Recensione - Bladestorm: La Guerra dei Cent'anni
Come avrete sicuramente capito, l’ultima fatica dell’ormai inseparabile accoppiata Koei-Omega Force, autori storici della serie Dynasty Warriors, questa volta non avrà come ambientazione il periodo feudale giapponese con i suoi leggendari generali, ma per la prima volta dalla nascita della saga si sposterà in occidente, per la precisione nel Vecchio Continente e descriverà un conflitto a noi piu vicino e magari maggiormente conosciuto. Andiamo ora a scoprire se il cambiamento di ambientazione ha finalmente portato delle innovazioni sostanziali anche al gameplay, da sempre votato alla formula del beat’em-up.
La prima cosa richiestaci dal gioco prima di cominciare la campagna (unica modalità presente), è quella di creare il nostro alter-ego virtuale definendone sesso ed aspetto, attraverso un sistema non propriamente profondo che mette a disposizione una decina di modelli pre-impostati tra cui scegliere. Effettuata tale basilare operazione, la battaglia può avere inizio.
L’avventura inizia in una taverna affollata da soldati e mercenari in cerca di svagho nei momenti di libertà tra uno scontro e l’altro, dove un oste, che funge da intermediario tra gli eserciti e i soldati di ventura, dopo averci illustrato lo scenario politico attuale ci offrirà alcuni contratti piuttosto semplici da portare a termine, utili per impratichirci con le meccaniche di gioco. Ci si accorge presto che la taverna è un luogo molto importante: oltre ad accettare i contratti offerti dalle due fazioni, da qui si possono ingaggiare variegate tipologie di truppe per darci man forte sul campo di battaglia, si possono spendere i punti esperienza acquisiti durante gli scontri per migliorare le nostre abilità, si possono acquistare equipaggiamenti migliori per noi e per i nostri soldati o semplicemente si possono ascoltare i racconti di altri mercenari, cosa spesso utile per apprendere nuove strategie di battaglia.
Scelto un contratto a noi congeniale, arriva infine il momento di scendere in campo e dimostare il nostro valore di guerrieri. E’ in questa fase che si nota l’enorme differenza tra Bladestorm: La Guerra dei Cent'anni e gli altri lavori della software-house nipponica. Il gioco si presenta infatti come un interessante ibrido tra uno strategico in tempo reale ed un picchiaduro a scorrimento, dove l’accento viene però posto molto più sul primo aspetto, differenziandolo così da titoli come Kingdom Under Fire, dove l’abilità e i riflessi del giocatore nel tirare mazzate risultavano fondamentali. L’azione prende vita in numerose regioni della Francia come la Bretagna, la Guascogna, le Fiandre ecc, e ciascuna di esse ospita un numero variabile di città e villaggi posti sotto il dominio delle due nazioni in lotta. Solitamente i contratti prevedono la conquista di una o più di queste postazioni per essere considerati onorati, anche se a volte possono esserci piccole varianti come la difesa di uno specifico insediamento.
Ad inizio missione il nostro eroe sarà da solo sul campo di battaglia, e sperare di sopraffare le difese avversarie in una tale situazione di inferiorità numerica è una soluzione da evitare assolutamente: avvicinandoci però ad un gruppo di soldati schierati sul terreno di gioco e premendo il tasto A del nostro gamepad, potremo metterci al comando di tale schieramento potendo quindi tentare un'azione offensiva. Il sistema di controllo è snellissimo e non ci si mette molto tempo ad assimilarlo: la levetta analogica destra è preposta allo spostamento del mercenario e del suo eventuale seguito nelle varie direzioni, quella sinistra è designata alla roteazione della telecamera mentre ai tasti frontali sono assegnati i comandi di truppa.
Tali comandi consistono praticamente in attacchi speciali che variano a seconda del tipo di unità sotto il nostro controllo e che possono essere utilizzati unicamente previo caricamento di una loro specifica barra, che si rigenera con il tempo. Truppe armate con spadoni a due mani possono sfruttare comandi come “braccio d’acciaio” che aumenta temporaneamente il danno inflitto agli avversari o come “onda di spade”, mediante il quale viene generata una poderosa onda d’urto in grado di decimare gli oppositori. Le truppe di cavalleria possono invece sfruttare il comando “carica” per lanciarsi contro le formazioni nemiche e travolgerle o, a seconda del loro equipaggiamento, indebolirle dalla distanza con il lancio di giavellotti.
Sostanzialmente ogni tipo di unità dispone dei propri comandi truppa e il loro uso va ponderato attentamente, proprio per via del fatto che non possono essere utilizzati consecutivamente: trovarsi a dover affrontare una furiosa mischia corpo a corpo senza poter disporre di attacchi particolarmente potenti perchè erano stati usati a sproposito in precedenza, è una situazione sicuramente seccante che si può pagare cara in termini di perdite umane. Il sistema di attacco di base si attiva con la pressione del tasto dorsale destro, che ha l’effetto di lanciare i componenti del proprio manipolo contro i nemici più vicini, spingendoli in violenti scontri in mischia. In queste fasi di gioco il controllo sul nostro personaggio sarà piuttosto limitato: non pensate di poter concatenare combo su combo, ripararvi dai colpi, schivare o saltre come avveniva nei vari Dinasty Warriors, perché qui la frequenza dei colpi e l’eventuale possibilità di interdire gli attacchi dipende esclusivamente dall’esperienza del personaggio.
Le unità che potremmo utilizzare durante le battaglie sono molteplici e come sempre presentano i loro punti di forza e le loro debolezze. La cavalleria ad esempio risulta letale per le armate di fanteria, che possono essere facilmente spazzate via con qualche carica, ma risultano vulnerabili contro i soldati armati di picche o lance o agli attacchi degli arcieri. Strumenti di assedio come catapulte o cannoni arrecano terribili danni da lontano, ma sono pressochè inermi qualora gli avversari riescano a chiudere la distanza. Comprendere quale tipo di unità utilizzare in una determinata situazione risulta quindi indispensabile per trionfare in battaglia.
Abbiamo accennato in precedenza che la maggior parte dei contratti richiede la conquista di una determinata location, sia essa un piccolo villagio o un’importante città. Una cosa gradevole è che comunque viene concessa la possibilità di conquistare anche altri centri abitati prima di concentrarci sul bersaglio designato e ciò, oltre che aumentare il nostro livello di fama tra gli altri mercenari e guadagnare qualche soldino in più, ha ripercussioni anche a livello tattico, dato che nel turno di battaglia successivo avremmo a disposizione più punti di partenza tra cui scegliere per muoverci, oltre che più posizioni per ripristinare il numero delle nostre milizie. Le misisoni infatti sono strutturate a turni che hanno la durata di un giorno nel mondo di gioco; al calare delle tenebre entrambi gli schieramenti cesseranno le ostilità e si ripartirà il giorno seguente. I contratti prevedono spesso un tempo limite di qualche giorno per essere portati a termine, scaduto il quale la missione è da considerarsi fallita.
Graficamente Bladestorm si difende piuttosto bene, pur senza stupire o segnare nuovi standard qualitativi. Il design dei soldati è molto curato e armi ed armamenti dell’epoca sono riprodotti in maniera piuttosto fedele. Capita tuttavia che qualche personaggio chiave che si incontrerà durante l’evolversi della trama, mostri un design un po’ troppo orientale che tende a stridere nel contesto medioevale del gioco, ma d’altro canto gli sviluppatori sono pur sempre asiatici, quindi qualche piccola “licenza” la si può anche concedere. Anche gli scenari, peraltro molto estesi sia in termini di superfice totale sia per il campo visivo, con un orizzonte posto ad una ragguardevole distanza, sono molto più curati che in passato, con macchie di vegetazione molto fitte che si intervallano ad ampie spianate erbose, edifici ricchi di particolari e corsi d’acqua ben riprodotti. Non mancano gli effetti speciali, anche se non se n’è fatto un uso massiccio, con nebbie volumetriche ad arricchire le già suggestive scenografie conferendo loro quell’aspetto tetro che in un gioco di guerra certo non guasta.
Non proprio convincenti invece le animazioni dei soldati, o meglio, la sincronizzazione di queste ultime durante gli scontri. Quando i componenti della nostra squadra incrociano le spade con una qualsiasi unità ostile, essi si muovono all’unisono, compiendo gli stessi movimenti in maniera contemporanea generando così una “coreografia” davvero brutta a vedersi e soprattutto per nulla realistica. A parte questo però c’è da dire che gli scontri trasmettono un buon feeling, dando una sensazione di caos davvero palpabile, soprattutto quando sul campo si scontrano decine e decine di soldati contemporaneamente.
Anche il sonoro è stato realizzato in maniera molto attenta, con una colonna sonora epica che si sposa alla perfezione con l’ambiente di gioco e degli effetti sonori splendidamente riprodotti.
C’è però una grave pecca in Bladestorm, che ne mina pesantemente la struttura ed influenza negativamente e drasticamente il giudizio finale. Questa falla risiede purtroppo nell’aspetto fondamentale di qualsiasi videogame: la giocabilità. Come detto in precedenza, le molte tipologie di unità disponibili sono bilanciate ed equilibrate tra loro in maniera piuttosto oculata, tranne però che per la cavalleria: essa risulta decisamente troppo superiore a qualsiasi altra unità, disponendo di una velocità nettamente maggiore e di attacchi davvero devastanti (come la carica). E’ vero, è vulnerabile a picchieri e arcieri, ma in effetti è in grado di sconfiggere abbastanza agilmente entrambe le unità, prendendo ai fianchi la prima (e la manovra di aggiramento è sin troppo semplice) e attaccando in mischia la seconda (gli arcieri sono inermi a distanza ravvicinata). Una volta assimilato l’uso della cavalleria, e dopo sver speso un po’ di punti esperienza per potenziare le statistiche dei cavalieri, ci si trova tra le mani l’arma definitiva che rende superfluo l’impiego di altri soldati.
Altro fattore che lascia molto l’amaro in bocca, è che non si possono in alcun modo controllare gli spostamenti delle altre truppe presenti sul campo di battaglia: esse procedono per la loro strada in maniera apparentemente indipendente dalle nostre scelte tattiche, impedendoci di fatto di poter studiare delle strategie di ampio respiro, costringendoci il più delle volte a seguire la massa per godere di un vantaggio numerico sui nemici. C'è infine la tremenda ripetitività delle situazioni: dalla prima all’ultima missione non si fa altro che assediare fortezze, massacrando le unità poste a loro difesa per poi espugnarle; il tutto diverte per non più di sei-sette ore, ma alla fine si sprofonda nella monotonia più totale. Peccato, anche perché la lunghezza del titolo sarebbe stata certamente apprezzabile, con un 20-25 ore di gioco per completarlo: il problema è che dopo un po’ viene a mancare qualsiasi stimolo per procedere nell’avventura, considerando anche il fatto che la poca trama narrata tra una missione e l’altra si dipana con un ritmo lentissimo e risulta priva di mordente.
Insomma, lo sbarco nel medioevo europeo non ha portato bene a Koei; indubbiamente apprezzabile lo sforzo di sviluppare un titolo che si discosti dal filone dei picchiaduro a scorrimento, il risultato finale non è molto incoraggiante però. I puristi dei titoli strategici lo considereranno indubbiamente troppo semplice e per nulla appagante, mentre gli amanti dell’azione nuda e cruda lo troveranno troppo lento e noioso. La strada imboccata potrebbe però portare a qualcosa di nettamente migliore in futuro, se gli sviluppatori aggiusteranno il tiro e calibreranno meglio alcuni aspetti. Forza Koei, provaci ancora. 6.0
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