Recensione - New Tales from the Borderlands
Il Gioco
Trovo che New Tales from the Borderlands sia un titolo decisamente azzeccato. Giusto che non sia un Tales From The Borderlands 2, perché le due vicende non sono tra di loro collegate (beh, oddio...) ed il cast dei protagonisti è totalmente diverso: insomma, non è un sequel. Ma al tempo stesso la fedeltà al primo Tales From The Borderlands è palese: nelle scelte stilistiche come in quelle di game design, Gearbox ha scelto di muoversi in fortissima continuità con l’illustre predecessore ed è pertanto giusto che questo secondo episodio ne riproponga con orgoglio (e contando su un sicuro “effetto nostalgia”) il nome. Iniziamo allora col dire in cosa consiste il gioco, per quelli (pochi, si presume) che non avessero familiarità con il catalogo Telltale. Si tratta di un'avventura cinematografica in cui il giocatore segue le vicenda non diversamente da come potrebbe fare con un film, salvo essere chiamato ad intervenire per determinare in quale direzione la trama debba muoversi: che si tratti di scegliere quale risposta dare a una domanda o decidere una tra varie azioni possibili, o superare o meno uno dei famigerati QTE ("Quick Time Events", momenti in cui il gioco, per dare la sensazione della concitazione di una scena, ci chiede di premere una sequenza di tasti col giusto tempismo), ogni nostro input ha delle conseguenze che fanno avanzare il gioco lungo un percorso diverso. Ne consegue che non c'è quasi mai un unico finale predeterminato e che comunque non c'è un solo modo per giungervi… tutto dipende dalle nostre scelte.
MX Video - New Tales from the Borderlands
Questa è la formula portata al successo da Telltale Games nello scorso decennio con numerosi titoli e a cui questo New Tales from the Borderlands si mostra del tutto fedele. Fedeltà che si ritrova anche nella suddivisione in episodi della trama (ne abbiamo cinque, ciascuno articolato in vari capitoli), anche se a differenza di quanto accadde a suo tempo, queste nuove Tales sono pubblicate fin da subito nella loro interezza, con tutti gli episodi disponibili e addirittura giocabili senza aver completato quelli precedenti: in tal caso il gioco applica in automatico delle scelte per consentirci di iniziare direttamente dal punto desiderato. Per quanto riguarda invece quanto già giocato, in ogni momento è possibile selezionare un determinato episodio/capitolo per poterlo rigiocare. Così facendo inevitabilmente viene azzerato il progresso già conseguito a partire dal punto selezionato, ma si può approfittare della comoda funzione di copia del salvataggio: abbiamo a disposizione 4 slot di salvataggio e possiamo quindi mantenerne uno come “master”, da duplicare di volta in volta per sperimentare gli effetti di una diversa decisione compiuta in un determinato frangente.
Altra caratteristica che accomuna New Tales from the Borderlands al suo predecessore è il rispetto per l’universo di Borderlands, raccontandoci un’avventura che si inserisce in maniera naturale nella timeline della saga. Il gioco è quindi assolutamente coerente e rispettoso del canone: gli eventi si svolgono circa un anno dopo quelli raccontati in Borderlands 3 ed il racconto (immancabile la presenza di Marcus come “voce narrante”) ci riporta subito sul pianeta Promethea, caduto nelle mani della Atlas Corporation di Rhys Strongfork a seguito di una furibonda lotta con la corporazione Maliwan. L’estroversa ed irascibile Fran gestisce dalla sua avanzatissima sedia a non-rotelle un negozio di frogurt nella principale città del pianeta, Meridian City. Nel suo negozio lavora come aiutante Octavio, teppistello con spericolate ambizioni di diventare un imprenditore di successo. L’unico legame di Octavio è con la Dott.ssa Anuradha Dhar, sua sorella non biologica (Octavio è stato adottato dalla famiglia di lei), con cui però i rapporti sono praticamente inesistenti: Anu, mentre brillantissima quanto socialmente inetta e cronicamente insicura, lavora conducendo ricerche sperimentali per la Atlas corporation e vivendo nel quartier generale orbitante dell’azienda. Quando la corporation rivale Tediore decide di “dichiarare guerra” alla Atlas invadendo sia la stazione spaziale che il pianeta sottostante, i tre si trovano riuniti dagli eventi, pronti ad intraprendere un’avventura che come prevedibile diventa anche un’occasione di crescita interiore e di rivalutazione dei loro rapporti, specie tra fratello e sorella.
Questo il nuovo cast di anti-eroi che siamo chiamati ad impersonare per deciderne scelte ed atteggiamento. Nessuno di loro dispone di abilità sovrannaturali, sono persone comuni che gli eventi mettono al centro di una vicenda più grande di loro. Attorno al trio di protagonisti ruota una manciata di personaggi secondari, spesso memorabili, come da tradizione Gearbox: robot come TIMM-E (un nuovo Cl4pTr4p?) e l’androide L0U13 “Louie” protagonista della copertina del gioco, comprimari che si muovono in una zona grigia tra bene e male, come la ex-Psycho Stapleface ed infine i veri e propri cattivi, rappresentati in primis dalla CEO della Tediore, la spietata Susan Coldwell. Tutti i personaggi, ben delineati sotto il profilo caratteriale, contribuiscono ad arricchire la narrazione di scene e dialoghi dall’umorismo spesso dissacrante caratteristico della serie: non di rado le battute più divertenti si celano dietro scelte ben determinate, per cui bisogna sperimentare con le varie opzioni per essere sicuri di non perdersi qualche scenetta divertente!
Tutto qua il gameplay, quindi? Assistere alle scene, scegliere l’opzione che preferiamo quando ci viene chiesto ed eseguire correttamente i QTE quando arrivano (c’è un indicatore visivo – disattivabile nelle opzioni - che addirittura avvisa di un QTE in arrivo, probabilmente perché molti potrebbero addirittura decidere di posare il controller per godersi in pace le scene)? Ebbene no, non è tutto qua. A dare varietà al gameplay, Gearbox ha innanzitutto introdotto dei momenti di esplorazione libera, in cui ci viene dato l’effettivo controllo di uno dei protagonisti: possiamo aggirarci per un ambiente (di regola alquanto limitato) ed interagire con personaggi ed oggetti. Durante queste fasi siamo incaricati di un compito necessario per l’avanzamento della trama, ad esempio ritrovare un determinato oggetto, ma possiamo approfittarne per indulgere nell’attività più tipica di tutte le Borderlands: il saccheggio dei beni altrui! Qualunque oggetto interattivo può infatti essere aperto per impossessarsi delle banconote in esso contenute: il gruzzolo così raccolto può essere speso presso uno degli appositi “negozi” di customizzazione, dove possiamo acquistare vestiti e look alternativi per ciascuno dei tre protagonisti. La varietà del campionario in vendita è notevole e a dirla tutta forse fin troppo fantasiosa: alcuni look sono così poco plausibili che finiscono per compromettere la credibilità delle scene in cui i protagonisti appaiono così agghindati e non c’è modo di cambiare abbigliamento durante la partita, bisogna uscire oppure aspettare di imbattersi nel negozio successivo. In queste fasi di esplorazione “libera” abbiamo anche l’opportunità di andare a caccia di Vaultlanders: delle action figures con le fattezze dei personaggi più amati dell’universo di Borderlands e che costituiscono i collezionabili del gioco.
I Vaultlanders ci forniscono lo spunto perfetto per passare all’altra innovazione introdotta da Gearbox: i mini-giochi. Quello più particolare e d’effetto è appunto quello che vede scendere in campo le statuine collezionabili in un combattimento che scimmiotta i più tradizionali picchiaduro. Non aspettatevi però combo complesse, i combattimenti si articolano semplicemente in una fase di attacco (in cui è sufficiente premere il tasto A) ed una fase di difesa con QTE gestiti analogamente a quanto accade durante la storia. Ogni Vaultlander ha un proprio livello di attacco e di difesa, per cui potete scegliere di scendere in campo con un personaggio bilanciato, oppure con uno molto forte in attacco ma carente in punti-vita, o viceversa. Naturalmente possiamo utilizzare soltanto i Vaultlander che siamo riusciti a scoprire durante il gioco, ma è sufficiente trovarli una volta affinché entrino a titolo definitivo nella nostra collezione, anche in salvataggi diversi. I combattimenti tra Vaultlander sono inseriti nella trama del gioco e nelle fasi di esplorazione libera, molto spesso attraverso la divertente figura di un soldato Tediore, incallito giocatore, che continua a spuntare dagli angoli più impensati per proporci nuove sfide e rivincite, ma si possono inoltre avviare direttamente combattimenti tra Vaultlander dalla modalità dedicata presente nel menu del gioco. Altri mini giochi sono collegati ai device elettronici di cui entra in possesso Octavio durante il corso degli eventi e che si dovranno utilizzare per disabilitare sistemi di sicurezza e altre attività simili. Purtroppo queste fasi sono a livello di gameplay ancora più basilari dei combattimenti, al punto che il gioco prevede anche la possibilità di skipparli senza incorrere in alcuna penalizzazione.
Dal punto di vista stilistico, New Tales from the Borderlands si riallaccia con pieno successo alla tradizione dei Borderlands, affidandosi ancora una volta al riconoscibilissimo pseudo-cel-shading che fin dagli inizi è uno dei principali “marchi di fabbrica” della saga, con contorni delle figure fortemente marcati e una palette di colori di grande effetto. A livello visivo si gode dell’amorevole cura riposta in ogni dettaglio (per averne un esempio, basta soffermarsi sull’intricata mole di componenti che vanno a costituire l’ossatura di Louie…) e ho trovato generalmente convincenti anche le animazioni, specie se valutate nel contesto di un progetto che non mira certo all’assoluto realismo delle scene. Non che questo abbia molta importanza, ma confesso di essere invece rimasto in qualche modo deluso dalla composizione della colonna sonora del gioco. Il primo gioco ci aveva deliziato con efficaci scene di apertura per ciascun episodio, supportate da brani di sicuro impatto. New Tales from the Borderlands riprende l’idea di proporre in ogni capitolo una sorta di videoclip (di cui si serve per far progredire la narrazione e/o fornisci un po’ di contesto rispetto agli eventi che stiamo vivendo), ma nel complesso il risultato finale non ha lo stesso impatto, anche e soprattutto appunto per una compilation di canzoni parse più deboli.
In generale dal punto di vista tecnico, New Tales from the Borderlands è un prodotto davvero ben realizzato. E’ un fatto sostanzialmente noto che il motore alla base di tutti i principali titoli Telltale avesse notevoli carenze a livello prestazionale. Abbiamo dovuto aspettare un po’ di anni, ma finalmente grazie al lavoro di Gearbox (con Unreal Engine 4) possiamo godere di un’avventura cinematografica in puro “stile Telltale” senza incertezze e vistosi cali di frame-rate. Il gioco vi terrà impegnati per una decina d’ore prima di arrivare ai titoli di coda: ma se avete voglia di scoprire tutti i possibili finali e le variazioni previste dagli sceneggiatori, avrete davanti ancora molto da tempo da passare in compagnia con queste New Tales from the Borderlands!
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