Recensione - Initial II: New Stage
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Il titolo di questo Initial II: New Stage può sicuramente confondere: non c'entra nulla con il famoso manga/anime Initial D, le cui stagioni si chiamano "Second Stage", "Third Stage" e così via. Il "II" nel titolo ci fa però capire che questo è il secondo capitolo di una saga: come mai non abbiamo mai sentito parlare del primo episodio? La risposta è semplice: il primo capitolo fu un gioco decisamente modesto come budget e successo, ben poco conosciuto dalle nostre parti e uscito solo su PC e Mac. Initial II: New Stage non ne è peraltro un seguito diretto, tant'è che gli eventi accaduti nel primo gioco sono qui praticamente ignorati. E' più giusto quindi vederlo come un'evoluzione del primo gioco, una versione più ambiziosa e ampliata del concetto visto in The Initial, anche se il team rimane comunque di stampo indie e formato da 9 persone.Complice una traduzione dal cinese piuttosto approssimativa (e solo in inglese, niente italiano qui), la storia non è troppo chiara, ma vede tre giovani combattenti di un'università di magia di Philosophia scontrarsi con gli antichi nemici dell'impero di Scientia. Questa guerra magica è però solo il pretesto per mettere i giocatori nei panni di una giovane ragazza vestita con abiti piuttosto corti, dotata però di grosse spade, mosse eccezionali e magie potenti, impegnata a battersi contro nemici armati o dotati di poteri magici, il tutto con un game design di chiara ispirazione giapponese. Chi ha già giocato a qualche character action game (o stylish action game) come DMC o Bayonetta, sa già più o meno cosa aspettarsi: uno stile di combattimento molto acrobatico con salti enormi, lunghe combo fatte di colpi leggeri e potenti con 4 tipi di lama, ma anche magie e poteri speciali attivabili di tanto in tanto che per breve tempo rendono il nostro personaggio ancor più pericoloso.
MX Video - Initial II: New Stage
Questa parte del titolo risulta piuttosto appassionante. Si salta da un nemico all'altro con naturalezza, con un sistema di puntamento automatico che rende facile indirizzare i colpi e con movimenti veloci e reattivi che ci permettono di evitare al meglio gli attacchi o cambiare tattica offensiva al volo. Si può sicuramente affrontare il gioco come un "button masher" e superare i combattimenti usando le stesse 2-3 mosse alle difficoltà più basse, ma passando a quelle più alte diventa imperativo saper evitare gli attacchi nemici e destreggiarsi al meglio tra loro, rompendo le loro difese e colpendo quando fa più male.
In fin dei conti è questa l'essenza del gioco, perché i ragazzi del team cinese Restory non hanno arricchito il titolo con molti elementi di contorno. Troviamo delle cut-scene che portano avanti la trama ed anche un hub esplorabile a Philosophia, ma il cuore del gioco sono i combattimenti e questo si vede anche nel level design di quasi ogni area, con percorsi lineari e praticamente nessuna deviazione, Anche dove sembrerebbe esserci la possibilità di prendere un percorso alternativo quasi sempre si viene bloccati da muri invisibili di dubbio posizionamento. Esplorando bene è possibile trovare un paio di piccoli segreti, ma il gameplay consiste comunque praticamente nell'andare avanti area per area, affrontando di volta in volta i nemici che si teletrasportano sul posto ed arrivando poi al boss di ciascuna sezione. Come spesso accade in questo tipo di giochi, durante i combattimenti c'è anche una barriera che delimita l'area dello scontro; questa sparisce solo alla caduta dell'ultimo nemico.
La nostra avventura scorre nel corso di 10 capitoli durante i quali sblocchiamo costantemente nuovi poteri e vengono introdotti nuovi nemici; la trama non decolla mai, ma poco importa. Il tutto per circa una dozzina d'ore di gioco, senza molti spunti di rigiocabilità tranne che per i diversi livelli di difficoltà.
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