Recensione - Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning
Il Gioco
Chi ha già avuto modo di provare il titolo originale, in Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning si sentirà subito a casa. Questo perché il remaster proposto da THQ Nordic rientra in quell'insieme a cui appartengono i remake non invasivi, vale a dire quelli dove rispetto al titolo originale i miglioramenti maggiori riguardano l'aspetto visivo e qualche leggera correzione del gameplay. Per intenderci, non siamo di fronte ad un remake come quello fatto da Capcom con i due Resident Evil. Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning si fregia di una grafica più pulita, affiancata da un frame-rate granitico che molto deve allo scarto fra l'origine del motore grafico su cui poggia e la potenza delle macchine attuali. Se poi consideriamo che in origine il progetto doveva essere un MMORPG, risulta più facile capire il motivo per cui si è scelto tale stile, preferendo il pittoresco alla pura forza bruta delle textures.Vista la sua natura di remaster, la formula del gameplay di Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning rimane quindi pressoché invariata rispetto al 2012, tranne che per una leggera ricalibratura in termini di resistenza dei nemici. Per questo i veterani dei campi di battaglia di Amalur, che avevano apprezzato l'opera originale per le sue ambizioni e per il sistema di combattimento e gestione delle abilità, potranno salire a bordo per un nuovo giro di giostra senza il timore di trovarsi di fronte a stravolgimenti inaccettabili. Questo purché siano anche consci che i limiti presentati all'epoca sono ancora tutti presenti, apparendo in alcuni casi decisamente anacronistici. Ovviamente anche chi non ha mai avuto modo di provare l'RPG nato, fra le altre cose, da una collaborazione con R.A. Salvatore sui testi e Todd McFarlane in ambito artistico, potrà apprezzare l'avventura del Senzafato.
MX Video - Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning
Nonostante i limiti dovuti ad uno sforzo produttivo dalle capacità limitate (ma non minime), Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning ancora oggi è in grado di proporre delle soluzioni intriganti, capaci di fluidificare e variare il gameplay di un genere che spesso e volentieri preferisce rimanere conservativo. Nello specifico, il sistema di combattimento, basato sull'alternanza fra due armi e la magia, ricorda molto quanto fatto anche su Fable. Con un tasto si possono portare a termine combo con l'arma principale, con un altro si sfodera l'arma secondaria -senza soluzione di continuità – e premendo il grilletto destro si sfruttano anche degli incantesimi che possono essere offensivi o difensivi e che, la maggior parte delle volte, hanno un notevole impatto scenico.
Ad affiancare questo sistema di combattimento vi è una progressione del personaggio basata su tre distinti passaggi: Capacità, Abilità e le Carte del Fato. Le prime due sono assolutamente simili a quanto già visto in altri esponenti del genere, anche se si presentano in una versione più semplificata. Il terzo scenario, invece, è frutto delle scelte compiute durante la distribuzione dei punti sulle abilità. Queste sono infatti divise in tre famiglie: Forza, Magia e Destrezza. La prima riguarda il corpo a corpo e la resistenza, la seconda la magia e certi tipi di armi più esotiche, la terza arco, frecce e furtività. Spendendo punti in una delle tre, o in tutte e tre, si sbloccano le carte del fato relative a certi profili. Per fare un esempio: spendendo tutti i punti di forza è possibile equipaggiare la carta del paladino, che ha come requisito di attivazione un alto punteggio in forza e nulla nelle altre. Questa carta offre bonus considerevoli nel corpo a corpo. Bilanciando la spesa dei punti fra le tre diverse caratteristiche si possono sfruttare carte dai profili più equilibrati, come il Viandante, che spalmano bonus meno d'impatto ma a più ampio spettro sui diversi aspetti del nostro personaggio.
Al di là di questo, Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning, cammina sicuro su una strada già tracciata da altri, proponendo missioni, dialoghi a scelta multipla e fazioni con cui schierarsi. Questa nuova edizione contiene, fra le altre cose, i DLC sviluppati prima del fallimento della software house originaria, così da offrire un minimo di incentivo a chi, all'epoca, si era fermato all'edizione base. E ritroviamo, come nell'originale, la localizzazione italiana di tutti i testi mentre il doppiaggio rimane in inglese.
Commenti