Recensione - Cold Fear
di
Luca Airoldi / Airluck
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Una tempesta spaventosa
Anche Ubisoft si lancia in un genere videoludico, quello dei survival horror d’azione, che da molto tempo annovera tra le proprie fila numerosi esponenti: il maestro indiscusso di tale genere rimane Resident Evil, questo è chiaro, ma ciò non sembra spaventare il produttore francese. Cold Fear è qui e vuole dimostrare che ancora esiste qualche pista non battuta con novità interessanti da mettere alla luce in un genere molto amato dai videogiocatori.
D’altronde da una software house poliedrica quale è Ubisoft (citiamo Prince Of Persia, Rayman o Rainbow Six tra gli altri) e soprattutto capace di stupire (Splinter Cell ovviamente), ci si può aspettare davvero qualche sorpresa.
Ed infatti Cold Fear brilla di luce propria, una luce a dire il vero non abbagliante, in quanto attinge a piene mani dal maestro prima citato ma pone sul campo anche qualche elemento inedito e senz’alcun dubbio originale. Il riferimento diviene palese quando ci soffermiamo sul nostro alterego in Cold Fear: Tom Hansen.
Tom, come già accenato nell'anteprima del gioco, non è un eroe come un Leon Kennedy qualunque: Tom è un uomo comune della Guardia Costiera americana che, insieme ai suoi compagni, si trova catapultato in una baleniera russa alla deriva nello stretto di Bering. E come ognuno di noi, Tom soffre enormemente (e vorremo vedere!) il forte rollio di cui la nave è in totale balia, vista la tempesta che incombe minacciosa.
Da questo spunto gli sviluppatori di Darkworks (già autori di Alone in the Dark 4) traggono delle innovazioni che caratterizzano almeno in parte Cold Fear. Innanzitutto il rollio della baleniera influenza in maniera determinante le fasi di mira, e se Solid Snake poteva ovviare al problema ricorrendo a della pentazemina, qui non ci si può che affidare alla propria freddezza e fermezza. Una barra aggiuntiva a quella classica della salute indica poi la resistenza stessa di Tom al movimento periodico cui è sottoposto. Potete ben capire che risvolti come questi fanno sì che il rollio non sia una semplice trovata estetica (in ogni caso ben riprodotta, come vedremo tra poco) ma si ripercuota in maniera determinante ed originale sul gameplay.
Duplice anima
Ciò che emerge a conti fatti in Cold Fear è però il suo aspetto fortemente controverso. Per essere brevi e concisi potremmo dire che il titolo Ubisoft mette in mostra sì delle innovazioni di non poco conto ma finisce poi per arenarsi contro qualche iceberg dello stretto di Bering. Questo per dire che nel progredire degli eventi e alla stretta finale, Cold Fear si perde nella banalità e nel dèjà vu. Beninteso, l’avventura che il gioco propone ha tutte le carte in regola per incollare allo schermo, ma ci sono piccoli nei che tarpano inevitabilmente le ali al titolo sviluppato da Darkworks.
Prendiamo in considerazione il gameplay per esempio: il rollio della baleniera è qualcosa di veramente strepitoso; reso in maniera superba graficamente, si ripercuote come dicevamo sulla giocabilità stessa. Tom incontrerà non poche difficoltà a muoversi e ad assestare la mira, così che la sensazione di essere in preda ad una situazione “tempestosa” si avverte fortemente, quasi da provare davvero il mal di mare!
Tutto qui però. Il resto ricalca le meccaniche classiche dei survival horror d’azione: esplora, cerca, perquisisci, apri le porte (con i fastidiosi caricamenti spezza-tensione) e premi il grilletto. Ribadiamo: niente di male certo, dopotutto un survival horror si basa su elementi e meccaniche di gioco ormai classici, ma viste le premesse si rimane con un pizzico di amaro in bocca. A complicare le cose ci pensa poi la gestione delle telecamere, vero grande difetto di Cold Fear: l’inquadratura in terza persona è infatti non ruotabile ma governata in ogni momento dalla regia. Ciò porta come conseguenza il fatto che la maggior parte delle volte non avremo una visione ottimale di quello che ci aspetta, soprattutto negli ambienti chiusi. Per nostra fortuna, agendo sul grilletto sinistro si passa alla modalità di mira da dietro le spalle (Splinter Cell insegna), potendo così fare luce su tutti i punti bui prima invisibili. Considerando inoltre che passare da visuale fissa in terza persona a modalità mira in prima provoca un forte disorientamento, potete facilmente immaginare che vi troverete a giocare praticamente tutta l’avventura in prima persona per evitare spiacevoli sorprese di comparizioni dal nulla.
Soli contro l’ignoto
Anche tecnicamente Cold Fear ostenta la sua duplice natura: se da una parte infatti il motore grafico sfoggia effetti pregevoli e davvero spettacolari (la tempesta è resa in maniera perfetta) dall’altra appaiono quasi imbarazzanti i nemici, composti da texture piatte ed animati legnosamente. Nulla da dire sul design delle ambientazioni: pur avendo scelto di collocare l’avventura in un luogo ben definito e circoscritto, i designer sono riusciti ad imprimere grande originalità alle diverse situazioni di gioco. Cabine, cucine, stive e tutto quanto sta dentro la baleniera è ottimamente progettato e concepito per non generare frustrazione.
Discorso analogo può essere fatto per il comparto sonoro: musiche di sottofondo ben orchestrate, incalzanti e adatte alle diverse situazioni, fanno da contraltare ad effetti sonori scialbi e poco ispirati (lo sparo della pistola riporta alla mente i western di qualche decennio fa) e ad un doppiaggio non certo carismatico.
Accettata questa duplice anima di Cold Fear non possiamo però negare che tutto fili via liscio: soprattutto dopo aver familiarizzato con l’ostica gestione della visuale, l’avventura si spalancherà dinanzi a noi pronta per essere vissuta fino all’ultimo secondo. La baleniera si farà esplorare da cima a fondo offrendo più di una volta colpi di scena e momenti d’azione adrenalinica anche grazie alla caratterizzazione degli ambienti come detto fantastica, tanto che difficilmente si esploreranno cabine anche lontanamente simili.
La presenza di svariate armi da fuoco, ottenibili con il progredire dell’avventura, aumenta la voglia di proseguire scacciando il pericolo di frustrazione. Qui subentra anche un aspetto molto interessante e strategico che Cold Fear mette sul piatto: siccome le munizioni a disposizione non abbondano mai, è buona norma perquisire sempre i cadaveri trovati per strada, sempre che questi siano perquisibili... pertanto, meglio incendiare i mostracchioni con il lanciafiamme e farla finita o rischiare lo scontro a fuoco classico con la possibilità di far poi proprio quanto i cadaveri hanno da offrire?
Aggiungiamo a ciò il fatto che i corpi posseduti dalle exocellule (questo il nome degli abomini che si sono impossessati dei componenti dell’equipaggio russo della baleniera, fedele riproduzione delle las plaguas di Resident Evil 4) possono essere eliminati anche con un solo colpo, se questo farà esplodere il loro cranio: in tal modo le strade da percorrere sono molteplici anche qui perchè, se la mira non è mai stata il vostro forte, si può sempre optare per stendere il nemico, fiondarsi su di esso e schiacciargli poderosamente la testa con il tasto B. Va tenuto inoltre in considerazione che le exocellule possono anche fuggire dai corpi e “inserirsi” in altri cadaveri sparsi per la baleniera: in tal modo diverrà molto indicato cercare di far sparire qualsiasi possibile “mezzo vivente” facile preda delle temibili creaturine malefiche.
Menzione particolare va fatta riguardo all’assenza di una vera e propria mappa: nessun punto luminoso da raggiungere ma solo indicazioni raccolte con il proseguo dell’avventura che fanno riferimento a particolari zone della baleniera. Questo fa sì che ci si senta effettivamente padroni delle proprie azioni e forestieri in un’imbarcazione sconosciuta anche se, a dirla tutta, spesso si avrà una certa sensazioni di disorientamento visto anche l’utilizzo di termini tecnici navali (a meno che non abbiate fatto parte dell’equipaggio di una baleniera, quando vi verrà detto di recarvi alla "tiga di poppa" difficilmente saprete esattamente dove andare!).
Da quanto detto diviene più immediato comprendere l’aspetto controverso di Cold Fear prima menzionato: il titolo Ubisoft propone innovazioni di prim’ordine, ben studiate ed implementate ma alla resa dei conti finisce per ripercorrere la strada battuta più e più volte dai survival horror d’azione. Ciò non toglie comunque che il risultato globale ottenuto sia di rilievo vista soprattutto la cura con la quale sono state approntate alcune particolarità del titolo: Cold Fear ci veste da guardacoste di capitaneria di porto, ci fionda su una baleniera in mezzo alla tempesta e ci fa passare ore di adrenalina e ansia allo stato puro. Questo è sicuramente quello che interessa a tutti gli amanti dei survival horror d’azione in cerca di tensione, e in Cold Fear di azione e tensione ce n’è a bizzeffe.
Ringraziamo Ubisoft per la collaborazione. 7.2
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