Recensione - Ride to Hell: Retribution
Il Gioco
Ok, non stiamo troppo a girarci attorno: Ride to Hell: Retribution fa schifo. Ad un passo da un importante giro di boa generazionale, trovarsi di fronte ad un titolo così lacunoso tecnicamente e artisticamente lascia interdetti, e stilarne una recensione imparziale rappresenta un incubo ad occhi aperti e una vera e propria sfida per qualsiasi redattore videoludico. Il titolo ci mette ai comandi di Jake Conway, veterano del Vietnam e figlio di William "Toledo" Conway, leggendario fondatore dei Retribution Dead End, una dell gang di motociclisti più famigerate d’America. Il gioco apre il sipario con Jake che torna a casa dalla guerra e riabbraccia suo zio Mack e il fratellino Mickey; in tutti questi anni di assenza il mondo è cambiato, anche Jake è stato cambiato nel profondo dal sanguinoso conflitto a cui ha preso parte. Al suo ritorno apprende che la sua vecchia gang, i Retribuition Dead End, vive ormai solo nei bei ricordi dei suoi familiari e sulle decalcomanie dei giacchetti di pelle nera che questi ancora indossano con incrollabile fierezza. Purtroppo è proprio grazie ad uno di questi giacchetti sfoggiati con troppo orgoglio che Mickey, il fratello poco più che adolescente di Jake, perde la vita per mano degli scagnozzi della Devil’s Hand, una gang rivale dei Retribution che ha gettato la sua ombra oscura sulla città durante l’assenza del protagonista, tessendo una fitta rete di violenza e compravendita di armi e droga. Inutile dire che l’onta della morte di Mickey e del proiettile che il povero Jake si becca nel tentativo di salvarlo va lavata col sangue, costi quel che costi.Qui finiscono i buoni propositi di Ride to Hell: Retribution. Eh si, perché da quella che nasce come una trama dagli spunti interessanti vengono partoriti aborti demoniaci di narrazione e di gameplay che non possono essere tollerati, specie considerando le potenzialità offerte dalle attuali console all’approssimarsi del cambio generazionale. Il titolo è composto da sequenze molto schematiche: si passa dalle immancabili corse in moto su binari comprensive di acrobazie e scazzottate in stile Road Rash, fino agli scontri a mani nude o con armi da fuoco intervallate da esilaranti scene di sesso, per di più praticate con tutti i vestiti addosso. Il titolo propone un combat system che trae libera ispirazione dalla recente saga videoludica di Batman, ed è composto per lo più dal susseguirsi selvaggio di fasi button mashing e quick time events, il tutto realizzato piuttosto sommariamente. Infatti capita fin troppo spesso di mancare il comando che appare a schermo, specie durante la realizzazione delle contromosse negli scontri a mani nude con gli avversari o durante gli inseguimenti in motocicletta in cui bisogna evitare ostacoli sul tracciato. Questo succede per via della estenuante latenza della gestione dei comandi del pad, che rende l’esperienza di gioco imprecisa e frustrante anche a livelli di difficoltà più bassi.
A peggiorare le cose c’è anche la telecamera che necessita di continui aggiustamenti facendo perdere più volte l’orientamento durante gli scontri e rendendo spesso Jake un bersaglio facile per i nemici durante le sparatorie. Non si salvano neppure gli scontri a fuoco, dove mirare con precisione è un dono per pochi vista l’impossibilità di settare a dovere la sensibilità della mira del protagonista e soprattutto per via dei movimenti disumani degli avversari su schermo, frutto degli innumerevoli bug che attanagliano il gioco. E parlando di bug, non possiamo non segnalare che Ride to Hell: Retribution setta dei nuovi standard esilaranti, come ad esempio i corpi dei nemici che rimangono incastonati nelle pareti o nel pavimento girando su sé stessi come prigionieri di un frullatore invisibile, o il protagonista che a volte si ritrova incastrato dietro un riparo o magari a fluttuare nel vuoto in ambienti completamente privi di texture. Ultima ma non meno importante menzione va al comparto audio del gioco, che risulta poco più che abbozzato vista la grande quantità di effetti sonori che mancano e la ridondanza e scarsa originalità di quelli presenti, musiche comprese. Per non parlare della dimenticabile qualità del doppiaggio, presente nel titolo solo in lingua originale e comprensivo di sottotitoli in italiano, realizzato in maniera a dir poco sottotono per un titolo fatto di muscoli, pistole e motociclette.
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