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The Town of Light

Recensione - The Town of LightXbox One DigitalGame

Ad un anno dall’esordio su PC il team di sviluppo toscano LKA porta anche su console l'avventura psicologica The Town of Light, che attraverso la storia della protagonista Renèe getta un fascio di luce sulle condizioni dei manicomi italiani pre-anni '80, prima che venissero chiusi dalla legge Basaglia. Abbiamo quindi affrontato questo viaggio alla ricerca della verità nascosta nella Città delle Luci: eccovi com'è andata.

Il Gioco

Renèe inizia a sentire le voci a sedici anni. I soldati della Germania nazista stanno per invadere la Polonia e gettare il mondo nel baratro della guerra, ma la ragazza ha già visto spalancarsi il suo personale abisso fatto di oblio, violenza e paura. Internata nel manicomio di Volterra, in Toscana, scopre subito che la struttura non è altro che un punto cieco del creato, dove le persone come lei vengono rinchiuse per permettere al mondo di dimenticare. La sua storia, e di riflesso le condizione dei malati mentali di quel periodo, prende forma fra le stanze abbandonate e in rovina del padiglione Charcot. Guidata dal giocatore che ne vive le vicende con visuale in prima persona, Renèe vaga ora a distanza di anni nei ricordi indotti da foto, lettere e documenti trovati nelle diverse aree del manicomio. Il nostro compito è quello di ascoltare il suo racconto e capire qual è il passo successivo. Se, per esempio, in un foglio trova la relazione del chirurgo, allora Chirurgia è il prossimo posto da visitare. In un certo senso The Town of Light è una piccola indagine atta a ricostruire una storia spezzata dal tempo.

In questo frangente il lavoro di LKA è stato svolto utilizzando documentazione reale riadattata, ma non per questo meno raggelante. All’interno delle rovine del manicomio di Volterra si possono ammirare avvisi, quadri e foto d’epoca, come il divieto allo “Sputo in terra e linguaggio blasfemo” emanato da Sua Maestà, il Re d’Italia. Anche nel linguaggio utilizzato da Renèe vi sono echi di quella che era la lingua di inizio secolo, con termini come “mutacica” e la scomparsa di allitterazioni oggi d’uso comune.

MX Video - The Town of Light

Le meccaniche di gioco, come già accennato prima, sono estremamente semplici e raramente vanno oltre l’ascolto e l’osservazione, con tanto di aiuti nel caso non si sia colto l’indizio utile a procedere. The Town of Light di fatto non è un thriller, né tantomeno un horror game. Bisogna tornare al termine italiano, "orrore", per descrivere cosa il gioco LKA mette a schermo. L’orrore dato dall’abbandono sociale che vedeva i malati (sempre che lo fossero davvero) come Renèe entrare in un circolo vizioso fatto di abusi, diagnosi e trattamenti utili solo ad aggravare la loro condizione, così da rendere effettiva una malattia inizialmente solo supposta. Chiunque diventerebbe folle se fosse costretto a subire quello che subivano gli ospiti di strutture come quella di Volterra.

Non a caso The Town of Light è sconsigliato a persone sensibili sul tema, non tanto per la presenza di contenuti grafici di particolare impatto (solo la scena finale mi ha messo in seria difficoltà), ma per il fatto che quanto narrato si insinua nella mente dello spettatore insieme alla consapevolezza che non si tratta di un lavoro di fantasia. Non servirebbero nemmeno queste righe per farvi capire di cosa stiamo parlando: la legge Basaglia, che chiuse i manicomi, è del 1978: chiedete ai vostri genitori o ai vostri nonni cos’era la medicina psichiatrica prima di allora, e poi tornate a guardare attraverso gli occhi di Renèe.

Amore

La ricostruzione

- In termini grafici e visivi il lavoro fatto per The Town of Light è molto buono. Non sono molte le occasioni a disposizione per visitare le rovine del manicomio di Volterra, ma The Town of Light sopperisce a tale limite con una riproposizione molto fedele della struttura allo stato attuale. Certo, alcune cose sono state aggiunte per dovere di trama, ma basta un giro su Google per vedere che la Città delle Luci di LKA ripropone con particolare fedeltà quanto ha da offrire la struttura attuale ad eventuali visitatori.

La distruzione

- Il lato narrativo è portato avanti da una voce fuori campo ottimamente doppiata in italiano, quella di Renèe, dal materiale storico trovato nelle stanze del manicomio e da bellissimi disegni utilizzati nelle cutscene per raccontare il passato. Sono tutti aspetti di fattura pregiata. In particolare i documenti, nonostante siano letti dalla voce di Renèe, sono riportati a schermo con tale precisione da poter essere letti direttamente dal giocatore. Tutto questo concorre a comporre una storia che difficilmente vi lascerà insensibili. In aggiunta, fra una ricerca e l’altra, è possibile esplorare la struttura in lungo e in largo senza particolari limitazioni, arrivando così a scoprire aree non necessarie alla trama ma comunque meritevoli di essere scoperte per la storia nascosta che racchiudono.

La giusta misura

- Personalmente classifico The Town of Light come gioco didattico. Il gameplay estremamente semplice, a favore di un lato narrativo e documentarista molto marcato, rende l’opera LKA un titolo fruibile da tutti che non si abbandona a facili escamotage d’intrattenimento per rendere il pacchetto più attraente. Non vi sono momenti spaventosi o colpi di scena da sceneggiatura hollywoodiana. La descrizione degli eventi, inoltre, riesce a rimanere più imparziale possibile. I dottori, salvo rari casi, rimangono figure marginali così da permettere al giocatore di vedere il male di quei metodi e di quegli anni nel concetto stesso della medicina dell’epoca e non come risultato di scelte immorali fatte da singoli soggetti.

Odio

Tecnicamente traballante

- Mi era già capitato di vagare per il manicomio di LKA avendo giocato a suo tempo la versione per PC, ed allora avevo notato come il motore grafico, nonostante riportasse gli ambienti con grande cura, non riusciva ad offrire un'esperienza fluida. Lunghi caricamenti e frame-rate instabile avevano funestato il mio vagabondare fra le rovine. All’epoca avevo dato parte della colpa anche alla configurazione sulla quale avevo svolto la prova, non essendo effettivamente in grado di far girare The Town of Light al massimo delle impostazioni. Per questo motivo sono rimasto molto deluso nel constatare che gli stessi problemi sono presenti anche su console, rendendo palese quindi che si tratta di un brutto lavoro di ottimizzazione del prodotto. Ad un anno di distanza e su macchine che non hanno alcun problema a far girare titoli nettamente più ingordi, le incertezze di The Town of Light sono difficili da accettare.

La marionetta di legno

- Messo in chiaro che The Town of Light non è un gioco d’azione o horror ma un’opera che punta tutto sulla narrazione, risulta comunque fastidiosa, sul lungo termine, la scelta di muovere Renèe a passo lento in ogni occasione. Anche i movimenti spesso sono impacciati e richiedono una certa dose di pazienza per il loro completamento.

Interfaccia ermetica

- Durante la storia di Renèe vi sono dei momenti in cui il giocatore è chiamato a rispondere attraverso delle opzioni di dialogo. A seconda della scelta compare a schermo un simbolo che vede raffigurata una persona di fronte ad una folla e delle frecce che indicano alternativamente la persona, la folla o entrambe. Non vi è spiegazione nei menu di gioco per tali simboli, e le risposte non sembrano influire sull’esito del racconto. Anche dopo aver completato il gioco due volte, non ho ancora capito le regole e le conseguenze di tale meccanica.

Tiriamo le somme

Preso come titolo didattico, The Town of Light è un’opera degna di apprezzamento che, attraverso un solido comparto narrativo e un gameplay semplice, offre uno scorcio brutale su un pezzo di storia da non dimenticare. Si tratta però di un titolo da non approcciare con intenti evasivi o per il gusto dell’intrattenimento nell'accezione più semplicistica del termine. E purtroppo il viaggio di Renèe, della durata di circa tre ore, è funestato da incertezze tecniche non giustificabili: l'acquisto è quindi consigliato ai più intellettualmente curiosi e sperimentatori tra voi, mentre chi ha iniziato a leggere questa recensione aspettandosi un "normale" titolo horror ne uscirà inevitabilmente deluso.
6.5

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L'autore

autore

Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

c

Commenti

i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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Hulong Zhan Shi:

Grazie per la recensione

P 09-06-2017 21:40
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