Recensione - Song of Horror
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Per il loro titolo di debutto, i ragazzi di Protocol Games hanno deciso di realizzare un horror game pieno di richiami a titoli del passato come Alone in the Dark, Resident Evil, Silent Hill e altri. E la stessa premessa di Song of Horror è quanto di più classico ci possa essere: il famoso scrittore Sebastian P. Husher è scomparso assieme alla sua famiglia, e sta al suo socio Daniel Noyer investigare sulle strane circostanze di questa scomparsa. Come in ogni buona storia horror, non è la polizia ad investigare sulla sparizione di persone o sugli omicidi, ma personaggi con problemi di alcool e depressione che c'entrano poco o niente con le forze dell'ordine.
MX Video - Song of Horror
Fin dalle prime scene del gioco, quando entriamo nella casa abbandonata dello scrittore, capiamo il tipo di ispirazione del gioco. Tanta esplorazione, risoluzione di piccoli enigmi per ripristinare la luce, per superare porte bloccate e così via, il tutto con telecamere fisse o su binari come nei vecchi Alone in the Dark o Resident Evil. A differenza di quest'ultimo, però, non ci sono combattimenti contro creature malefiche, anche se una presenza malvagia c'è: e si chiama, per l'appunto, La Presenza. Questa si manifesta mentre cerca di abbattere porte con la sua entità, facendo apparire stranezze sulle superfici, muovendo oggetti - insomma, anche qui i capisaldi dell'horror.
Nel gioco siamo quindi chiamati ad esplorare una serie di location che, ormai avrete capito, si rifanno ai classici del genere. Una casa apparentemente stregata, un negozio di antiquariato maledetto e via dicendo. L'elemento principale e quello maggiormente originale del titolo, però, è la presenza di 13 personaggi, tutti giocabili. Il motivo è presto detto: un sistema di permadeath che fa in modo che ogni personaggio muoia in maniera definitiva, costringendoci così a passare al successivo per procedere nella storia.
Oltre al già nominato Daniel Noyer, quindi, troviamo un cast di personaggi molto variegato per erà etnia, sesso e carattere, anche se questi personaggi non hanno sicuramente il background o la caratterizzazione del primo. Meglio anche non affezionarsi troppo a loro, considerando che ci sono trappole davvero difficili (se non addirittura impossibili) da evitare. Oltre a queste situazioni di morte immediata, come detto, non ci sono veri e propri combattimenti: gli incontri con La Presenza solitamente si esauriscono in piccole sfide a tempo e minigiochi QTE da superare.
Song of Horror porta i giocatori attraverso diversi capitoli ambientati in location spaventose ed iconiche, tramite micro-storie da un paio d'ore ciascuna, concludendosi con un discreto finale che fa capire al meglio le origini di questa minaccia malefica. La storia non ha particolari spunti d'originalità, ma risulta sufficientemente interessante da farsi giocare fino alla fine nonostante qualche segmento un po' monotono. Questo almeno se non avete problemi con l'inglese, vista l'assenza di localizzazione italiana.
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