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Dragon Age: The Veilguard
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Recensione - Dragon Age: The VeilguardXbox OneGame

Dopo dieci lunghi anni dall’uscita dell’ultimo capitolo, con Dragon Age: The Veilguard BioWare ci riporta nel regno di Thedas per raccontarci una nuova storia, saldamente ancorata al passato, ma cercando una nuova strada da intraprendere per il futuro della saga. Ci sarà riuscita? Scopriamolo assieme nella nostra recensione!

Il Gioco

Cos'è Dragon Age? Potrebbe sembrare una domanda sciocca, ma chi segue con fervore e interesse la saga creata da BioWare ormai 15 anni fa, sa che la risposta potrebbe rivelarsi più complicata del previsto. Perchè si, stiamo parlando di un GDR fantasy, arrivato con Dragon Age: The Veilguard alla sua quarta iterazione. Ma mai come in questo caso, abbiamo assistito a un mutamento doveroso nel cuore dell’esperienza, per conformarsi idealmente a un mercato sempre più vario ed esigente. Se il primo Dragon Age: Origins era un GDR isometrico, con un combattimento più tattico e ragionato, con il passare degli anni (e dei sequel), la saga ha imboccato poco alla volta una deriva sempre più action, aggiungendo meccaniche e funzioni spesso volte ad accogliere un pubblico più ampio. Perchè Dragon Age è figlio di BioWare, e quest’ultima è anche l’autrice dell’epopea sci-fi Mass Effect, il cui successo ha contaminato poco alla volta l'avventura fantasy ambientata nel regno di Thedas. Arriviamo così a Dragon Age: The Veilguard: annunciato nel lontano 2018 con il titolo inizialre Dreadwolf, il nuovo GDR di BioWare si impone di essere un nuovo punto di partenza per lo studio di sviluppo, il cui nome - un tempo sinonimo di eccellenza - si è scontrato con la genesi di prodotti poco lungimiranti come Mass Effect: Andromeda e Anthem.

MX Video - Dragon Age: The Veilguard

Sono passati dieci anni dagli eventi di Dragon Age Inquisition, il cui finale dà l’incipit a questo nuovo capitolo. Solas, membro dell’Inquisizione e amico del precedente protagonista, ha rivelato la sua vera identità. Egli non è un semplice elfo, ma un antico dio, il cui piano è quello di compiere un rituale in grado di squarciare il Velo (una magica barriera invisibile che separa il mondo materiale dal mondo immateriale, chiamato Oblio) per ripristinare un mondo ormai, secondo la visione del dio elfico, colmo di malvagità e sofferenza, e per questo motivo irrecuperabile. L’Inquisizione, o sarebbe più opportuno dire ciò che ne resta, si mette sulle tracce di Solas per fermarlo prima che sia troppo tardi. Noi impersoniamo Rook, un nuovo protagonista reclutato dalle vecchie conoscenze Varric e Harding con lo scopo di fermare Solas, che è in realtà è il Dreadwolf, il Temibile Lupo. Un nome dal retaggio nefasto, che porta uno sguardo colmo d'orrore sul volto di chiunque lo senta nominare.

Questa è la premessa con la quale iniziamo la nostra avventura in Dragon Age: The Veilguard, non prima però di aver creato il nostro alter ego delineandone il passato e impostando le scelte fatte nel precedente gioco. Questa soluzione, oltre che consentire una certa continuità nella saga, permette a chi non ha mai giocato un Dragon Age di avere un contesto sul quale posare il suo punto di partenza. Il nostro Rook si può personalizzare completamente grazie all’immancabile editor, che in questo caso si presenta piuttosto avanzato e potente. Dopo aver scelto il sesso e il pronome del nostro alter ego, dovremo decidere la razza, scegliendo tra Umano, Elfo, Nano e Qunari. Le opzioni di personalizzazione estetiche sono piuttosto vaste e, con la giusta dose di pazienza, sarete in grado di ottenere il personaggio che più desiderate. Fatto questo sarà il turno di selezionare la classe tra le tre disponibili: Guerriero, classe specializzata nell’utilizzo di spada e scudo o imponenti armi a due mani, Ladro, dove il focus sarà il combattimento con due spade corte o nell’utilizzo di un arco per gli attacchi a distanza, ed infine il Mago, dotato di un bastone arcano per lanciare potenti attacchi magici, oppure una daga affilata carica di magia, da usare negli scontri più ravvicinati. Ogni classe poi porta con sé tre specializzazioni, che si focalizzano su determinati stili di combattimento e abilità. Come ultimo passo bisogna scegliere il background del protagonista, associandolo a una organizzazione di cui ha fatto parte in passato, come i Custodi Grigii, i Drago d’Ombra, i Signore della Fortuna, ecc. Selezionare un determinato background rispetto a un altro non stravolge più di tanto l’esperienza, ma introduce scelte e linee di dialogo aggiuntive durante i colloqui con gli altri NPC, che possono aumentare il vostro legame con quel particolare personaggio.

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Una volta conclusa la fase di creazione, ci ritroviamo subito nella mischia, con un fase introduttiva piuttosto guidata che funge da tutorial, ambientata nella città di Minrathous. Qui le cose vanno piuttosto male, con il borgo messo sotto assedio dalla setta dei Venatori e dai demoni, fuggiti dall’Oblio a causa del rituale che Solas si sta accingendo a concludere. Non intendo svelare oltre sul plot narrativo imbastito da BioWare, ma sappiate che la storia principale vi porterà a scontrarvi con più Villain, con il nostro Rook che dovrà viaggiare per tutto il Thedas settentrionale e reclutare quanti più aiutanti possibili per fermare l’imminente fine del mondo, a causa della Corruzione, antiche divinità elfiche e devastanti Draghi.

Delineato l’incipit, è tempo di addentrarci nel cuore dell’opera, che mai come in questo caso risulta più contraddittoria che mai, frutto di uno sviluppo evidentemente travagliato che nel corso degli anni ha mutato l’identità del titolo BioWare. Dragon Age: The Veilguard si presenta come il più classico degli action-RPG, portandoci ad esplorare una stratificata scelta di location come imponenti città, zone selvagge ricche di vegetazione e rovine, tetri dungeon e luoghi alquanto surreali. Non si può certo non lodare il team per aver cercato di infondere una certa varietà, rendendo ogni luogo riconoscibile e unico. Altra lungimirante scelta è stata quella di aver saggiamente evitato di costruire imponenti mappe open-world, ma di suddividere il mondo di gioco in macro-aree molto più contenute. Questa mossa si è rivelata vincente, in quanto ha concesso agli artisti del team di modellare gli scenari con una razionale consapevolezza su cosa concentrarsi, impreziosendoli con un level design rifinito e sensato. Se durante le fasi iniziali dell’avventura si ha la sensazione di addentrarsi in scenari piuttosto lineari e anonimi, avanzando nell’avventura le cose cambiano drasticamente. I mondi si aprono rivelando aree nascoste, segreti da scoprire, tesori da raggiungere e un sistema di scorciatoie che ricompensa sempre l’esplorazione. Inoltre, tornando nelle varie regioni dopo aver reclutato un nuovo compagno, si possono usare le sue abilità per accedere ad aree prima irraggiungibili, contornando l’opera di un sapore da metroidvania-like che giova molto all’esperienza complessiva.

Ogni regione e location ha i suoi segreti e pericoli. Nelle città come Treviso e Minrathous, muovendosi tra i palazzi di corte ed affollati mercati, ci si può imbattere in assassini letali nei vicoli più malfamati. Nelle zone più selvagge e remote, come le soleggianti coste di Rivain o la tetra quanto maestosa Necropoli, i pericoli sono maggiormente presenti, sia in numero che in potenza. Tra legioni di non morti, Banditi di Qnari, Demoni, Sette di Venatori e Costrutti Arcani, il cast degli avversari si presenta piuttosto diversificato e sempre coerente alla regione che si sta esplorando. Muovendosi tra le mappe, completando semplici quest, si possono trovare forzieri contenenti loot, sacche di denaro e materiali, utili per potenziare il proprio equipaggiamento.

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Ma come ogni titolo BioWare, anche la componente sociale ha il suo peso assieme a combattimento ed esplorazione. Chiacchierando con i vari personaggi che incontreremo durante le quest più importanti, oppure parlando con i nostri compagni, abbiamo a disposizione un sistema di dialogo a scelta multipla che ripercorre i classici stilemi di BioWare. Potremo scegliere di essere gentili, sarcastici, arroganti oppure compassionevoli. Inoltre, in base alla classe, razza o background scelto, in alcuni dialoghi avremo accesso a delle scelte aggiuntive da cui attingere. Purtroppo però, a differenza dei precedenti capitoli, non sembra di avere davvero un qualche peso decisionale sulla conversazione. Certo, alcuni alleati potrebbero approvare o disapprovare il nostro comportamento, definendo in meglio o in peggio il nostro rapporto con loro, ma non si ha mai davvero la sensazione di avere tra le mani il famoso ago della bilancia. Inoltre, non essendoci abilità come persuasione o intimidazione, scordatevi di risolvere conflitti con la parlantina, eccetto in rarissime occasioni piuttosto pilotate. Oltre a poter aumentare (o diminuire) il legame con i vostri Compagni, nel mondo di gioco ci sono ben sei fazioni con le quali trattare, ognuna associata ad una rispettiva regione del Thedas. Per esempio a Treviso sono insidiati i Corvi di Antiva, una specie di Gilda degli Assassini. Nelle coste di Rivain operano i Signori della Fortuna, una sorta di Gilda dei Ladri dedita più al recupero di tesori che al furto, e così via. Svolgendo incarichi o vendendo particolari merci di valore, si può aumentare la propria reputazione con queste Fazioni. Avere una buona reputazione con una di esse permette di avere accesso ad armi ed equipaggiamenti unici, oltre che mercanzia rara e preziosa. Non vi preoccupate però, perché a differenza di titoli recenti come Star Wars Outlaws, in Dragon Age svolgere incarichi per una Fazione non comprometterà la vostra reputazione in un’altra, lasciandovi la più completa libertà di decidere a chi e con quale priorità dedicare i vostri servigi.

Parlando del sistema di combattimento, il titolo risulta piuttosto semplice e appagante pad alla mano. Con il tasto X si effettua un attacco normale, mentre con Y si sferrano attacchi pesanti. In base alle abilità sviluppate, sfruttando questi due tasti si possono dare vita a combo dinamiche e spettacolari, passando con velocità da un nemico all’altro. Il tasto B è dedicato alla schivata, mentre il tasto A serve per saltare ed arrampicarsi per scale o sporgenze. Con LB si richiama la parata, che con il giusto tempismo, può dare sfogo a Parry utili a sbilanciare l’avversario. Con il tasto RT invece si utilizza l’attacco a distanza, che differisce in base alla classe scelta. Nel caso si vogliano sfruttare le abilità vostre o dei compagni, il gioco ci propone due possibilità. Il migliore è sicuramente sfruttare la Pausa Tattica, richiamabile tenendo premuto il tasto RB. Da questo menu a comparsa si può scegliere che abilità tra quelle assegnate utilizzare, semplicemente selezionandola con la levetta. Sfruttando determinate sinergie tra voi e i vostri compagni, si potranno combinare le abilità, per dare vita ad attacchi più distruttivi e potenti. Le abilità, sbloccabili tramite lo Skill Tree che vedremo in seguito, hanno scopi e utilizzi diversi. Alcune sono dotate del perk Sbilanciamento, utili a stordire il nemico su cui eseguire poi un attacco speciale che frutta ingenti danni. Altre per esempio sono fornite di Detonazione, perfette per infrangere gli scudi dei nemici più ostici. Saper combinare e sfruttare le varie abilità sarà importante per avere la meglio negli scontri più impegnativi. Il combattimento risulta quindi sempre frenetico, veloce, coreografico, sapendo anche essere tattico e ragionato, soprattutto nei livelli di difficoltà più elevati. Nel caso non vogliate sfruttare la pausa tattica, potrete richiamare le abilità in qualunque momento con un menù meno invasivo tenendo premuto il tasto LT.

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Per quel che concerne i compagni che si uniranno alla vostra causa contro il Temibile Lupo, questi in tutto risultano essere sette, presentando un cast alquanto variegato. Dalla maga investigatrice ad un assassino posseduto da un demone, a un negromante attratto dalla morte e dai modi raffinati, i nostri compagni coprono i caratteri e le classi più disparate. Durante le nostre scorribande è possibile portarsene dietro solamente due, formando un team di tre eroi. È importante sviluppare un buon rapporto con loro, sia per migliorare il loro livello e abilità, sia per avere accesso a quest dedicate. Infatti ogni personaggio, chi più chi meno, ha un suo arco narrativo, con uno scopo da raggiungere. Aiutandoli nella loro impresa si viene ricompensati con loot, punti esperienza e la loro lealtà, che a nostra discrezione si può far sfociare anche nella classica romance targata BioWare. Nel caso il nostro rapporto vada male, non temete perché non ci si trova mai nella situazione di vedere un compagno abbandonarci nel momento del bisogno. Potrebbe esserci un sentimento di antipatia, ma ci seguiranno sempre fino alla fine. Avere un buon rapporto e una certa affinità è utile anche in combattimento, sfruttando le sinergie tra noi e loro, concatenando le nostre abilità. Inoltre, oltre ad avere uno Skill Tree dedicato (e molto più ridotto del nostro), i compagni possono anche essere personalizzati nell’equipaggiamento, nelle abilità e nel vestiario, migliorando e incantando perfino le loro armi e armature come meglio crediamo.

Parlando invece dell’equipaggiamento, Rook può portare con sé svariate armi, armature, talismani e altri oggetti, senza alcun problema di peso. Il nostro eroe può indossare un elmo, un’armatura, una cintura curativa, un talismano e due anelli. Per quel che riguarda l’armamentario, ogni classe dispone di due configurazioni: un set per un’arma a due mani e un set per un’arma per mano. Per esempio impersonando il Mago, nel set dedicato all’arma a due mani bisogna equipaggiare il tipo di Bastone Arcano che si preferisce, mentre nell’altro set bisogna scegliere in una mano una daga con cui infliggere danni fisici e ravvicinati, mentre nell’altra mano il tipo di Sfera Arcana con cui scagliare gli incantesimi, che possono essere di Fuoco, Gelo, Necromanzia, ecc. Nel caso del Guerriero, nella prima configurazione si equipaggia un’arma a due mani, mentre nella seconda una combinazione di spada e scudo, e così via.

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L’equipaggiamento inoltre non può essere venduto, ma anche nel caso delle armi o armature più deboli, queste possono essere potenziate e aumentare di rarità. Una spada non comune può diventare rara ed essere migliorata, sbloccando perk e aumentando il suo potere di attacco e di sbilanciamento. I perk che un pezzo di equipaggiamento può ottenere sono vari, come per esempio nel caso di una spada magica, questi aumenta la percentuale di danni necrotici o i danni critici in combattimento. Mentre per migliorare la rarità dell’oggetto bisogna trattare con i mercanti delle Fazioni o recuperare il potenziamento nei forzieri nascosti e disseminati per le varie mappe. Infine per migliorare le statistiche è necessario rivolgersi al Custode, una misteriosa figura presente al Faro, il campo base dei nostri eroi, con cui potenziare l’arma usando i materiali raccolti in giro per il Thedas.

Per muoversi attraverso le varie mappe si utilizza il Crocevia, una regione dell’Oblio dove sono situati diversi specchi magici chiamati Eluvian. Questi specchi permettono di raggiungere la loro controparte nel mondo materiale, ovunque si trovi. Con questo escamotage narrativo BioWare è riuscita a collegare regioni del Thedas altrimenti molto distanti tra loro, trasformando viaggi lunghi ore in pochi istanti. Il Crocevia inoltre non è un semplice hub con cui raggiungere le varie location, ma anch’esso nasconde segreti, tesori e nemici pericolosi. Attraverso il Crocevia si può raggiungere anche il già menzionato Faro, un palazzo diroccato e fluttuante che funge da campo base. Qui Rook può parlare con i propri compagni, personalizzare l’arredamento, migliorare l’equipaggiamento parlando con il Custode e scoprire diversi segreti opzionali, che possono perfino plasmare scelte importanti che si dovranno intraprendere in futuro. È consigliato tornare al Faro dopo ogni quest principale, per parlare con i propri compagni. Alcuni dialoghi importanti per esempio potrebbero non essere più disponibili dopo alcuni eventi, compromettendo la vostra affinità con alcuni personaggi e lo svolgere delle loro quest. Inoltre è proprio al Faro che avranno luogo le conversazioni più rilevanti, con scelte da prendere in base alla situazione. Alcune di esse possono portare a destini diversi per alcuni personaggi, modificare radicalmente alcune location e, sì, cambiare anche il finale.

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Parlando invece dello Skill Tree, questo si presenta molto vasto e ricco di potenziamenti e perk da sbloccare, spendendo i punti abilità ottenuti ad ogni nuovo livello. Ci sono le Abilità, da assegnare negli slot e da usare in combattimento. I Perk, che aggiungono effetti o modificano alcune abilità, come l’aumento del raggio di attacco di una magia o la percentuale di successo per un attacco critico. I tratti, che possono essere combo da usare in combattimento sfruttando gli attacchi normali e pesanti. Infine ci sono gli aumenti di statistiche, come accrescere la propria barra della salute, il recupero della Mana o della Stamina. Una cosa importante da tenere a mente è che ogni Skill Tree ha tre diramazioni che portano ognuna ad una Specializzazione di Classe, sbloccabile dal livello 20. Una volta scelta una Specializzazione non si può tornare indietro e sceglierne un’altra, quindi muovetevi con attenzione attraverso questo menu, magari indirizzandovi già verso il tipo di specializzazione che si vuole ottenere.

Arriviamo dunque ad una analisi del comparto tecnico e audio, che nell’opera di BioWare si muove tra alti e bassi. Se da un lato c’è una direzione artistica pregevole, dall’altro non si può fare a meno di constatare una realizzazione tecnica fallace, complice dello sviluppo lungo e travagliato. Alcune texture e modelli 3D sono in bassa qualità, in aggiunta ad animazioni legnose e spesso riciclate. Sia chiaro, il colpo d’occhio globale rimane gradevole, con qualche sporadico momento di meraviglia. Ma è decisamente troppo poco, considerando il tempo di sviluppo e le ambizioni che l’opera si porta dietro. Per quel che concerne il comparto sonoro troviamo un audio di buona qualità, per quel che riguarda i suoni ambientali e l’effettistica, con una recitazione dei personaggi che si attesta perlopiù su ottimi livelli, nonostante la scrittura tutt’altro che memorabile. Davvero un gran peccato per la colonna sonora poco incisiva, che non riesce a trasmettere enfasi nei momenti più epici della storia. Concludo con un consiglio: il gioco propone i due classici preset grafici Prestazioni e Qualità, permettendo di scegliere una maggiore fluidità o una migliore resa visiva. Dopo averli testati entrambi, consiglio di giocare in modalità Prestazioni. Il gioco scorre fluido senza intoppi a 60 fotogrammi al secondo, con un minimo impatto sulla resa grafica. La modalità Qualità, nonostante non incanti più di tanto con la resa dell’immagine, i riflessi sulle superfici e l’illuminazione, rimane ancorata faticosamente ai 30 fotogrammi al secondo che, data la natura dinamica e veloce del gioco, minano notevolmente l’esperienza.

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Amore

Gameplay profondo e stimolante

- Ammetto che durante le prime fasi ero rimasto piuttosto turbato dalla deriva banale e lineare del gameplay, temendo che BioWare avesse completamente perso la strada. Fortunatamente il gioco dopo una lenta fase iniziale, con tutti i suoi elementi ruolistici, emerge con prepotenza manifestandosi in un assuefacente gameplay loop che azzera o quasi nella sua totalità ogni momento morto. I combattimenti sono divertenti da giocare e piacevoli da guardare, ornati da piacevoli effetti particellari di altissima qualità prodotti da esplosioni e magie. Il cospicuo numero di abilità, con la potenzialità di dare sfogo a potenti combo, donano all’opera un contesto tattico che appaga dopo ogni vittoria. Anche la gestione dell’inventario, del crafting e del sistema di dialogo funziona perfettamente, impreziosendo l’opera di molte meccaniche di ruolo profonde e curate.

Un ricco mondo da esplorare

- Le varie mappe che costituiscono il mondo di gioco sono traboccanti di tesori, segreti ed enigmi. Esplorare le diverse regioni si rivela sempre piacevole e mai tedioso, complice un level design della maggior parte degli scenari raffinatamente progettato per donare una costante sensazione di continuo appagamento durante l’esplorazione. Capire come abbassare un ponte, aprire un passaggio segreto, risolvere un puzzle, il tutto per raggiungere lo scintillante forziere, sa essere un accattivante incentivo per tutti quei giocatori che fanno dell’esplorazione un elemento importante nella propria esperienza di gioco. Ci sono comunque aree molto meno riuscite di altre, che non riescono a trasmettere le stesse sensazioni. Per esempio ho trovato le mappe ambientate dentro le città di Treviso e Minrathous tristemente poco stimolanti da esplorare rispetto alle regioni più rurali, colme di sentieri nascosti, foreste, antiche rovine, città naniche sotto le montagne e templi dimenticati. Ma nonostante questo, anche gli scenari meno riusciti sono infusi di un level design decisamente stimolante.

Attività e contenuti in abbondanza

- Dragon Age: The Veilguard non è un gioco di piccole dimensioni, per niente. L’opera di BioWare è stracolma di contenuti e quest da svolgere, tra missioni principali, secondarie, imprese dei Compagni e quest legate ai luoghi che esplorerete. Inoltre tutta questa abbondanza è distribuita con dovizia e non vi ritroverete mai ad essere accerchiati ansiosamente di cose da fare. Tutto è dosato in modo che arrivi al momento opportuno, trasmettendovi la sensazione di continua scoperta durante l’avventura. Sappiate che se siete intenzionati ad esplorare ogni angolo del Thedas, svolgere ogni quest e svelare ogni mistero, il gioco potrebbe tenervi occupati per circa 80/100 ore di gioco.

La magia BioWare non è del tutto perduta

- Questo non è di certo il miglior gioco BioWare e nemmeno il miglior capitolo di Dragon Age visto finora, ma dopo i tonfi di Andromeda e Anthem fa piacere vedere che la scintilla magica dello studio che ha incantato le sue opere più famose persiste ancora. Ci sono momenti durante i dialoghi con i compagni o specialmente durante i momenti corali, in cui il gioco ci ricorda che stiamo giocando un'opera di BioWare in tutto e per tutto. Grazie a una caratterizzazione dei personaggi stratificata, i momenti dove tutti compagni si riuniscono per discutere della situazione danno risalto all’opera, portandoci alla memoria le lunghe chiacchierate sulla Normandy nella saga di Mass Effect. Certo, la scrittura è decisamente inferiore, ma se siete preoccupati che BioWare abbia completamente perso il tocco nel raccontare storie, sarete felici di essere smentiti.

La lore di Dragon Age e dove trovarla

- Con molta probabilità questo Dragon Age sarà il primo gioco della serie provato da molti giocatori, e come sempre capita quando si inizia una saga da un capitolo avanzato, c’è il rischio di trovarsi spaesati in un mondo che non conoscono. Per questo ho apprezzato notevolmente la sezione Biblioteca presente nel gioco. Nel menu dove troviamo l’inventario, lo skill tree e la mappa, è presente un vasto catalogo di informazioni suddiviso in tre sezioni. Il Codice, che racchiude tutte le informazioni che si raccolgono nel mondo di gioco, siano esse libri, racconti, leggende o altro. Il Glossario, che raccoglie tutta la terminologia della saga di Dragon Age dal nome dei luoghi alle religioni, magie, razze, tipi di nemici e così via. Infine ci sono le Missive, che non sono altro che le lettere ricevute da Rook da alcuni personaggi durante l’avventura. Tutto è così ordinato e ben catalogato che chiunque voglia apprendere per bene la lore di Dragon Age, avrà a disposizione tutti gli strumenti necessari.

Odio

Storia sotto tono

- Duole confermare che la storia di Dragon Age: The Veilguard è decisamente inferiore rispetto agli standard della serie, in particolare dei primi due capitoli. Le vicende che fanno da sfondo alla trama principale, per quanto di dimensioni monumentali, non sono per nulla seducenti. Manca l’epica e il pathos che ci aspetteremmo da un’opera come questa. La scrittura non brilla più come un tempo, specialmente per quel che concerne gli antagonisti principali, ad esclusione di Solas. Stendiamo un velo pietoso sui personaggi secondari, semplici macchiette animate da una scrittura banale e sempliciotta che risalta in ogni dialogo. Si salvano da questo tormento i compagni, anche se siamo lontani dagli standard di eccellenza a cui ci ha abituati BioWare nel corso dei decenni.

Tecnicamente grezzo

- Sappiamo come lo sviluppo travagliato di un titolo possa portarsi dietro importanti cicatrici al suo debutto sul mercato, e così purtroppo è per questo nuovo Dragon Age. Il gioco, che ricordiamo essere stato annunciato nel 2018 anche per le console di vecchia generazione, presenta una realizzazione tecnica decisamente poco brillante. La modellazione poligonale è buona, mentre la resa delle texture si attesta su una qualità altalenante. Certo, il colpo d’occhio globale si regge sulle sue gambe, ma è chiaro che qualcosa non quadra. Anche le animazioni durante i dialoghi e la frequenza con cui si ripetono danno l’idea che questa versione di Dragon Age 4 sia piuttosto “giovane”. È risaputo che l’idea iniziale per questo quarto capitolo fosse quella di espandere il comparto multiplayer, già presente in forma marginale nel precedente capitolo, probabilmente seguendo la scia di Anthem. Molte cose sono cambiate da allora e sembra proprio che questo Dragon Age: The Veilguard sia stato costruito con quello che BioWare aveva a disposizione, ripescando asset e funzioni dalla precedente versione multigiocatore. Anche la gestione dei forzieri e del loot ricorda molto le meccaniche che si trovano in giochi multiplayer come Destiny 2 per esempio. Perfino alcuni livelli, collocati in regioni che non si possono più rivisitare dopo aver completato la quest attorno alla quale sono cuciti, ricordano molto gli Assalti del titolo Bungie. Insomma, non sono rare le occasioni in cui il gioco si nota come il gioco avesse inizialmente aspirazioni diverse.

Musiche memorabili cercasi

- È un gran peccato che la colonna sonora non sia all’altezza della saga. Dimenticatevi le melodie composte da Inon Zur per Dragon Age II, perché qui siamo su un altro livello, e non in meglio. Le melodie che ci accompagnano durante l’avventura non sono brutte, sia chiaro, ma non riescono nemmeno a enfatizzare e donare la giusta importanza all’epica del racconto. Ed è un peccato che in un’opera fantasy così colma di storie, la musica sia lasciata indietro, senza mai toccare nessuna corda emotiva nel giocatore.

Il vecchio è meglio del nuovo

- Più che un difetto vero e proprio, questa è una constatazione che si è concretizzata durante la mia run. A mio avviso questa nuova BioWare ha provato a riproporre la sua formula in tutto e per tutto, senza però eccellere in nessuno dei suoi elementi. Il sistema di combattimento, per quanto divertente, appare limitato rispetto agli altri titoli dello studio. Così come la componente GDR e il sistema di scelte durante i dialoghi, mai davvero impattante come in passato. Ma è nella scrittura che il terreno frana terribilmente, perché il nuovo cast non è all’altezza dei precedenti e si nota soprattutto quando si ha a che fare con personaggi provenienti dai vecchi capitoli. Il confronto è impietoso e soprattutto è un’ammissione dell’attuale BioWare nel non saper gestire i vecchi personaggi, perché probabilmente non ne ha più le competenze. Questa è una mancanza a cui BioWare deve sopperire quanto prima, se è davvero intenzionata a riprendere in mano la saga di Mass Effect.

Tiriamo le somme

Cosa è davvero Dragon Age? Con questa domanda mi sono permesso di aprire questa lunga analisi dedicata all’ultima fatica di BioWare e qui, alla sua fine, provo a dare una risposta. Dragon Age è la saga che ha permesso a BioWare di raccontare sé stessa, tra i suoi successi e fallimenti, e con questo Dragon Age: The Veilguard il team di sviluppo ci sta dicendo che ha capito cosa vuole essere davvero: vuole tornare a raccontare grandi storie, portarci in luoghi fantastici, permetterci di tracciare il nostro destino e, soprattutto, vivere l’esperienza in solitaria e senza nessuna componente multigiocatore. Peccato solo che l’abbia capito così tardi, perché Dragon Age: The Veilguard trascina con sé tutti gli errori del suo recente passato. Il sistema di combattimento, per quanto divertente, è innegabilmente limitato, la scrittura si perde in un calderone di banalità e il comparto grafico è figlio di un continuo cambio di identità, portando l’opera ad essere schiacciata dagli altri esponenti del genere. Ma questo nuovo Dragon Age è anche divertente da giocare, seducente da esplorare e colmo di ricchezze da vivere e scoprire. E scusate se, in un mercato sempre più stantio e traboccante di titoli noiosi confezionati attorno ad una bella grafica, questo è ancora troppo poco.
7.5

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L'autore

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Nato 500 anni dopo la sua epoca ideale, è un appassionato di videogiochi e cinema fin da quando era bambino. Megalomane, egocentrico e inspiegabilmente affascinante, crede di sapere tutto sul mondo videoludico e cinematografico, non accettando obiezioni. Nessuno è pari alla sua magnificenza.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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