Recensione - Deliver Us Mars
Il Gioco
Deliver Us the Moon riuscì a far innamorare molti giocatori, come il sottoscritto, per la sua atmosfera, storia e accuratezza scientifica (sebbene contenesse qualche licenza narrativa, come anche nel nuovo gioco); Deliver Us Mars è arrivato quindi con le migliori premesse. Come il titolo fa intendere, il gioco è ambientato principalmente su Marte ma non manca qualche piccola sezione sulla Terra e sulla Luna. La protagonista è Katie, il cui padre è un astronauta membro del Consiglio Lunare che ha rubato una delle Arche per fuggire su Marte, abbandonando figlia e terrestri a una morte lenta su una Terra ormai arida a causa del cambiamento climatico. E’ proprio questo uno dei temi forti che vengono trattati in Deliver Us Mars, che ci racconta di una vera e propria distopia in cui l’umanità non è riuscita a far fronte all’aumento smisurato di CO2, trasformando il nostro pianeta in una realtà “come Marte”.
MX Video - Deliver Us Mars
Come il predecessore, Deliver Us Mars è estremamente lineare nella narrazione e non c'è azione oltre all'interazione con oggetti e dispositivi. Possiamo quindi qualificarlo senza dubbio nella categoria dei cosiddetti “walking simulator”, infatti non esiste nessuna occasione in cui siamo in reale pericolo di vita, se non quando con un’azione sbagliata si cade nel vuoto, o si rimane coinvolti in un’esplosione di qualche oggetto sparso nell’ambiente. A dire la verità l’unico momento realmente pericoloso è durante le varie sessioni di scalata alla piccozza che si trovano di tanto in tanto. Qua e là infatti, sono presenti lunghe sessioni di scalata che non vengono gestite automaticamente come in molti action game moderni, ma che devono essere effettuate manualmente valutando la distanza della falcata e la durezza della superficie in cui piantare i picconi. Un po’ frustrante all’inizio, soprattutto se pensate di cavarvela velocemente come in Tomb Raider, ma una volta imparata, questa meccanica sa regalare soddisfazioni.
La prima cosa che salta all’occhio una volta lanciato il gioco è purtroppo la pochezza del comparto grafico. In particolare i modelli poligonali e facciali dei personaggi sembrano presi e piazzati direttamente dai modelli di default dell’Unreal Engine. Tuttavia i problemi non finiscono qui, perché in generale il gioco è stato tecnicamente concepito come un gioco di un paio di generazioni fa; sembra quasi di giocare a una remastered di un gioco per Xbox 360, nonostante lo stiamo invece giocando su Xbox Series X. Animazioni legnose, personaggi che invece di camminare “pattinano”, salti sproporzionati (ho pensato che magari questo potesse essere una chicca dovuta alla gravità di Marte che è inferiore a quella della Terra, in realtà i salti sono uguali anche nelle sezioni sulla Terra), muri invisibili, niente tracce di impronte sulla sabbia né del personaggio né dei veicoli, fastidioso pop-up delle textures e intere ambientazioni che sembrano proprio non averle. Non proprio incoraggiante per un gioco uscito nel 2023, pur essendo in una fascia budget e dopo aver visto l’ottimo lavoro fatto con Deliver Us the Moon, che nonostante fosse anch’esso un gioco “budget”, aveva un comparto tecnico al top.
A fare da contraltare a questo, però, c’è una colonna sonora da pelle d’oca che in certi temi mi ha ricordato quella di Interstellar. In realtà il gioco nel suo insieme mi ha ricordato più volte il capolavoro di Nolan, per motivi che non andrò a indicare per evitare spoiler. Lungo il viaggio, per proseguire con la narrazione, è inoltre necessario risolvere alcuni enigmi. Quello che preferisco è quello che permette di sbloccare gli ologrammi che spiegano cosa è successo su Marte negli anni che hanno preceduto il nostro arrivo. Un disco olografico ha tre parti staccate che gli fluttuano intorno. Il compito è ricongiungere tutte e tre le parti al disco principale attraverso il movimento della visuale del robottino volante che accompagna la protagonista sui territori marziani.
Un altro minigioco con cui si avrà parecchio a che fare serve a ripristinare l’energia a determinate parti dell’area in cui siamo per aprire porte necessarie a proseguire. Per fare ciò dobbiamo manovrare un fascio di microonde per collegare alcuni collettori. Avremo a disposizione a un certo punto anche riduttori di tensione e sdoppiatori. Quest’ultimo enigma è quello che mi ha lasciato più pensare e che mi ha rovinato più l’atmosfera perché, capisco le esigenze di gameplay, ma se mi stai narrando una storia realistica non puoi inserire continuamente una tipologia di puzzle che non avrebbe nessun senso in una stazione spaziale vera. Questo genere di puzzle va bene nel contesto narrato in un titolo come Portal, non qui, o perlomeno non così spesso.
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