Recensione - Prey
Il Gioco
Anno 2034. L’umanità ha compiuto innumerevoli passi avanti sul fronte tecnologico, e i risultati raggiunti in campo scientifico sono secondi solo a quelli ottenuti nell’esplorazione spaziale. Ormai il genoma umano non ha più segreti e la sperimentazione atta a modificare e ampliare il patrimonio genetico è all’ordine del giorno. Il fiore all’occhiello in questo campo è l’invenzione dei Neuromod, pratici kit autoiniettabili grazie ai quali è possibile espandere le proprie capacità fisiche e psicologiche. La nostra avventura comincia nei panni di Morgan Yu, brillante scienziato (o scienziata, visto che possiamo decidere di giocare come uomo o donna) proveniente da una facoltosa famiglia tedesca ora impiegato presso la TranStar Industries, multinazionale che ha finanziato proprio la sperimentazione sui Neuromod, di cui Morgan, assieme al fratello maggiore Alex, sta sviluppando i possibili utilizzi.Dopo aver scelto il sesso di Morgan nella schermata di benvenuto, il suono della sveglia ci butta giù dal letto del nostro appartamento per cominciare la prima giornata lavorativa presso i laboratori TranStar. Neppure il tempo per un caffè o una doccia, che veniamo contattati dal nostro panciuto fratellone impaziente di farci indossare la speciale tuta rossa per eseguire i test e indirizzarci sul tetto del nostro condominio, dove verremo trasbordati tramite elicottero presso gli uffici della TranStar. Una volta giunti sul posto, incontriamo l’equipe scientifica designata a lavorare con Morgan e siamo chiamati a svolgere piccoli test attitudinali, a superare brevi prove fisiche o di adattamento all’ambiente circostante. Tuttavia qualcosa va storto e quella che doveva essere una tranquilla giornata di lavoro si trasforma in un incubo. Infatti assistiamo impotenti a una vera e propria invasione aliena ad opera di piccoli esseri neri poco più grandi di un gatto, ma veloci e letali. Il loro corpo fumoso e le quattro appendici vibranti che li fanno assomigliare a dei ragni si attaccano al volto dei malcapitati scienziati, avvizzendoli come frutti andati a male e privandoli quasi istantaneamente della vita.
Sotto shock e ancor prima di farci venire un’idea per trovare una via di fuga, ecco che ci troviamo nuovamente nel nostro appartamento, in preda ai postumi di quello che sembrava un incubo. Ma per il povero Morgan il vero incubo è ben lungi da rivelarsi: infatti, dopo aver ricevuto un messaggio da una voce sconosciuta che ci esorta a scappare, scopriamo che in realtà il nostro lussuoso appartamento in centro città e la vita che credevamo di condurre non esistono. L’intero edificio, gli ascensori, così come il tetto e l’elicottero deputato agli spostamenti casa-lavoro erano una sofisticata farsa realizzata con superfici scorrevoli e schermi olografici, che ci teneva prigionieri e sotto costante osservazione da parte di un gruppo di scienziati capitanati da nostro fratello Alex. E come se non bastasse, scopriamo di non essere neppure sulla Terra ma su Talos I, una stazione spaziale in orbita attorno alla Luna ora apparentemente deserta. A lenire lo shock di Morgan non serviranno neppure le parole di Alex che prontamente ci contatterà, implorandoci di fidarci di lui. L’unica voce amica è invece quella via radio di January, un misterioso individuo di cui non abbiamo memoria ma al quale diamo istintivamente fiducia e, seguendo le sue direttive, veniamo piano piano a capo dell’intricata vicenda che ha causato la perdita della memoria di Morgan e soprattutto la morte di migliaia di persone che abitavano Talos I.
La stazione spaziale Talos I è un ambizioso progetto della multinazionale TranStar, sovvenzionata da facoltosi mecenati americani e russi durante la presidenza Kennedy, che hanno messo all’opera le loro menti più brillanti al fine di portare avanti l’esplorazione spaziale e la ricerca scientifica sui Neuromod. Quello che invece è tenuto segreto per ovvie ragioni è che la materia organica di cui è composto il processo produttivo dei Neuromod è di origine aliena, appartenente ai Typhon, la oscura razza ostile che ha fatto breccia nelle difese di Talos I sterminandone buona parte della vita umana presente. Il nostro compito nei panni di Morgan è quindi quello di seguire le direttive dettateci da January e i pochi alleati sopravvissuti, intenti a rivelarci la verità sull’accaduto, ma soprattutto dovremo vendere cara la pelle perché Talos I è ancora infestata da entità aliene. Queste vanno dai piccoli quadrupedi Mimic, esseri capaci di mutare aspetto in oggetti comuni o soprammobili per nascondersi in piena vista nello scenario, ai feroci Spettri, mostruosi alieni antropomorfi, un tempo esseri umani, capaci di assorbire e utilizzare poteri elementali offensivi come elettricità e fuoco. A questi vanno ad aggiungersi gli invisibili Poltergeist, in grado di scagliare oggetti, e gli inquietanti Tessitori, esseri filiformi capaci di impossessarsi delle menti umane o rianimare i cadaveri per tramutarli in Spettri. Insomma, per farla breve, i grattacapo non mancano. Soprattutto considerando che il nostro Morgan non è un soldato ma uno scienziato, e le scorte di armi e munizioni a sua disposizione sono davvero esigue per tutta la durata dell’avventura.
MX Video - Prey
La prima arma su cui mettiamo le mani è una chiave inglese, duttile attrezzo che ci farà molto comodo per sfoltire i branchi di Mimic in agguato, pronti a palesarsi e ad attaccarci non appena passiamo nelle loro vicinanze (dei jumpscare viventi, di fatto). Fortunatamente verso la prima metà di gioco ci imbattiamo in un dispositivo ancora più utile: il Cannone Gloo. Non propriamente un’arma, il Cannone Gloo nasce come strumento di manutenzione per il personale tecnico di Talos I e permette di sparare raffiche di schiuma che si solidifica a contatto con l’aria, per isolare perdite di gas o disattivare temporaneamente pannelli elettrici in sovraccarico. Inoltre, la Gloo ci permette di crearci anche utili percorsi alternativi, creando piattaforme di schiuma per superare i numerosi ostacoli dello scenario e per raggiungere zone altrimenti irraggiungibili. Fa il suo discreto lavoro anche con i Typhon, rinchiudendoli temporaneamente in una scorza schiumosa che ci permette di abbatterli a colpi di chiave inglese o ci dà il tempo necessario a scappare e nasconderci. Alla magica accoppiata Cannone Gloo/chiave inglese si aggiungono poi le più canoniche bocche da fuoco da sparatutto in prima persona, come pistole e l’intramontabile fucile a pompa, accompagnato da varie granate per movimentare il tutto. E anche per ciò che concerne gli esplosivi, la parola d’ordine è originalità. Infatti nell’arsenale di Morgan troviamo le granate Nullwave, capaci di inibire le letali doti psichiche dei nostri nemici alieni e le sfiziose granate riciclanti, in grado di scomporre in materie prime tutto ciò che si trova nel loro raggio di detonazione. Ed è proprio grazie alle materie prime che raccogliamo dalle spoglie dei nostri nemici o che sintetizziamo attraverso le apposite postazioni di riciclo di ciarpame, che riusciremo a produrre indispensabili risorse come kit medici, kit di riparazione della nostra tuta, armi e munizioni.
Ma non è finita qui, perché in Prey a farla da padrone non sono solo le armi ma anche e soprattutto i Neuromod, l’utilissimo Psicoscopio e i chip applicabili alla tuta di Morgan. I primi sono potenziamenti che possono essere scovati qua e là per la stazione o fabbricati ad hoc tramite le console di produzione, e permettono di sbloccare capacità fisiche e psichiche per ampliare la capacità del nostro inventario, sollevare oggetti sempre più pesanti, violare sistemi informatici sempre più complessi e aumentare i parametri di salute, velocità e resistenza. Tramite i Neuromod abbiamo la possibilità di apprendere anche capacità aliene, come la telecinesi, l’utilizzo di onde di energia o sfruttare la mimesi dei Mimic a nostro vantaggio. Potremo magari trasformarci in una tazza da caffè o in un qualsiasi altro oggetto comune per depistare i nostri inseguitori o, perché no, rotolare attraverso una feritoia per raggiungere un’area interdetta. Per permettere l’acquisizione delle doti aliene dobbiamo però scansionare i vari tipi Typhon con lo Psicoscopio, un particolare visore che ci permette anche di scovare i Mimic celati nelle aree che perlustreremo e soprattutto di taggare e mappare i nemici all’interno di ciascuna zona. A chiudere il cerchio delle abilità di Morgan ci pensano i chip, comodi upgrade installabili e removibili a piacere che si applicano alla tuta e allo Psicoscopio, in grado di rendere il nostro protagonista immune a determinati attacchi o incrementare i valori delle sue abilità in uso.
Perlustrando i tentacolari corridoi di Talos I ci imbatteremo anche in numerosi computer che potremo violare a piacimento per leggere messaggi di posta elettronica o avviare specifici software che sbloccano porte sigillate o che ci faranno scaricare le mappe dell’immensa stazione. Capiterà di essere contattati anche dai pochi esseri umani ancora in vita, che ci imploreranno di aiutarli in svariate mansioni di approvvigionamento o di liberarli dalla loro prigionia: tutti incarichi secondari che potremo liberamente non seguire per dedicarci soltanto alla trama principale, che ci terrà comunque impegnati per circa 15 ore.
Prey non è un titolo che conquista per il suo comparto tecnico, per quanto questo goda una cura generale dei dettagli e degli stessi modelli poligonali belli e solidi che tanto hanno reso il recente Dishonored 2, anch'esso sviluppato da Arkane, un ottimo titolo. Quello che colpisce del gioco è innanzi tutto la sua ambientazione, architettonicamente perfetta, realizzata in modo eccellente e resa viva e pulsante attraverso le routine dei suoi custodi meccanici perennemente all’opera, che alterna spogli corridoi foderati in metallo a sfarzose sale comuni finemente arredate in art déco, per poi culminare in sezioni nello spazio in assenza di gravità capaci di mozzare il fiato, dove godiamo di una vista esclusiva dell’intera stazione dall’esterno, ammirando la sua fluttuante immensità.
Il livello di sfida è notevole anche ai livelli di difficoltà intermedi, e questo farà sicuramente la felicità dei giocatori più scafati del genere FPS. Ma non fraintendete, Prey non è solo (anzi, lo è in minima parte) uno sparatutto ambientato nello spazio: la sua trama è profonda, cela innumerevoli misteri e per quanto garantisca una buona dose di pallottole da sparare il suo gameplay è scandito anche da ben altre dinamiche quali la sopravvivenza, che prevede l’analisi certosina delle zone esplorabili e dei nemici, numerose fasi stealth e in casi estremi anche la ritirata strategica.
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