Recensione - White Night
Il Gioco
“Mi ricordo bene di quella notte. Attorno a me era solo silenzio di quattro pareti, interrotto dal ticchettare ritmico dell’orologio fissato al muro. Fuori invece era l’inferno. La pioggia e il vento infuriavano come spinti da un’entità malvagia che tentava di espugnare le tapparelle abbassate della mia stanza, illuminata dalla luce del monitor e dai flebili led accesi della console. Indossai le cuffie, alzai il volume e decisi di estraniarmi da tutto, come risucchiato da un mondo immaginario in un’epoca remota e privo di colori.”Spero perdonerete il mio incipit del tutto personale, forse fuori luogo in una recensione, ma dannatamente adatto per iniziare a parlare di un titolo come questo. White Night è l’opera prima dei talentuosi ragazzi francesi di OSome Studios, che ci porta indietro nel tempo in una Boston alla fine degli anni ’30 in cui la grande depressione e il proibizionismo la facevano da padroni, disgregando lentamente il paese. Ci racconta la storia di un uomo comune, un alcolista senza nome che vive alla giornata e guarda scorrere la sua vita tra una bottiglia di whiskey e l’altra. In una notte come tante altre passate a bere, l’uomo si accinge a tornare a casa ma un incidente lungo il percorso lo spinge fuori strada e rende il suo veicolo inutilizzabile. Ancora frastornato dall’impatto, l’uomo decide di spingersi oltre i cancelli di una vecchia magione situata nei pressi del luogo dell’incidente, proprio mentre un brutto temporale sta per fare la sua comparsa nel cielo oscuro. Il suo intento è quello di trovare aiuto usando il telefono, ma purtroppo le cose non vanno proprio come sperava e l’uomo si ritrova rinchiuso all’interno dell’enorme casa buia senza una via di fuga.
White Night colpisce innanzi tutto per il suo stile monocromatico assolutamente originale, che ben presto scopriremo accompagnato da una narrazione strepitosa. Gli eventi di gioco sono scanditi dalla voce-pensiero del protagonista, che si farà strada lentamente nei torbidi morbosi misteri della famiglia Vesper, i proprietari della casa, leggendo i loro diari e gli appunti sparsi nelle stanze della magione, in cui potremo trovare riferimenti a mutilazioni, brutali omicidi di un killer seriale di donne e oscuri riti tribali. Scopriremo ben presto che la desolazione dell’enorme casa è soltanto apparente, infatti nel buio si nascondono presenze ostili capaci di farci facilmente la pelle, dato che il protagonista non dispone di nessuna capacità offensiva. Il nostro compito quindi non sarà soltanto quello di trovare una via d’uscita dalla villa, ma anche quello di salvare uno spirito inquieto di una donna, una cantante jazz di nome Selena che chiederà ripetutamente il nostro aiuto. L’unico deterrente verso queste presenze malvagie è la luce, che in White Night rappresenta tanto un luogo sicuro quanto un raro privilegio da sfruttare con parsimonia. Durante il nostro incedere nell’oscurità della villa potremo avvalerci soltanto della luce tenue dei fiammiferi che riusciremo a racimolare qua e là nella casa, assolutamente insufficiente a darci piena visibilità degli ambienti e arma inefficace contro i fantasmi. Inutile dire che le scorte di fiammiferi non saranno di certo infinite, cosa che ci costringerà di volta in volta a cercarne altri da utilizzare. Oltre alle manifestazioni degli spiriti, il buio all’interno del gioco è il nostro primo silenzioso nemico, che ci costringerà a cercare costantemente una fonte luminosa dove poter far rifugiare il protagonista, pena il game over.
Il titolo propone la struttura tipica dei survival horror d’altri tempi, con inquadrature fisse e puzzle ambientali che nella maggior parte dei casi hanno come denominatore comune l’uso delle fonti luminose, uniche armi in nostro possesso capaci di offrire tocchi di colore alle immagini rigorosamente in bianco e nero del gioco. Parlando proprio di bianco e nero, è innegabile che White Night offra uno stile assolutamente originale, che si rifà alle opere di Frank Miller e di Danijel Zezelj. Questo fattore aumenta esponenzialmente l’atmosfera del gioco ma purtroppo impatta anche sull’esplorazione di alcuni ambienti, impastando talvolta le immagini sullo schermo specie durante le inquadrature più distanti, dove la ricerca di un interruttore o di un determinato oggetto utile per proseguire l’avventura non sempre risulta facile. Anche il sistema di controllo risente a tratti della struttura retro del titolo, rendendo difficoltose le fughe del protagonista dagli spettri per via dei continui cambi di inquadratura presenti in alcuni ambienti di gioco, difetto che si nota sempre più spesso nei capitoli avanzati. Ultima critica va fatta alla troppa distanza tra i checkpoint, che in White Night vengono rappresentati come zone sicure in cui troveremo delle poltrone su cui riposare per qualche secondo e salvare la partita. Scopriremo presto che il salvataggio dei progressi di gioco è un fattore cruciale, data la severa curva di apprendimento offerta dal titolo e la distanza rarefatta tra i checkpoint ci richiederà talvolta, in caso di accidentale game over, di dover ripetere intere sezioni di gioco. Nonostante questi difetti, White Night è un titolo valido e orginale sia da vedere che da giocare, che propone un ottimo impianto narrativo, un design originale e un comparto audio spettacolare, che riesce perfettamente ad impreziosire l’atmosfera di angoscia e tensione che pervade l’intera avventura. I puristi del genere horror non dovrebbero avere dubbi all’acquisto.
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