Recensione - Star Wars: Knights of the Old Republic II - The Sith Lords
Accennata così la forza motrice delle intere vicende, torniamo adesso al loro principio. Le classi inizialmente selezionabili saranno quelle più caratteristiche dell'Ordine (Sentinella, Console o Guardiano Jedi) che in seguito, a gioco ed etica evoluti, presenteranno degli interessanti bivi da percorrere (le cosiddette classi di prestigio: Maestro d'armi, Maestro e Custode Jedi; Predatore, Signore ed Assassino Sith). Segue tutto il novero del contorno (ossia volto, parametri numerici e nome del protagonista) che, per quanto con un gusto estetico a tratti discutibile, introduce quel concetto che poi dilagherà in ogni angolo del codice: la personalizzazione. Ed è questa l'arma vincente di entrambi i due episodi editi Lucas Arts: la scelta che emerge su tutto, rievocando la radice del genere (dunque cartacea) e dei copioni di George Lucas e, non ultima per importanza, portando ad una gamma “virtua-comportamentale” invidiabile ai più. A tal proposito la linea di demarcazione morale si fa sempre più ristretta, portando ad una poca utilità delle sfumature (a metà fra l'essere neutrali ed apatici) e ad un ingigantirsi complementare della bipolarità più pura fra bene e male. Ciononostante, una simile visione (se semplicistica o meno si legga l'anteprima) va a totale appannaggio della narrazione, del suo metodo e del suo usufruirne da parte del giocatore. Semplicemente definibile come uno dei più esemplari all'interno del panorama videoludico, il modo con cui la trama compie i suoi passi è inoltre un esempio di come un discepolo possa superare il maestro. La rilevanza dei testi gioca difatti un ruolo onnipresente ed è garante (strizzando l'occhio a quelle avventure testuali da tempo scomparse) di dialoghi che consentono di bel nuovo svariate risposte (con l'influenza del persuadere o dell'imporsi). La manifesta superiorità nei confronti del 2003 sta tutta nella maniacale e pandemica cura degli Obsidian, capaci di usufruire alla meglio del dualismo Jedi/Sith ed arrecando tutti quegli insegnamenti accumulati in anni ed anni di sperimentazione. E' evidente peraltro una maggior visibilità dei personaggi secondari (attributo che per alcuni di essi risulterebbe quantomeno riduttivo), tutti pronti ad intromettersi e consigliare, a dissentire od approvare ogni qual volta sia loro concesso.
Trattando della componente ludica è invece d'obbligo parlare dell'alternanza consuetudinaria fra esplorazione e belligeranze, la prima atta alla scoperta e rivisitazione di pianeti (ove ritrovare indizi per plot principale o secondarie), le seconde ispirate ancora alle regole del canonico dado da 20 di Dungeons & Dragons. Quando, in definitiva, si dà inizio ad un'azione ai danni del nemico (attacco fisico, abilità, tiro salvezza od altro), questa deve tener conto del numero generato casualmente da una scala numerica che va dall'uno al venti, dopodiché i bonus di caratteristiche ed oggetti equipaggiati si sommeranno al numero uscito. Entrambe le peculiarità sopraccitate dipendono strettamente dall'eredità del predecessore, con una ovvia importanza dei menu (basilari per la visualizzazione della mappa o per agire sull'indole combattiva dei propri alleati). Quest'ultimi, i menu, sono ora visivamente più ordinati ed in essi è racchiuso quanto sia necessario al fine di raggiungere i titoli di coda; che poi i fattori rigiocabilità e longevità siano considerevoli è un altro dato di fatto, dovuti alle varie possibilità ed alternative. Il cadenzato ritmo ludico che ne consegue risulta senz'altro interessante (a patto di non odiare un tale metronomo), con anche dei diversivi noti identici o lievemente ritoccati (Pazaak, torrette difensive, corse di Swoop Bike) e con altri ampiamente riveduti e corretti (il banco da lavoro permette tanto il potenziamento, quanto la creazione e manomissione di oggetti curativi, difensivi ed offensivi). Sicuramente era da bilanciare meglio la potenza delle varie tipologie d'armi, alcune delle quali fin troppo superiori ad altre, ma non sono alcune stecche a far tappare le orecchie davanti ad una consolidata orchestra, a meno che, ovviamente, persino la sua prima uscita sia risultata spiacevole.
Al fasto della storia (che, beninteso, è lungi dall'essere perfetta) si uniscono tanto la colonna sonora, fedele alle melodie e sinfonie con cui John Williams ha graziato i suoi fruitori, quanto, in minor misura, la recitazione anglosassone (disturbata prevalentemente da alcuni, tediosi, idiomi alieni). The Sith Lords mostra il fianco, e palesemente, nel reparto grafico il quale, con un frame rate instabile ed occasionali bachi (difficilmente, comunque, si arriverà al game over in seguito a decelerazioni o accelerazioni delle immagini su schermo), perde quell'aura di bellezza mostrata negli altri settori. Le ambientazioni, dal canto loro, concedono (qualora all'aperto) stralci di paesaggi notevoli o comunque coerenti con l'ottica di Guerre Stellari, vantaggio non di poco conto. Eppure, di fronte a poche limature va segnalato come il motore grafico sia rimasto per la sua quasi totalità identico a quello di circa un anno e mezzo fa (non un crimine, certo, ma neppure un vanto). S'intende che i cultori chiuderanno tranquillamente un occhio sui difetti sopraccitati, e poco senso e giustizia avrebbe porvi un eccessivo accento. La verità, infatti, è che in Kotor II scorre quell'encomiabile forza di perfezionare il poter scegliere (essenza, a parere di chi scrive, degli storici Rpg occidentali), raffinandosi al contempo nella narrazione e nel presentarsi testualmente: una compresenza che più d'una volta è mancata a potenziali capolavori.
Ringraziamo GameSurf per la collaborazione. 8.4
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