Recensione - Disco Elysium: The Final Cut
Il Gioco
E’ il 2016 quando Robert Kurvitz, trentenne estone con alle spalle un paio di dischi come cantante prog-rock nonché un romanzo pubblicato con scarsa fortuna e ambientato del mondo fittizio di Elysium, decide di fondare lo studio ZA/UM con l’idea di sviluppare un videogame ambientato nel medesimo universo narrativo. Dopo tre anni di intenso lavoro da parte di un team fattosi sempre più numeroso ed internazionale, Disco Elysium: The Final Cut viene infine pubblicato (esclusivamente su PC) raccogliendo ottime recensioni e riuscendo a crearsi una nutrita schiera di estimatori. Sulla spinta dei risultati ottenuti, lo studio investe ulteriormente nel progetto e nel 2021 Disco Elysium: The Final Cut si ripresenta nella sua edizione definitiva, questa “Final Cut” in occasione della quale il arriva anche sulle console Xbox.Di che gioco si tratta, dunque? Diciamo da subito che Disco Elysium: The Final Cut ha una ben precisa concezione di base: vuole essere un Role-Playing Game di impianto assolutamente classico, che adotta con convinzione le meccaniche di gioco formalizzate nell’epoca d’oro del genere, per arrivare a proporre un’esperienza vicina a quella di un classico RPG da tavolo, sia pure in formato digitale. Ciò si manifesta soprattutto nella sensazione di grande libertà percepita dal giocatore, al punto che spesso pare quasi di interagire con un dungeon master in carne ed ossa, in grado di seguirci nelle nostre più insolite iniziative, non di avere a che fare con una serie predefinita di situazioni implementate nel codice del gioco (volete un esempio? E’ possibile arrivare a spezzarsi l’osso del collo, se scioccamente ci si intestardisce a fare a gara col proprio partner a chi annuisce con la testa nel modo più vigoroso).
MX Video - Disco Elysium: The Final Cut
Ovviamente ci sono dei “binari” che guidano la narrazione principale, ma questi risultano abilmente celati da una miriade di situazioni bizzarre, dialoghi estemporanei e quest secondarie. Kurvitz ha parlato a questo proposito di microreattività, ad indicare come il gioco si sforzi di tenere presente ogni piccola azione e scelta compiuta e di renderlo evidente per il giocatore, facendone sentire le conseguenze durante tutto il percorso della partita. Soprattutto, il gioco si tiene lontano dalle contaminazioni che spesso caratterizzano il genere, in particolare dalle onnipresenti varianti action che tanto successo hanno avuto negli ultimi anni. In Disco Elysium: The Final Cut l’esperienza di gioco prevede un utilizzo assai “rilassato” del nostro joypad, il dinamismo è tutto contenuto nella narrazione delle vicende, come appunto accade a chi si raduna intorno ad un tavolo per una partita a base di “pen & paper”.
Quindi, in concreto, con cosa abbiamo a che fare? Si può dire che Disco Elysium: The Final Cut sia un RPG che si gioca un po’ come un’avventura punta & clicca, specie nelle fasi in luoghi chiusi e ristretti. Con la levetta sinistra ci si muove liberamente (più o meno) in un mondo presentatoci in visuale isometrica, con quella destra si evidenziano gli oggetti con cui è possibile interagire, ci si relaziona attraverso sessioni di dialogo con altri personaggi (solo NPC: Disco Elysium: The Final Cut è una esperienza rigorosamente single-player), si compiono delle scelte e… si assiste trepidanti alle conseguenze che ne derivano!
E non è solo questione di meccaniche di gioco, visto che un’avventura, per la precisione un enigma poliziesco, è al centro del racconto di Disco Elysium: The Final Cut: il giocatore non ha la facoltà di fare assolutamente quello che gli pare (per la serie: “lo so, ero partito con l’idea di liberare questo reame dai draghi che lo infestano, ma ho avviato quest’attività di mercante di legname e penso proprio che passerò i prossimi dieci anni al villaggio a fare questo…”), quanto piuttosto la libertà completa di decidere come (e con quali esiti) affrontare la vicenda che inevitabilmente lo vede protagonista, perché il nostro alter-ego ha comunque questa missione da compiere, un mistero da svelare.
Quale missione? Che mistero? E’ tempo di dire qualcosa sulla trama e sul mondo di gioco di Disco Elysium: The Final Cut.
Elysium è un mondo, un pianeta: per moltissimi aspetti simile a quello in cui viviamo, ma per altri no. E’ la Terra di un possibile “universo parallelo”, non troppo divergente dal nostro. Gli eventi del gioco si svolgono nella primavera del ’51 di un imprecisato secolo e hanno come teatro principale Martineise, quartiere portuale e periferico della megalopoli Revachol, la cosiddetta “capitale del mondo”. La zona ha decisamente visto tempi migliori e porta ancora profondi segni del conflitto avvenuto quarant’anni prima tra rivoluzionari di ispirazione comunista (dottrina enunciata da Kras Mazov, l’equivalente elsyiano di Karl Marx) ed una Coalizione sovra-nazionale, ben decisa a soffocare a tutti i costi il cambiamento. Tra edifici ancora in rovina, povertà diffusa ed un sostanziale vuoto di potere, la vita nel piccolo distretto è dominata dall’imponente centro logistico della corporation White Pine e dai gruppi di potere che vi gravitano attorno, tra cui il potentissimo sindacato degli Scaricatori.
E’ questo lo scenario in cui avviene un brutale linciaggio su cui il giocatore è chiamato a far luce, attraverso il suo alter-ego: un detective di polizia alquanto… tormentato, reso del tutto privo di memoria da una sbronza colossale (il gioco la definisce: un diluvio). Non saremo però soli in questa impresa: Martineise è da decenni zona di incerta competenza territoriale, per cui l’indagine sull’omicidio verrà condotta in collaborazione con un detective di un diverso Distretto: il tenente Kim Kitzuragi che, all’opposto del nostro anti-eroe, è l’incarnazione della professionalità e del contegno personale. La nostra avventura inizia con il protagonista che faticosamente si risveglia, ritrovandosi in mutande steso sul pavimento di una stanza d’albergo e soprattutto senza alcuna memoria del proprio passato e della propria persona. La sequenza iniziale, quella del risveglio appunto, dice già moltissimo sulle particolarità di questo titolo e vale la pena quindi analizzarla in dettaglio. Mentre altri giochi con premesse analoghe ,ad esempio quel “Planetscape: Torment” che Kurvitz cita tra le sue ispirazioni, si sarebbero limitati a presentarci la situazione, Disco Elysium: The Final Cut ci fa capire da subito che ambisce ad essere qualcosa di diverso dal solito.
Prendendo a piene mani dalla teoria novecentesca del “cervello trino”, il gioco ci ingaggia da subito in un serrato dialogo con il nostro cervello rettiliano (la parte più primordiale dell’encefalo) e con il sistema limbico (sede della nostra emotività), presentandoli come interlocutori con cui interagire per “contrattare” il percorso che ci porta al nostro inesorabile ritorno alla realtà. Appena ripresa conoscenza, ecco che si attiva anche la neo-corteccia, sede dei nostri tratti caratteriali, facendo intervenire nel dibattito le diverse pulsioni e atteggiamenti che convivono nel nostro Io… finché a un certo punto, dopo svariati minuti di gioco, alcune scelte multiple compiute e ricevuta una corposa dose di fitti dialoghi a base di ex-mogli, tentativi di tornare a perdersi nel Nulla dell’incoscienza, saporacci di alcool in bocca… finalmente ci svegliamo.
E’ quindi fin dalle primissime battute che Disco Elysium: The Final Cut punta tutto sull’idea di condurre il gioco allestendo nella nostra testa un teatro costantemente animato da pensieri più o meno sotto controllo, sensazioni, intuizioni, orientamenti politici e morali tra loro in contrasto… tutte “voci” che intervengono per contribuire secondo il loro punto di vista a fornirci un quadro della situazione e spunti su come comportarci. Da tutto ciò deriva, come risulta altrettanto chiaro fin dall’inizio, il ruolo assolutamente centrale del testo e dei dialoghi. E’ stato direttamente lo Studio a dichiarare che i testi del gioco ammontano ad oltre un milione di parole… e non per modo di dire! Si tratta all’incirca dell’equivalente di tutti i libri della saga di Harry Potter messi insieme, per capirci. Purtroppo, questo sterminato corpus testuale non è fruibile in lingua italiana: la circostanza va evidenziata, perché una conoscenza solida, più che scolastica, della lingua serve per poter apprezzare davvero il gioco. La lingua di Disco Elysium: The Final Cut è infatti una lingua di strada, piena di contaminazioni, arricchita di neologismi e prestiti da altre lingue per connotare la particolare provenienza o collocazione sociale di un personaggio. Inoltre, e questo sia chiaro costituisce prima di tutto un grande punto di forza del gioco, è scrittura di alta qualità: il testo è di per sé stratificato, infarcito di allusioni, passaggi ironici e citazioni, risultando quindi alquanto impegnativo (e non necessariamente dal punto di vista sintattico) anche per i madrelingua… se in più si deve anche affrontare l’ostacolo di una lingua che si conosce poco/male, probabile che il compito risulti troppo faticoso.
L’assenza dell’Italiano risulta particolarmente amara, in quanto molte altre lingue sono ad oggi supportate con una traduzione integrale dei testi. Lo sforzo di dotare Disco Elysium: The Final Cut di ulteriori localizzazioni, (con la collaborazione delle community locali) risulta peraltro non ancora terminato, non si può escludere del tutto che prima o poi arrivi anche una versione italiana. A suo tempo ZA/UM aveva lodevolmente organizzato una “raccolta firme” per segnalare l’interesse alle diverse localizzazioni: purtroppo la nostra lingua si è posizionata solo al quarto posto con circa 17mila firmatari, quindi le prospettive non sono esattamente entusiasmanti, ma… mai dire mai!
Decisamente particolare è anche la modalità con cui questa impressionante mole di testo viene portata al giocatore: invece della solita banda orizzontale nel terzo inferiore dello schermo, Disco Elysium: The Final Cut propone un’elegante “spalla” verticale, su cui il testo scorre a partire dall’angolo in basso a destra dello schermo, per risalire via via verso l’angolo superiore. La scelta mi è sembrata davvero azzeccata: trovo che in questo modo la scena dell’azione resti molto più libera e la leggibilità del testo “in colonna” risulta ottima, molto più naturale (ed il gioco offre la possibilità di scegliere fra tre diverse dimensioni del testo, facendo il possibile affinché ciascun giocatore possa trovare il suo setup ideale).
Colgo l’occasione per sottolineare che è un bene che l’area di gioco non risulti sacrificata da sovrimpressioni troppo invadenti, dato che anche sotto l’aspetto grafico e artistico il lavoro svolto da ZA/UM risulta molto originale ed affascinante. A inizio gioco probabilmente l’attenzione è catturata dal sistema delle “voci”, ma progredendo nel gioco, con il variare dei luoghi visitati e delle situazioni (giorno e notte, pioggia e neve, ambienti reali e ambienti onirici) il fascino delle ambientazioni diventa sempre più evidente. La particolare tecnica, quasi pittorica, che colora il gioco con una tavolozza ricca di tinte pastello, colpisce molto dando a Disco Elysium: The Final Cut una cifra stilistica molto particolare e riconoscibile. Ciò non deve portare però a sottovalutare il livello di dettaglio e di modellazione che il gioco può vantare, che è altrettanto notevole. Si è detto che Elysium è una sorta di versione alternativa della Terra: ciò ha concesso ai designer del gioco di dare vita ad uno stile unico (con parecchi rimandi all’estetica steampunk) andando a re-immaginare gran parte degli oggetti presenti nel gioco: strumenti, armi, automobili, abiti. Sfruttando la possibilità di zoomare sulla scena con i tasti LT e RT, si può apprezzare al meglio la cura riposta nel creare il mondo di Elysium, che peraltro si muove a solidi 60 FPS ed è presentato, almeno su Xbox Series X, in risoluzione 4K.
Prima di entrare in azione, i minuti iniziali di ogni partita vanno dedicati ad una fase fondamentale in ogni RPG degno di questo nome: la creazione del nostro personaggio, qui interamente dedicata ai tratti caratteriali e comportamentali. Non è possibile modificare corporatura o sembianze del nostro detective (anzi il “ritratto” del protagonista è una delle immagini più memorabili e conosciute del gioco), ma in compenso Disco Elysium: The Final Cut propone una ricca e sofisticata raccolta di abilità e caratteristiche che permettono di plasmare la personalità del nostro alter-ego ed influenzare così in maniera decisiva l’esperienza di gioco. I tratti (“skill”) previsti sono in totale ben 24, raggruppati in quattro categorie da sei elementi ciascuna: intelletto, psiche, fisicità e capacità motorie. Questi connotati sono delineati con originalità, discostandosi in parte dalle classificazioni proposte solitamente da titoli del genere: giusto per fare alcuni esempi, si trovano abilità come “Esprit de Corps” che misura la nostra intesa coi colleghi ed il senso di appartenenza al corpo di Polizia, oppure “Inland Empire” che indica il nostro essere più o meno recettivi a sensazioni che arrivano da oltre il mondo reale, fino a consentirci ad alti livelli di dare anima agli oggetti inanimati, addirittura innescando (preziose) conversazioni con gli oggetti. I testi di presentazione delle abilità, descritte con grande acume, vanno letti attentamente in quanto si ricavano indicazioni importanti sulle forze che potranno guidare e/o ostacolare le nostre azioni.
Per facilitarci il compito, possiamo ricorrere ad uno dei tre profili predisposti: “thinker” (intelligente ma incapace di relazionarsi), “sensitive” (sensibile ma imprevedibile) e “physical” (il Bruce Willis della situazione). Naturalmente si può invece definire in libertà il proprio protagonista: ognuna delle quattro categorie parte dal livello 1 e si hanno a disposizione in totale 8 punti per far salire di livello questa o quella categoria fino al massimo livello consentito, pari a 6. Il livello di una categoria determina il livello di partenza di tutte le sei caratteristiche/abilità che vi sono raccolte e non è possibile agire sulle singole abilità per personalizzare ulteriormente il proprio personaggio, ad eccezione della possibilità di attribuire un livello extra ad una abilità, che indichiamo come nostro tratto distintivo. Ho provato a creare una sorta di Sherlock Holmes attribuendo +5 punti all’intelletto e +3 punti alle capacità motorie (che comprendono anche l’acume dei sensi), mi sarebbe piaciuto poter modellare in modo ancora più specifico i miei tratti, ad esempio aumentando "Electrochemistry" per dare rilevanza a una particolare… inclinazione verso l'uso di droghe, riducendo per compensazione un’altra abilità della stessa categoria; purtroppo ciò non è possibile.
Durante il gioco qualsiasi tipo di progresso, come acquisire oggetti o informazioni oppure completare delle attività secondarie, fa guadagnare punti-esperienza: ogni 100 punti acquisiti si ottiene un “punto abilità” che possiamo attribuire ad un’abilità a scelta, purché abbia ancora margini di crescita rispetto al proprio massimo: è quindi certamente possibile arrivare a definire un personaggio con alcune abilità che risaltino nettamente rispetto alle altre, ma non nella fase inziale di creazione. Inoltre, nel corso della partita si accumula progressivamente un ricco e fantasioso guardaroba di indumenti, che una volta indossati modificano in positivo e/o in negativo alcuni dei nostri tratti. Presentarsi con il vestito giusto al momento giusto, cioè avere una “build” (sono 6 gli slot utilizzabili: dal copricapo fino alle calzature) pensata per valorizzare un certo tratto di personalità, può dare una spinta determinante nel superare o meno una certa situazione.
Il giocatore ha infine a disposizione un ulteriore strumento, assai intrigante: il cosiddetto “Thought Cabinet”, sorta di “Archivio delle Idee”. In occasione del superamento di determinate situazioni di gioco si viene premiati, come una specie di Ioot, dal sorgere di una nuova idea o dall’abbozzo di un ricordo. Investendo tempo ed energie mentali (causando il momentaneo degrado di una delle nostre abilità) è possibile elaborare un concetto fino a farlo maturare, trascorse in game un certo numero di ore, in una idea/ricordo pienamente interiorizzata che va ad attivare effetti anche molto rilevanti: un boost ai livelli attuali delle abilità, un innalzamento del tetto massimo di una categoria, ma anche perk situazionali non collegati alle abilità. Per interiorizzare ognuna di queste Idee è necessario sbloccare uno “spazio” apposito nell’Archivio, al prezzo di un punto-abilità, ed un altro punto è richiesto per eventualmente rimuovere un’Idea da uno di questi spazi. Le Idee ottenibili nel gioco sono davvero moltissime, per cui bisogna fare una certa attenzione nel valutare su quali Idee puntare… ogni ripensamento finisce per costare caro!
Le possibilità di mettere mano al nostro set di abilità si rivelano fondamentali, perché davvero i livelli delle abilità influenzano in maniera molto marcata lo sviluppo della partita: tutti gli RPG lo proclamano, Disco Elysium: The Final Cut riesce a farlo davvero e in più di un modo. Tanto per cominciare, un’abilità di alto livello sarà molto più “invadente” nella vostra testa rispetto ad una di livello più basso, prendendo spontaneamente la parola per dare informazioni, consigli, indurci a questa o quell’azione. Ad esempio, ad un livello medio/alto la voce di “Encyclopedia” saprà fornirvi informazioni e contesto su praticamente ogni luogo e oggetto che incontrerete, mentre con un livello basso resterà spesso muta e vi troverete a dover recuperare le stesse informazioni in altro modo, o a farne semplicemente a meno. Ma non bisogna nemmeno esagerare nel concentrare punti su una abilità, ad esempio questa stessa abilità “Encyclopedia” a livelli molto alti si trasforma in un petulante “tuttologo” che ad ogni piè sospinto ci intasa la testa di dettagli nozionistici di dubbia utilità.
Ancora più importante è il ruolo delle abilità nel determinare l’esito delle azioni tentate nel corso del gioco. Il meccanismo di questi check è quello classico: un lancio di due dadi a sei facce determina il successo o meno del tentativo, ma l’asticella che delimita i risultati “buoni” (precisando che 2 perde sempre e 12 vince sempre) è via via più bassa in rapporto a quanto si sia dotati dell’abilità chiamata in causa e quindi, in sostanza, a quanto facile risulti al personaggio compiere l’azione. Vi viene lanciato un mazzo di chiavi? Con un alto valore di “Hand/Eye Coordination” avrete buone probabilità di afferrarle al volo, in caso contrario l’impresa risulterà per voi al limite dell’impossibile. Molte di queste azioni sono ripetibili, ma è possibile riprovarci solo dopo aver incrementato di un livello la relativa abilità: tenetevi quindi sempre un punto-abilità di scorta, qualora ci teniate a ritentare subito un’azione che avete appena fallito. Va tenuto presente che fallire questi tentativi (anche quelli non ripetibili) non rappresenta mai una condanna senza appello, le cose potranno farsi un po’ più complicate, potreste perdere la possibilità di ottenere un indizio, o banalmente perdere l’occasione di guadagnare un po’ di punti-esperienza extra: il vostro playthrough può comunque tranquillamente proseguire.
A proposito, in Disco Elysium: The Final Cut non ci sono veri e propri finali multipli, i titoli di coda arrivano sempre alla conclusione dell’indagine (e non sempre si arriva a vederli, il nostro detective può morire più facilmente di quanto si possa pensare), la quale però può concludersi con esiti variabili, più o meno soddisfacenti. Questo perché, in definitiva, la ricerca del colpevole non è poi così fondamentale. Certamente è molto importante, in quanto fornisce al gioco una narrazione, un “centro di gravità” che agisce sia da motore delle nostre azioni che da specchio in cui si palesa l’evoluzione del nostro personaggio. Ma la vera indagine di Disco Elysium: The Final Cut riguarda il protagonista stesso. E’ un’indagine che mira a ricostruire le informazioni basilari di una vita su cui l’amnesia ha fatto tabula rasa (Come mi chiamo? Quando sono nato? Sono sposato? Perché faccio il poliziotto?), ma è anche un processo continuo col quale plasmare l’indole, nonché la concezione politica e sociale del protagonista.
Dal punto di vista contenutistico, questa è probabilmente la particolarità più intrigante di Disco Elysium: The Final Cut, che non si limita a gestire un tipico “allineamento morale” in base alle scelte effettuate durante la partita, come innumerevoli altri titoli (poliziotto buono/cattivo, altruista/egoista, eccetera), per proporre invece qualcosa di più elaborato, fondato su due diversi indicatori. Il primo concerne l’evoluzione dello stato d’animo del protagonista, in relazione a un sistema di quattro archetipi (Sorry Cop, Superstar Cop, Boring Cop, Apocalypse Cop) che indicano come esso si rifletta nell’atteggiamento del protagonista e nel tipo di poliziotto che risulta essere. Il secondo indicatore riguarda invece l’orientamento socio-politico maturato nel corso della vicenda, attribuendo un valore più o meno alto all’adesione manifestata rispetto alle varie dottrine politiche (ultraliberismo, comunismo, fascismo, moralismo). Non solo questi allineamenti sono alquanto sofisticati, ma vengono influenzati praticamente da ogni azione o reazione compiuta nel gioco, plateale o insignificante che sia, nonché (ed in modo fondamentale) dai pensieri che abbiamo scelto di interiorizzare nel nostro “Archivio delle Idee”. Sono entrambi indicatori molto importanti che si rispecchiano direttamente nel comportamento del protagonista e nel modo con cui gli altri personaggi interagiscono con lui. Inoltre, proprio l’orientamento politico adottato è decisivo per sbloccare una delle quattro nuove quest introdotte nell’edizione “Final Cut”, non a caso chiamate proprio “Political Vision Quests”: una di esse, che ovviamente sono del tutto opzionali, vi verrà assegnata in sogno durante la terza notte a condizione che abbiate nel frattempo maturato un’adesione piena ad una delle quattro dottrine politiche.
Il gioco riesce in definitiva a far coesistere in sé due anime molto diverse. Abbiamo una narrazione che si muove ispirandosi ad una sostanziale unità di tempo, luogo e azione (volendo scomodare il buon vecchio Aristotele): l’intera vicenda si svolge in un piccolo quartiere, nel giro di pochi giorni, incentrata intorno ad un unico evento principale. Ma questa è soltanto la punta dell’iceberg, al di sotto della quale si trova molto di più, la vera “anima RPG” del gioco, grazie alla stupefacente capacità della narrazione di ampliare il discorso, divagare, approfondire, raccontando tanto dell’infinitamente grande (l’assetto geo-politico di un intero continente) quanto dell’infinitamente piccolo (i dettagli della divisa dei soldatini in vendita al Banco dei Pegni), per andare a costituire una “lore” di gioco profonda e decisamente evocativa.
Ed è vero che lo scorrere del tempo è importante nello sviluppo della trama: potrete incontrarvi certi personaggi soltanto in un certo orario, per compiere qualche “marachella” all’insaputa del vostro partner dovrete attendere che si ritiri per la notte nella sua camera, e così via. Ma il tempo avanza soltanto in occasione di ogni nostra interazione e dialogo, permettendoci la massima tranquillità di esplorare e di ragionare, al punto che è prevista anche la possibilità di accelerare lo scorrere del tempo: nel caso siate in attesa di un certo evento e riteniate di non avere altro da fare (ma… proprio sicuri?) è sufficiente immergersi nella lettura di un libro o sedersi a riposare su una panchina.
Soprattutto, come si diceva, la vera indagine ha luogo dentro il protagonista, alla ricerca di se stesso. Anche per questo, peraltro, Disco Elysium: The Final Cut può sembrare un gioco “facile”: le sue meccaniche possono indurre ad approcciarlo come un adventure game, ma in questo gioco non ci sono veri e propri enigmi su cui scervellarsi ed il sistema di tracciatura delle quest è abbastanza esplicito nell’indicare quali siano i prossimi passi da compiere. Conta come si avanza nella vicenda, non il fatto stesso di avanzare, ed in questo le possibilità offerte dal gioco sono innumerevoli: sia nel modo in cui vogliamo approcciare l’indagine (giusto per fare un esempio, uno degli achievements del gioco richiede di risolvere il caso senza nemmeno esaminare il cadavere), ma sia soprattutto per “chi” vogliamo che il nostro detective sia. E naturalmente il modo migliore e più divertente di giocare a Disco Elysium: The Final Cut è di approcciarlo come quel RPG “serio” che è, assumendo un ruolo ben caratterizzato. Volete essere un egocentrico ultraliberista con un “quinto senso e mezzo” degno di Dylan Dog, ma coi nervi a pezzi al punto da collassare nel bel mezzo di un interrogatorio, in conseguenza di una qualche associazione mentale che a tradimento il suo subconscio gli propone? Potete farlo. Volete invece vedere come si vive la storia agendo come un violento fascistoide iper-palestrato che disprezza platealmente gli operai in sciopero e non lesina battute razziste al suo collega dagli occhi a mandorla? Anche questo è possibile.
Durante la prova di Disco Elysium: The Final Cut non sono emersi bug o problemi particolarmente significativi: vero, si tratta di un “day one” particolare, dato che il gioco ha già alle spalle una fase di supporto post-rilascio su altre piattaforme (ed un primo update per Xbox è arrivato in questi giorni in seguito al rilascio del gioco), ma va comunque sottolineata l’assenza di problemi gravi, dando atto a ZA/UM del buon lavoro svolto anche sul piano squisitamente tecnico, almeno per quanto riguarda questo debutto su Xbox. Ho riscontrato solo qualche occasionale “incertezza” dell’interfaccia di gioco nel gestire l’attivazione di alcuni oggetti, ma si tratta di inconvenienti di poco conto. Anche i caricamenti che partono ad ogni cambio di ambiente, hanno in questa “Final Cut” tempi migliorati ed assolutamente accettabili, sempre nell’ordine di una manciata di secondi sia su Series X, che su Series S.
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