Recensione - ChromaGun
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Come il fenomeno puzzle di Valve, anche ChromaGun parte con una premessa semplice: ci troviamo all'interno di una serie di test in stanze dai colori chiari e con visuale in prima persona. Qui però non si risolvono gli enigmi a suon di portali ma con i colori; il gioco ci mette infatti a disposizione un'arma capace di colorare diversi oggetti, inizialmente con un solo colore ma poi con i tre colori primari: giallo, blu e rosso. Questo non serve per arredare a nostro piacimento queste sterili stanze come fossimo in The Sims, ma per risolvere enigmi specifici.Questi in genere appaiono abbastanza semplici, basati su tasti da premere con dei pesi sferici fluttuanti, allo scopo di aprire le porte che ci conducono al livello successivo. Questi pesi non sono però spostabili manualmente, ed addirittura in molti casi interagendo con essi si viene attaccati e si rischia di morire; è qui che entra in gioco il sistema di colori. Queste sfere infatti seguono i colori di cui abbiamo pitturato i muri, suddivisi in spezzoni verticali. Basta sparargli col colore scelto, e dal pavimento al soffitto quella striscia di muro diventerà del colore selezionato e, se una o più sfere vicine hanno quel colore, andranno a posizionarsi di fianco al muro. Non esistono solo i tre colori base ma ben sette, perché mischiando i colori primari possiamo anche arrivare al viola, all'arancione, al verde e al marrone.
Spiegata così la meccanica di attrazione dei colori sembra molto semplice, ma c'è dietro tutto una serie di calcoli, poiché è possibile che più di un muro sia colorato in un certo modo. Ciò che succede in questi casi è che le sfere interessate dai colori fanno, di fatto, una media. Se ci sono 3 spicchi di muro uno di fianco all'altro con i due pezzi esterni colorati, la sfera si fermerà in mezzo perché è attratta in ugual modo da entrambi i pezzi verniciati. Similmente se verniciamo due muri che si trovano uno di fronte all'altro, la sfera si andrà a posizionare esattamente al centro della stanza, a metà strada tra le parti colorate.
MX Video - ChromaGun
Con stanze sempre più complesse e sempre più sfere da gestire, gli enigmi diventano rapidamente alquanto complessi. Non aiuta il fatto che alcune sfere sono ostili e iniziano ad inseguire il giocatore quando vengono colorate - in compenso, ciò può essere usato per attrarle in aree del loro colore, intrappolandole dove servono maggiormente. Di livello in livello si vanno così ad incontrare aree sempre più variegate, con zone buie, pezzi infuocati e così via, il tutto con una voce di sottofondo che sembra il fratellino di GLaDOS. di Portal: ironico e totalmente disinteressato alla sopravvivenza del protagonista. E similmente al classico di Valve, pian piano si arriva a capire che sta succedendo e perché ci troviamo lì.
Fin da subito diventa evidente che non si tratta di test sterili, lineari e fini a sé stessi. L'ordine viene presto spezzato da aree mezze distrutte, muri danneggiati, porte difettose - forse c'è qualcosa di più rispetto a un normalissimo test, ma ovviamente non vi rivelerò nulla. Ciò che invece vi svelo è la durata, che puntando al solo completamento si aggira sulle 4 ore, ma la presenza di qualche segreto e obiettivo secondario può allungarla fino a 5-6. Non ci sono poi modalità alternative, difficoltà aggiuntive o una componente multiplayer, né tantomeno una traduzione italiana: solo sottotitoli in inglese.
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