Recensione - The Last Case of Benedict Fox
Il Gioco
Il mistero è uno degli elementi fondanti di The Last Case of Benedict Fox e lo si capisce fin da subito, visto che il gioco, senza troppi preamboli, ci inserisce nel vivo dell’azione, lasciandoci soltanto intuire alcuni contorni della vicenda che ci troviamo a vivere. La cinematica introduttiva ci fa vedere Benedict, un investigatore privato del tutto sui generis (a noi italiani potrebbe ricordare sotto alcuni aspetti il celebre Dylan Dog), intrufolarsi in un appartamento parigino per appropriarsi di un dossier dedicato al padre, grazie al quale riesce ad apprendere che il genitore vive a Boston. Il dossier appartiene all’organizzazione Ordo Ira Dei, istituita con l’intento di porre un freno alle sperimentazioni esoteriche del “Primo Girone”, una sorta di loggia massonica occultista di cui Fox padre è membro. Dopo una rocambolesca fuga sui tetti, che funge anche da tutorial per le mosse di gioco basilari, ci ritroviamo quindi in Massachusetts, con Benedict che fa il suo ingresso titubante nella lussuosa, ma inquietante magione del padre.
MX Video - The Last Case of Benedict Fox
Basta una sommaria esplorazione della villa per farci imbattere nel cadavere di nostro padre, palesemente morto di morte violenta, ma senza che sia possibile ricostruire l’accaduto. Cosa è capitato? Chi lo ha ucciso? Per fare luce sulla vicenda e sui suoi collegamenti con un oscuro Rituale, Benedict fa ricorso ai poteri del suo Compagno, un “demone” (in mancanza di definizioni migliori) con cui vive in una simbiosi in qualche modo derivante da esperimenti esoterici condotti dal padre e dalla sua cerchia di cultori dell’occulto. Il Compagno non solo può venire in aiuto di Benedict utilizzando i suoi tentacoli, ma è anche in grado di creare una connessione con il corpo del defunto e di proiettare Benedict all’interno del Limbo, una sorta di dimensione parallela dove prendono sostanza i ricordi, pensieri e ossessioni dei rispettivi titolari: senza svelare altro, diciamo che quello del padre, non sarà l’unico Limbo che Benedict si troverà a visitare.
Il Limbo è un luogo labirintico, decisamente molto più esteso di quanto possa apparire a prima vista, per la cui esplorazione è fondamentale sfruttare i Punti di Ancoraggio, che connettono il Limbo con il piano della realtà. Ogni Ancora viene attivata nel momento in cui riusciamo a raggiungerla e a debellare le creature eventualmente poste a guardia di essa. Da quel momento è possibile utilizzarla non solo per uscire dal Limbo e tornare nella villa, ma anche per spostarsi istantaneamente tra le Ancore attive, nonché per effettuare un’operazione fondamentale: depositare l’Inchiostro raccolto.
Si tratta inoltre di un luogo infestato da creature ostili, incubi partoriti dalla mente che Fox si trova ad esplorare: uccidere (per la prima volta) tali creature permette di raccoglierne l’Inchiostro, una sorta di ambra intrisa di materia demoniaca e dotata di notevoli poteri. Con una meccanica da classico souls-like, l’Inchiostro viene lasciato sul terreno in caso di morte prematura ed è necessario tornare a recuperarlo: qualora capitasse di morire un’altra volta prima di averlo recuperato, l’Inchiostro viene perduto e ritorna in “dotazione” ai mostri a cui apparteneva.
I Frammenti sono l’altra risorsa importante di cui possiamo impossessarci, questa volta non uccidendo nemici bensì raccogliendo oggetti e risolvendo misteri. I collezionabili sono davvero molti, è di certo ben trovato il titolo “Il primo di molti” dell’obiettivo che viene sbloccato raccogliendo il primo oggetto collezionabile, dato che il Limbo è letteralmente disseminato di oggetti da raccogliere, più o meno nascosti. Alcuni hanno un ruolo cardine nello sviluppo della vicenda, altri sono meri collezionabili che forniscono però sempre indicazioni utili per comprendere meglio il contesto della vicenda. I Frammenti raccolti entrano permanentemente in nostro possesso: anche quando si finisce vittima delle creature ostili che abitano il Limbo, essi rimangono nelle nostre tasche.
Con espedienti narrativi che non serve svelare, il gioco introduce progressivamente alcuni NPC che non solo contribuiscono ad espandere la narrazione, ma soprattutto fungono da particolarissimi “negozianti” presso i quali possiamo servirci per potenziare le nostre abilità e dotazioni, utilizzando le risorse raccolte. L’amico Harry (il grande illusionista Houdini!) è pronto a venderci slot per pozioni rigeneranti, nonché amuleti che ci garantiscono invulnerabilità o invisibilità momentanea (inoltre, quando avremo ottenuto la torcia elettrica, ci offrirà anche utilissimi potenziamenti per essa), in cambio di una certa quantità di Frammenti. La misteriosa Tatuatrice è invece in grado di piegare l’Inchiostro ai suoi voleri e possiamo affidarle l’Inchiostro raccolto, che userà per creare tatuaggi corrispondenti ad altrettante abilità che vanno ad arricchire il set di mosse di Benedict. Nelle cantine della villa prende poi posto un Fabbro che, in cambio di Frammenti e di alcuni specifici oggetti, provvede a migliorare sotto diversi aspetti le nostre armi (Fox può fare affidamento sul proprio coltello e su una pistola che si ricarica a seguito di fendenti portati a segno) e gadget.
L’interazione con questi personaggi è fondamentale, dato che la possibilità di arrivare in determinate zone del Limbo (e di conseguenza a determinati oggetti e snodi narrativi) dipende dall’avere o meno a disposizione uno o più dei vari potenziamenti possibili. In particolare, il primo momento di grande “apertura” del gioco lo si vive quando si riesce a consegnare al Fabbro tutto il necessario per rendere pienamente funzionante il Conundrum, un particolare dispositivo mediante il quale prende quota la componente del gioco dedicata al puzzle-solving. Quest’oggetto contiene un meccanismo di cifratura e decrittazione, basato su un (reale) sistema di codifica risalente ai monaci cistercensi, che consente di rappresentare con un unico simbolo grafico i numeri fino a quattro cifre. Il sistema viene sfruttato dal gioco in numerosi contesti: può servire per aprire delle porte, oppure casseforti trovate in accampamenti nemici (eh si, perchè nel Limbo si trovano non soltanto “demoni”, ma anche Agenti della Ordo Ira Dei, inviati dal nostro arci-rivale, l’Inquisitore, con lo scopo di fermare Benedict e impadronirsi delle conoscenze sul Rituale da lui acquisite), o ancora per attivare misteriose Fratture, capaci di donare a Benedict particolari abilità.
Non è questo l’unico tipo di ostacolo che condiziona la possibilità di Benedict di muoversi liberamente nel Limbo: ci sono infatti porte di varie tipologie, alcune si aprono posizionando opportunamente carte dei Tarocchi che è possibile trovare nel mondo di gioco, altre richiedono di avere a disposizione determinati oggetti (rimaniamo volutamente nel vago...) ed infine sezioni avvolte dall’oscurità che è possibile esplorare soltanto una volta entrati in possesso della torcia elettrica. The Last Case of Benedict Fox ci porta quindi ad esplorare ed attraversare ripetutamente l’ambiente di gioco, dando ampia opportunità alle magnifiche ambientazioni di fare la dovuta presa. Il motore Unity gioca in casa quando si tratta di platformer 2D ed in effetti gli scenari che si possono contemplare nel gioco, con le loro forme smussate e le variegate palette di colori pastello, rivelano immediatamente l’engine su cui si poggia il gioco. Dal punto di vista delle performance, c’è senz’altro spazio per un lavoro di ottimizzazione, ma il ritmo compassato del gioco rende tollerabili gli occasionali inciampi del frame-rate, che si verificano in realtà solo quando avvengono spostamenti assai bruschi, ad esempio quando si precipita per parecchi metri da una piattaforma in posizione elevata. E’ possibile optare per una modalità grafica Performance, ma personalmente ho preferito la modalità Qualità: il guadagno in termini di frame non mi è parso evidente ed appunto le meccaniche di gioco non inducono a desiderare una fluidità maggiore di quella percepita giocando a pieno dettaglio.
L’esperienza di gioco che deriva da tutto ciò è decisamente coinvolgente, ci si trova di continuo stuzzicati dal desiderio di accedere ad una zona fino a quel momento preclusa, o di tornare a ragionare su quel certo enigma che non s’è ancora riusciti a decifrare. Sicuramente The Last Case of Benedict Fox richiede una certa dose di pazienza e di determinazione, ma sa anche ripagare con un gameplay che si arricchisce costantemente di nuove meccaniche e soprattutto con la gratificante sensazione di riuscire ad avvicinarsi, oggetto dopo oggetto ed indizio dopo indizio, al cuore del mistero, svelando via via la intricata rete di rapporti che ruotano intorno al protagonista e al suo passato. Va però anche rilevato che la trama non riesce a fare il decisivo salto di qualità: pur muovendo da premesse ricche di potenzialità (chi non è intrigato da misteri legati a misteriose congreghe occultiste e da esplorazioni del subconscio?) e sviluppandosi seguendo una sceneggiatura priva di clamorosi passi falsi, non riesce ad instaurare quella forte empatia emotiva che altri titoli simili, ad esempio i due Ori, hanno saputo raggiungere.
Per quanto riguarda la longevità del gioco, The Last Case of Benedict Fox per sua natura esaurisce gran parte della propria attrattiva una volta conclusa la prima run e portato a conclusione il caso del titolo (conclusione vera? Mi permetto di consigliarvi di lasciar scorrere fino in fondo i titoli di coda...). E’ possibile eventualmente cimentarsi con un secondo playthrough innalzando il livello di sfida, approfittando delle apposite opzioni: ad esempio, è possibile rendere più impegnativi gli scontri ed inoltre anche attivare l’opzione per la quale basta un solo colpo per causare la morte di Benedict. D’altra parte, è un gioco che andrebbe affrontato con la giusta calma: soffermandosi sulle magnifiche ambientazioni (che meritano tutta la nostra attenzione) e prendendosi il dovuto tempo per cimentarsi con gli enigmi, senza magari affrettarsi a recuperare immediatamente la soluzione da qualche parte. Un playthrough che vada a cogliere tutto quanto il gioco ha da offrire, in termini di quest secondarie, zone esplorabili e collezionabili può tenervi impegnati per non meno di 15 ore.
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