenti sono quasi indistinguibili da un full-motion video. Capiterà spesso di soffermarsi ad ammirare paesaggi spaziali composti da enormi pianeti affiancati da stelle luminose oppure guardare, non senza qualche preoccupazione, una spettacolare pioggia di meteoriti infuocate avvicinarsi alla nostra astronave. Menzione speciale poi per lo scontro finale, in cui la grafica raggiunge i picchi più elevati di questa generazione di console, lasciando chi scrive letteralmente senza parole, estasiato davanti ad un simile spettacolo.
Grande attenzione è stata riposta nel design delle armi e nella loro meccanica; originali, credibili e divertenti da usare, al punto che ci si ritroverà ad usarle tutte indistintamente anche per il solo piacere visivo dei danni truculenti arrecati ai nemici. Impossibile non lodare la realizzazione del fuoco del lanciafiamme, uno degli effetti più reali e belli dell’intero arsenale, davvero spettacolare. Stesso impegno e cura sono stati poi applicati alla modellazione dei nemici alieni e ovviamente del nostro Isaac, dotati di movimenti fluidi, vari e sempre convincenti. I corpi dei nemici possono essere mutilati in più punti e gli effetti visivi ripagano la nostra creatività; nelle zone a gravità zero ad esempio è interessante notare come il sangue, normalmente zampillante dagli arti tranciati, inizi a coagulare lentamente nel vuoto e i vari lembi a fluttuare sullo schermo. Il motore di proprietà di EA Redwood riesce a gestire egregiamente tutto questo splendore e gira perfettamente, senza rallentamenti o cali di frame-rate neanche nelle situazioni più pesanti in cui lo schermo è affollato di poligoni ed effetti di luce.
Il comparto audio, fortunatamente, non è da meno e il gioco meriterebbe di essere venduto in bundle con un impianto dolby surround solo per permettere a tutti di apprezzare l’eccezionale lavoro svolto dagli ingegneri del suono. Il mixaggio degli effetti è paragonabile alle migliori produzioni in DTS, con una tridimensionalità avvolgente che riproduce ogni singolo rumore con una fedeltà e una cura maniacali. Mentre si esplora la penombra degli interni della Ishimura si è perseguitati da effetti audio di ogni genere: passi veloci di alieni sopra di noi, magari nei condotti d’aria, rumori metallici di macchinari malfunzionanti, vetri infranti all’improvviso oppure macabre litanie canticchiate da misteriose voci afone mentre ci avviciniamo a possibili pericoli. Anche il respiro e il battito cardiaco di Isaac sembrano uscire dalla tv per entrare direttamente nella nostra stanza creando un’atmosfera terrificante, esaltata da una colonna sonora perfetta mai invadente ma presente solo nei momenti giusti per enfatizzare l’angoscia ed il terrore che si respirano a bordo. Il gioco è completamente, e ottimamente, doppiato in italiano, e annovera tra le varie voci anche un ospite d’eccezione, il Maestro del brivido Dario Argento: il famoso regista non sembra però a suo agio nel ruolo di doppiatore, producendo quella che è forse la meno convincente tra tutte le voci del gioco.
Conclusioni
Ci sono titoli che trascendono la semplice definizione di gioco e si avvicinano molto di più a quella di “film interattivo”, e Dead Space è proprio uno di questi. Un mix perfetto di adrenalina e paura, con un’atmosfera unica che affascina e coinvolge immediatamente. Una vera perla videoludica, un nuovo punto di riferimento per questo genere di giochi, e in definitiva la vera sorpresa di questo autunno. La relativa semplicità delle missioni (ma non dei combattimenti) e una trama forse non troppo originale sono gli unici punti deboli di un gioco meraviglioso sotto tutti i punti di vista. Stupisce l’ottima longevità (circa 14/15 ore) per un prodotto così curato e graficamente impegnativo, e l’elevato fattore rigiocabilità che spronerà molti utenti a tornare sulla Ishimura per cercare tutti i bonus e gli obiettivi sbloccabili. Un acquisto obbligato per tutti i fan dell’horror, della fantascienza e dei buoni giochi in generale, consigliatissimo comunque anche a tutti quelli che vogliono provare emozioni forti, spaventarsi un pò e ammirare un comparto grafico tra i più impressionanti in circolazione. 9.4
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