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The Plucky Squire

Recensione - The Plucky SquireXbox Series X | S DigitalGame

Devolver Digital ci porta finalmente l'accattivante mondo di The Plucky Squire, lo “scudiero coraggioso” che si muove tra le pagine di un libro per bambini… ed oltre! Scopriamolo insieme nella nostra recensione.
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Il Gioco

C’era una volta (o c’è tuttora, o ci sarà in futuro... questo non è chiaro!) un bel libro illustrato per bambini, un grande libro rettangolare, con una solida rilegatura ed una copertina rosso acceso. Su questa copertina faceva bella mostra di sé Pennino, l’indomito eroe di tante imprese a difesa di Mojo, il fiabesco regno della regina Chroma, raccontate nel libro. In particolare, il libro raccontava di come Pennino sia responsabile del fallimento delle ripetute trame del malvagio mago Brontolomeo per impossessarsi del potere. Tutto sembrava quindi andare per il meglio, con Pennino idolatrato dai grati abitanti di Mojo, quando Brontolomeo si imbatté nella meta-magia, i cui poteri gli aprono gli occhi sull’esistenza di una Realtà esterna alla propria, rendendolo capace di comunicare con essa: tese così una trappola a Pennino e lo proiettò al di fuori della loro realtà, sicuro di avere a questo punto campo libero per le proprie brame di potere e di poter quindi cambiare il destino del reame rispetto a quanto descritto nel libro.

Pennino d’altra parte apprese la sconvolgente verità che la realtà come l’aveva sempre conosciuta era soltanto una rappresentazione contenuta in un libro, calato in un contesto infinitamente più vasto ed in cui si trovava ora catapultato. Rientrato nella propria realtà grazie all’intervento del mago buono Moonbeard, Pennino era pronto ad affrontare il perfido Brontolomeo, in un’epica avventura a cavallo tra i due mondi.

MX Video - The Plucky Squire

Questo è quanto ci fa vivere The Plucky Squire all’inizio della campagna, ed è all’incirca il punto in cui noi giocatori diventiamo effettivamente padroni del destino di Pennino, dopo questa fase introduttiva che opera anche da tutorial. Per un bel tratto iniziale di campagna (all’incirca un paio di capitoli sui dieci che compongono l’intera Campagna) l’elemento “multidimensionale” viene messo da parte e ci possiamo concentrare sul mondo all’interno del libro, muovendoci in un’ambientazione da pseudo-2D (non proprio a due dimensioni, visto che ad esempio si può camminare dietro alle case) che anche per lo stile grafico facilmente porta alla memoria gli storici giochi della serie Zelda e l'infinita schiera dei loro emuli. Sebbene quindi l’impianto non sia particolarmente originale, il gioco colpisce subito per la creatività e la qualità della direzione artistica: ad esempio, quelli che in un gioco “normale” sarebbero cambi di stanza, o di zona, in The Plucky Squire si traducono in pagine che si voltano, di cui possiamo godere grazie alla particolare prospettiva/inquadratura, che ci rende costantemente consapevoli di essere osservatori di vicende che si svolgono all’interno di un libro.

Durante queste fasi iniziali abbiamo modo di fare conoscenza con gran parte dei comprimari che ci accompagneranno, tra cui il già citato mago Moonbeard (appassionato di dj-ing) con il suo non troppo affidabile assistente, il topolino Pip, e soprattutto i fidati amici Violet e Thrash. Mentre Moonbeard (immaginatelo come il Gandalf della situazione) tornerà utile nel corso della trama per dotare Pennino di abilità particolari, i due amici si limiteranno ad accompagnarci salvo intervenire alla bisogna in appositi minigiochi basati sulle loro peculiari abilità. Violet dovrà saggiare le sue abilità magiche in una sorta di Puzzle Bobble dove abbinare le giuste sostanze (leggi: colori), mentre Thrash dovrà cimentarsi in un semplice ma perfido rhythm-game “alla Guitar Hero” in cui mettere alla prova il senso del ritmo sviluppato come aspirante batterista.

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Quanto a Pennino, lui è munito della sua fidata spada che può usare per menare fendenti a distanza ravvicinata, oppure per attacchi di tipo diverso: Pennino può imparare a scagliare la spada a mo’ di boomerang, a prodursi in una sorta di mulinello utile per trarsi d’impiccio se circondato ed infine ad eseguire un “attacco in salto” anche questo destinato a generare un danno nell’area circostante. Queste abilità si possono sbloccare, e successivamente upgradare, presso i chioschi di Martina piazzati qua e là nella mappa di gioco, dove è possibile convertire l’ispirazione raccolta (sotto forma di lampadine) sconfiggendo nemici, o cercando tra cespugli e alberi: se volete sbloccare e livellare tutte le abilità è fondamentale esplorare minuziosamente ogni livello ed eliminare ogni nemico, basta perderne per strada più di qualcuno per non averne la quantità sufficiente per sbloccare tutto!

Va detto che, a parte ambizioni “completiste”, i combattimenti sono decisamente abbordabili, per cui il gioco si può tranquillamente terminare anche con un approccio più frettoloso e procedendo con armi non portate al massimo! La varietà dei nemici è buona, alcuni sono più fastidiosi di altri (attenzione ad esempio agli arcieri ed in generale a tutti quelli dotati di un attacco a distanza), però tutti vengono sconfitti con pochi colpi e anche gli occasionali mini-boss non rappresentano un effettivo problema. Inoltre, sconfiggendo gli avversari il gioco è sufficientemente generoso nel droppare cuori che vi permettono di recuperare uno dei sei slot che rappresentano il livello di salute del nostro eroe. Peraltro va segnalato che The Plucky Squire propone non solo una modalità “Storia” che riduce questi combattimenti a pura formalità, ma anche specifiche opzioni di accessibilità, quali l’invincibilità di Pennino o la possibilità di abbattere qualsiasi nemico con un solo colpo... possibilità sicuramente benvenute in un gioco che non fa mistero di strizzare l’occhio anche e forse soprattutto ad un pubblico di giovanissimi.

Sempre durante questi capitoli iniziali, si ha modo di familiarizzare con i puzzle che rappresentano l’aspetto più interessante di questa fase. Di base si tratta di giochi di logica da superare per ottenere chiavi o comunque realizzare determinate condizioni che consentono al nostro gruppo di proseguire. La particolarità introdotta da The Plucky Squire è che spesso la soluzione passa anche dall’utilizzo di... specifiche parole! In sostanza, Pennino è in grado di interagire con quelle che a prima vista sembrano normali didascalie della scena rappresentata nella pagina (ad esempio: “Il ponte era distrutto”). Rimuovendo da esse una data parola, per sostituirla con una recuperata altrove, il cambio di senso apportato alla frase verrà immediatamente riflesso nel mondo di gioco, permettendoci quindi di trarre vantaggio da uno scenario opportunamente alterato. In caso di difficoltà, si può essere aiutati anche ad affrontare questo elemento del gioco: nelle vicinanze di ogni puzzle si trova sempre un Minibeard , un “clone in miniatura” di Moonbeard, con cui è sufficiente interagire per ricavare suggerimenti utili a risolvere il puzzle.

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Dopo queste prime fasi, e senza voler qui spoilerare nel dettaglio i perché e i percome della cosa, The Plucky Squire giunge finalmente a dispiegare completamente il proprio potenziale, introducendo la possibilità per Pennino di uscire letteralmente dal libro, per avventurarsi nella cameretta di Sam, il bambino proprietario del volume. E’ un passaggio che ha su chi gioca un grande effetto (almeno, lo ha avuto sul sottoscritto!) perché contestualmente si verifica un totale cambio di registro. Si passa ad un mondo completamente tridimensionale, creato con cura certosina e caratterizzato da una palette di tonalità e da scelte di illuminazione totalmente diverse da quanto visto “dentro” il libro. Inoltre, dal momento che Pennino mantiene in sostanza le dimensioni che aveva sulla pagina, anche la miniaturizzazione del protagonista che viene messo a confronto con oggetti della quotidianità (oggetti semplici come righelli o matite, ma anche oggetti più notevoli come una casa delle bambole di cinque piani che dobbiamo esplorare...) ha sicuramente un effetto straniante e, aggiungo, molto probabilmente vi potrà far rivivere un feeling alla “It Takes Two”. In queste escursioni nel mondo esterno, per così dire, si è impegnati in fasi di esplorazione e platforming, con l’obiettivo di giungere ad impossessarsi di un oggetto necessario al prosieguo dell’avventura. Non mancano anche in questo contesto i combattimenti, anzi ho trovato apprezzabile e divertente che essi non differiscano in nulla rispetto a quanto si possa trovare dentro al libro: abbiamo esattamente le stesse abilità da utilizzare contro le stesse tipologie di nemici... solo che il tutto avviene in tre dimensioni e con una grafica ben più dettagliata! Aggirarsi nel mondo tridimensionale si rivela un’esperienza affascinante e ricca di sorprese, anche perché i designer di All Possible Futures hanno abilmente sfruttato l’abilità di Pennino di potersi trasferire non soltanto nel suo libro d’origine, ma in qualunque superficie a due dimensioni dotata dell’apposito “portale” di meta-magia: eccoci quindi a camminare lungo (dentro?) la decorazione di una tazza, oppure usare un foglio di carta per “arrampicarci” sopra una scatola.

Procedendo nella campagna, Pennino troverà nel mondo esterno oggetti speciali che lo renderanno in grado di interagire dall’esterno con il proprio mondo. Si innesca in questo modo una nuova meccanica che rende l’esperienza proposta da The Plucky Squire ancora più peculiare. Pennino sarà in grado di uscire dal libro e voltarne la pagina (fino all’inizio del capitolo in cui ci troviamo) per in un certo senso “teletrasportarsi” nella pagina prescelta: ad esempio, per risolvere i puzzle di cui abbiamo già parlato potrebbe essere necessario andare a recuperare una parola in cui ci si è imbattuti qualche pagina più indietro! O ancora, se abbiamo raccolto immaginazione sufficiente per livellare un’abilità, nulla ci impedisce di uscire dal libro, voltare qualche pagina fino a trovarne una con un chiosco di Martina dove procedere a fare shopping, per poi ritornare all’ultima pagina scoperta. Procedendo nella storia si sbloccano via via nuove possibilità di manipolare il libro e i suoi contenuti, le quali vengono sfruttate per arricchire notevolmente la complessità e la varietà dei puzzle proposti: Pennino potrà ad esempio inclinare una delle due pagine del libro, facendo in modo che per gravità determinati oggetti scivolino, cambiano posizione. Oppure ancora applicare degli speciali “timbri” su un oggetto del mondo-libro, per immobilizzarlo, o addirittura per farlo esplodere.

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Come già accennato, il gioco è articolato in dieci capitoli, durante i quali potremo visitare tutte le diverse aree del reame di Mojo, ciascuno dotato di proprie caratteristiche e di una ambientazione riconoscibile. Tra tutte, raccomando di cogliere l’occasione di visitare per bene la capitale Artia, nel quinto capitolo: la città è disseminata di famosi artisti (si va da Van Gogh a Banksy), incantevoli nella loro rappresentazione. L’ascesa finale al covo di Brontolomeo può far azzardare un parallelo con Il Signore Degli Anelli: il lungo viaggio compiuto da Pennino abbandona progressivamente le bellezze naturali per addentrarsi in un mondo tetro nel quale dominano il ferro e il fuoco. Non è il caso di illustrare in dettaglio il (prevedibile) scontro finale con Brontolomeo, ma si può dire che avrete modo di mettere alla prova tutto quanto appreso nel corso della Campagna!

Sotto il profilo tecnico, naturalmente The Plucky Squire non ha velleità da gioco ad alte prestazioni, tant'è vero che non sono previste opzioni di configurazione del dettaglio grafico o del refresh-rate: ad ogni modo sotto il profilo prestazionale il gioco non ha palesato problemi. Mi sono invece imbattuto in qualche inciampo a livello di pulizia generale del codice, con bug rari ma non proprio rarissimi, che in alcuni casi mi hanno obbligato a ricaricare il salvataggio: nulla ad ogni modo che non si possa correggere con un aggiornamento, anzi in parte è già stato fatto con alcuni interventi post-rilascio.

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Infine, un “post scriptum” utile anche a dare conto di un fattore importante. Durante tutta la recensione abbiamo parlato dei due protagonisti Pennino e Brontolomeo: si tratta di nomi “ufficiali” in quanto compaiono nella scheda di presentazione del gioco, ma non li troverete nel gioco, perché The Plucky Squire non prevede localizzazioni, per cui vi troverete per forza ad usare i nomi inglesi: Pennino è Jot, mentre Brontolomeo va sotto il nome di Humgrump. Chissà però che questi nomi tradotti non possano essere un segnale incoraggiante per una eventuale futura localizzazione... si tratterebbe di un’aggiunta di non poco conto.

Amore

Un concept intrigante

- Non so se sia un concept totalmente originale nel panorama del gaming, e tutto sommato non è nemmeno importante: quello che è importante è che l’idea di poter passare dal mondo del libro al mondo esterno in cui il libro stesso si trova, rappresenta un’eccellente trovata che dona a The Plucky Squire personalità (merce davvero rara di questi tempi di cloni e remake) e fascino. Ho trovato particolarmente apprezzabile che un gioco che certo non fa mistero di rivolgersi (anche) ai gamer di più verde età, abbia al centro della propria struttura uno spunto così sofisticato, come la multidimensionalità e la nostra percezione di essa, e lo illustri magistralmente in modo intuitivo. L’immagine di Pennino che “esce” dal libro e letteralmente cammina sopra il proprio mondo è una rappresentazione efficacissima di questo fenomeno, al pari del ben noto esempio della matita che perfora il foglio bidimensionale ripiegato, che abbiamo visto (spero tutti!) nel film Interstellar.

Fantasia a ruota libera

- Dal punto di vista visivo, sia per quanto riguarda le scelte estetiche che per il world-building vero e proprio, The Plucky Squire si merita il massimo dei voti e direi pure una bella Lode. Il comparto artistico è davvero molto ispirato e, per l'appunto, non è solo questione di avere personaggi cartooneschi pucciosi che furbescamente sanno fare breccia nel cuore di grandi & piccini! Una segnalazione va alle raffinate scelte di impaginazione del “libro virtuale” in cui si svolge la vicenda, con illustrazioni che (spesso allargandosi su entrambe le pagine) giocano creativamente con la geometria rettangolare del volume, propongono palette cromatiche sempre diverse, giochi di chiaroscuro, un lettering mai banale. Ma davvero, sottolineare questo aspetto suona quasi come un torto alla cura certosina con cui è stata realizzata la cameretta di Sam, dove ci avventuriamo quando usciamo dal libro. La creatività, come detto, non si esprime peraltro solo nella qualità artistica, ma anche nell’originalità di alcune trovate e di molti personaggi: dal tasso del miele pugilista, ai topini metallari, fino ad un clamoroso mago-dj... è lungo l’elenco di personaggi memorabili che testimoniano la divertita e divertente fantasia con cui i creativi di All Possible Futures si sono sbizzarriti in questo progetto.

I minigiochi

- Credo sia giusto fare un plauso all’introduzione dei divertenti minigiochi con cui The Plucky Squire ci chiede di cimentarci durante la Campagna. Oltre a quelli veri e propri, di cui si è detto e che hanno un ruolo importante per scandire le fasi della boss-fight finale, ci sono anche occasioni in cui vengono inserite meccaniche che hanno fatto la storia del gaming, rendendo omaggio a celebri titoli del passato. Troviamo ad esempio una sezione di Donkey Kong “al contrario” (in cui bisogna scendere da una serie di piattaforme, “inseguiti” da massi che precipitano), oppure una sorta di Centipede in cui sparare a bruconi che diventano sempre più corti e veloci. Sono passaggi non certo essenziali nell’economia del gioco, ma che ho apprezzato non solo perché danno una gradita iniezione di vitalità ad un gameplay dal ritmo abbastanza compassato, ma anche e soprattutto perché testimoniano la dedizione dello sviluppatore nell’arricchire quanto possibile il loro gioco di contenuti e suggestioni: siamo certamente di fronte ad un progetto che va ben oltre al mero “compitino” ben svolto.

Odio

Dialoghi faticosi

- Procedendo nella campagna, il sistema di presentazione dei dialoghi, con un riquadro che contiene una singola frase pronunciata da uno degli interlocutori dal quale bisogna “avanzare” per poter leggere la frase successiva (diciamo “alla jRPG”) diventa sempre più faticoso, mal conciliandosi con un gioco che invece avrebbe bisogno di più ritmo e scorrevolezza. Si arriva ad una nuova sezione già mentalmente pronti a premere ripetutamente il tasto A per avanzare nel dialogo, confidando in un numero ragionevole di frasi da far passare, prima di poter finalmente continuare a giocare. Ritengo si potesse fare di meglio, “asciugando” dialoghi spesso prolissi e soprattutto implementando meccanismi di presentazione differenti, meno invasivi dell’azione, ad esempio mostrando più frasi contemporaneamente.

Salvataggi troppo diradati

- In The Plucky Squire non è possibile salvare a proprio piacimento ed i punti di salvataggio gestiti dal gioco sono decisamente poco frequenti, per di più disposti in maniera abbastanza arbitraria. Ciò comporta una certa scomodità quando si desidera uscire dalla sessione di gioco (è raro veder Pennino morire e quando ciò si verifica si viene immediatamente ributtati nell’azione, senza che serva recuperare il salvataggio). Quando si va sul comando “Quit” per uscire dal gioco, ci viene indicato a quanto tempo prima risalga l’ultimo salvataggio e non è raro che si tratti di qualche minuto! Va detto che la funzione Quick Resume della nostra Xbox è ben supportata e questo permette di aggirare il problema, nondimeno in termini di game design mi pare una scelta senza molto fondamento: sarebbe stato decisamente più pratico ed intuitivo avere un punto di salvataggio automatico in occasione del nostro arrivo in ciascuna delle pagine del libro.

Gioco anch’io? No, tu no!

- La maghetta Violet ed il troll di montagna Thrash ci accompagnano per tutto l’arco della campagna, ma si limitano per lo più a fungere da controparti nei dialoghi, spiegandoci l'evolversi della situazione e compiacendosi delle nostre prodigiose azioni. Entrano in combattimento soltanto nella parte finale (ma senza che li si possa controllare, giusto per creare un bilanciamento col numero di nemici messi in campo da Brontolomeo) ed in occasione dei due minigiochi a loro dedicati. E’ un peccato perché, pur senza arrivare a pretendere una modalità cooperativa, le loro abilità distintive si sarebbero potute sfruttare di più durante le fasi di gioco, prevedendo situazioni in cui metterci al controllo di uno di questi due personaggi, il che avrebbe sicuramente giovato alla varietà del gameplay.

Tiriamo le somme

Forte di un concept dal buon potenziale e di una direzione artistica davvero ispirata, The Plucky Squire riesce facilmente (e con pieno merito) a farsi notare e amare a prima vista. Procedendo nel gioco si vive però una progressiva perdita d’entusiasmo, dovuta ad un gameplay che risulta un po’ troppo monotono e compassato. I più giovani, da considerare il bacino d’utenza primario di questo gioco, non avvertiranno probabilmente questo problema e dalla prospettiva di un player in età scolare, The Plucky Squire merita serenamente almeno un voto in più rispetto a quello riportato qui sotto. Per un giocatore più “navigato”, è forse prevalente l’ammirazione per la raffinatezza di certe trovate e situazioni, rispetto all’effettivo divertimento e coinvolgimento nel gioco. Detto questo: ce ne fossero!
8.0

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L'autore

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La sua passione per il gaming nasce nel lontanissimo 1982 con Gorf per Vic-20, ma da quando ha scoperto le "gioie" della caccia agli obiettivi, gioca solo su Xbox. Il suo nemico giurato è l'Arretrato, smisurato ed in costante aumento. Maguzzolo però non si arrende: armato di sei console ed un numero sterminato di controller, continua a dare battaglia.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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