Recensione - Ion Fury
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
E' davvero un periodo d'oro per gli sparatutto retrò: tra il ritorno glorioso di Doom, il vivacchiare di saghe come Quake e Unreal Tournament ma anche giochi nuovi che si rifanno ai classici del passato, come questo Ion Fury: vero e proprio seguito spirituale di Duke Nukem 3D del 1996, realizzato con l'evoluzione del medesimo motore grafico e addirittura dagli stessi sviluppatori, il gioco ci vede stavolta nei panni di una protagonista femminile, un artificiere di nome Shelly Harrison, nome in codice Bombshell. Cambia il sesso ma non l'attitudine: Bombshell è cazzuta, rozza, violenta, spavalda, proprio come Duke, e dovrà ammazzare orde di cattivi che hanno invaso la Terra.Fin dai primi secondi del gioco, l'idea di fondo è chiara. Mondo in 3D e sprite 2D invece per nemici, armi e decorazioni. Ogni zona è piena zeppa di piccoli oggetti, decorazioni, citazioni. Ogni nemico si sbudella in mille pezzi. Segreti a non finire. E' davvero un ritorno ai fasti di un tempo degli FPS, in particolare al mitico Duke Nukem 3D con il suo stile dissacrante e le interazioni a non finire. I livelli ci presentano il mix di linearità e varietà a cui gli sparatutto degli anni '90 ci hanno abituato: il percorso da seguire è uno, ma c'è da esplorare bene tutto, fare backtracking, risolvere piccoli enigmi con leve, chiavi dorate e altro per passare. In alcuni casi ci sono anche più livelli concatenati tra loro dove è dunque possibile passare da uno all'altro per recuperare segreti e risorse mancanti. Non mancano i percorsi e le aree segrete, tra muri che si possono far scoppiare e condotti di ventilazione, e neanche un mare di elementi interattivi tra slot machine, macchinette di bibite e bancomat.
MX Video - Ion Fury
Naturalmente parliamo di uno sparatutto, quindi il fulcro di tutto è nei combattimenti. Bene, da questo lato c'è poco di cui rimaner delusi: Ion Fury ci mette a disposizione un arsenale impressionante tra pistole, mitra, fucili, lanciafiamme, dardi, mine antiuomo ma anche abilità azionabili a comando come un boost di salute e un radar personale per rilevare i nemici in circolazione. Tutto questo contro una selezione di nemici davvero notevole, tra guerrieri armati fino ai denti, giganteschi bestioni, agilissimi ragnetti e persino nemici volanti. Similmente a Duke Nukem 3D, anche la verticalità ha una sua parte, con tante situazioni dove i livelli sono sviluppati in altezza e ci dobbiamo guardare intorno anche in alto e in basso. Qui stona un po' il limite degli sparatutto "finto 3D" d'epoca, dove era possibile guardare in verticale solo fino a una certa angolazione, non permettendo così di sparare sopra la propria testa o colpire in maniera efficace un nemico proprio sotto di noi.
I livelli sono infatti parecchio complessi e dettagliati, non solo per la quantità impressionante di piccole decorazioni come sacchi di spazzatura o bicchieri, ma anche per i segreti, alcuni dei quali sono estremamente complessi da raggiungere. Per fare un esempio, in uno dei primi livelli è possibile ottenere degli stivali per fare dei salti doppi per 30 secondi. Bene, un segreto complicatissimo porta a dover tornare indietro nel livello correndo all'impazzata per 20 secondi, per riuscire ad arrivare in tempo in un punto specifico dove sfruttando la spinta di un ventilatore gigante è possibile usare il doppio salto per arrivare a una piccola piattaforma che a malapena si nota in circostanze normali. Ovviamente tutto ciò è opzionale: chi vuole solo godersi sparatorie ad alto tasso di adrenalina, avrà ampio spazio per farlo in una campagna lunga e variegata.
Con 7 episodi per un totale di 30 livelli, con difficoltà e complessità che salgono costantemente, la storia di Ion Fury è lunga e coinvolgente, e grazie alla sua natura adrenalinica e la presenza di tanti segreti è anche discretamente rigiocabile. Non ci sono modalità alternative o varianti multiplayer/co-op, in compenso troviamo numerose difficoltà selezionabili che possono stravolgere il ritmo del gioco. Manca purtroppo la localizzazione italiana.
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