Recensione - Skelattack
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Ci sono tante teorie contrastanti su cosa accada dopo la vita. Chiamatela mente, coscienza o anima, tanti sostengono che ci sia un posto in cui la nostra "essenza" possa trovare rifugio oltre la mortale esistenza. E gli sviluppatori di Skelattack propongono la loro versione (ironica) di queste credenze, immergendoci in un mondo chiamato Undervale abitato da fantasmi, scheletri e animali, come i pipistrelli, degni dei migliori cliché horror. Un giorno, però, i mortali scoprono l'esistenza di questo posto e rubano la magia che tiene in vita (si fa per dire) gli abitanti dell'aldilà. Sta quindi al giovane protagonista scheletrico Skully e al suo fido amico pipistrello Imber fermare questa malefica invasione. Insomma, questa volta i cattivi siamo noi umani.In questo contesto, Skelattack ci immerge in un mondo animato come un cartone di inizio secolo scorso, ricco di siparietti divertenti tra i personaggi morti nei diversi livelli; ma come spesso accade per titoli platform 2D, qui non è la storia che conta di più, ma il puro e semplice gameplay che qui troviamo nella forma di un platforming molto classico. E infatti ci si trova subito a proprio agio negli acrobatici livelli di gioco, tra comandi più simili a un metroidvania con salti, rimbalzi sui muri e attacchi corpo a copro, ma con livelli a scorrimento laterale maggiormente lineari dove conta soprattutto schivare ed eliminare nemici e trappole.
MX Video - Skelattack
Nei panni di Skully siamo dotati di uno spadone con cui attaccare i nemici, mentre il resto delle acrobazie da combattimento è limitato al dosare al meglio movimenti e salti, senza parate o schivate da utilizzare. Le sezioni platform si affidano all'unico tasto di salto senza scatti, rampini o altre abilità, e similmente le parti di combattimento richiedono la pressione di un solo bottone per elargire potenti spadate. Ritroviamo quindi il classico gameplay a due tasti delle prime console Nintendo.
I combattimenti sono in gran parte evitabili a parte le immancabili sezioni boss, quindi la sfida sta principalmente nella componente di platforming che ci vede cercare di evitare i numerosi burroni, spine, ostacoli mobili e proiettili. Il protagonista è dotato anche di una barra della vita, ma quasi ogni pericolo è letale al primo contatto; il gioco è però abbastanza generoso nella frequenza dei checkpoint, ai quali si può tornare indietro senza limitazione alcuna. Nessuna sequenza di salti, insomma, che non si possa superare con un po' di perseveranza.
I livelli sono tutti piuttosto lineari, ma a livello visivo portano il giocatore in tante location distinte seppur abbastanza classiche, come le stanze di un castello o l'immancabile dungeon sotterraneo. Non ci sono molti percorsi alternativi, con le poche piattaforme nascoste che contengono rari segreti ed easter egg. Per arrivare all'ultimo boss, e quindi alla conclusione del gioco, sono necessarie circa 4 ore, e non ci sono modalità di gioco ulteriori o particolari motivi per rigiocare il titolo dall'inizio. Sfortunatamente manca anche totalmente la localizzazione italiana, con tutti i testi del gioco disponibili unicamente in inglese; qualcosa che non ci saremmo aspettati da un publisher come Konami.
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