Recensione - Prison Architect
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Sin dalle prime battute con Prison Architect è possibile notarne lo stile grafico estremamente semplice, che rievoca i giochi in Flash per browser: siamo infatti alle prese con un simulatore che punta tutto sulla chiarezza e la comprensibilità a discapito dello spettacolo, con colori vividi, spessi bordi neri, enormi scritte ovunque e così via. Non sarà una gioia per gli occhi, ma almeno non ci si confonde. Il gioco è strutturato tramite una serie di diverse storie da giocare una dopo l'altra: queste non solo offrono trame particolari, ma ci spiegano gradualmente tutte le meccaniche del gioco.E quali sono, quindi queste meccaniche? Si tratta alla base di un gestionale/simulativo alla Dungeon Keeper, dove il giocatore è chiamato a gestire ogni aspetto di una prigione. Dalle primissime fasi di costruzione delle varie aree (le celle, gli uffici, il giardino, la mensa, la dispensa, e così via) all'effettiva gestione di esse, dal più piccolo parametro come il morale dei dipendenti e la qualità del cibo, a pianificazioni su larga scala come il collegare l'acqua potabile e la corrente ovunque serva. Il tutto senza combinare guai.
Infatti, in Prison Architect gestire male il proprio penitenziario causerà problemi a lungo termine al giocatore. Se lasciate aree non controllate dalle guardie, possono esserci risse o accoltellamenti; se il cibo scarseggia e i detenuti si annoiano, c'è più possibilità di rivolte; se non si punta alla sicurezza e si va al risparmio sulle materie prime, possono esserci guasti e incendi. Gli imprevisti sono sempre dietro l'angolo, e va quindi tenuto tutto sotto controllo.
Le già citate storie del gioco fungono da valido tutorial, facendoci partire con delle prigioni più o meno complete e mettendoci a gestire delle situazioni specifiche, mentre comode scritte a schermo ci spiegano come fare. I comandi risultano semplici ed intuitivi, cosa non scontata per un gestionale su console; un gioco complesso, ma per fortuna è fluido e comodo, quindi i problemi non deriveranno certo dalla realizzazione tecnica.
Le varie storie sono peraltro molto varie e mature, e per quanto non siano il punto focale del titolo, offrono situazioni dove riflettere davvero su cosa sia giusto e cosa no, come ad esempio quella che ci vede gestire un marito geloso diretto alla sedia elettrica (nonostante il gioco sia inglese, include la pena di morte americana) a faide mafiose e molto altro. Si tratta di vicende intriganti che fanno sorgere anche dubbi morali su quale sia la scelta giusta, facendoci vedere (com'è giusto che sia in una modalità simil-tutorial) le reali conseguenze di uno stile di gestione pacifica, così come di una violenta.
Tutto questo serve però per apprendere al meglio il gioco così da poterci poi sbizzarrire nella modalità libera, dove è possibile creare prigioni di qualunque genere partendo da zero. Dalle primissime fondamenta alla gestione dei carcerati, qui il tutto diventa quasi un titolo survival, vedendoci gestire ogni aspetto del carcere senza che le cose vadano a rotoli tra bancarotta, fughe di detenuti o peggio. Peraltro, è proprio qui che il giocatore può dare sfogo alla creatività creando strutture di ogni genere: costruzioni futuriste, aree bellissime e comodissime ma anche fortezze dove regnano violenza e terrore, e dove ogni guardia ha l'ordine di sparare a vista. Si tratta di un sistema profondo che dà davvero molta libertà ai giocatori, proponendoci un gameplay sulla carta infinito.
E se questo non bastasse, è possibile anche scaricare le prigioni salvate da altri giocatori per poter quindi vivere le loro partite. Alcune possono essere geniali, innovative o semplicemente diverse dai vostri salvataggi, e chissà che non possano ispirarvi a creare qualcosa di ancora più grandioso. Oltre a questo non sono presenti modalità aggiuntive o multiplayer, ma in compenso, c'è una localizzazione italiana di buon livello che comprende tutti i testi del gioco.
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