Recensione - Terminator 3: Redemption
di
Redazione
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In sintesi è tutto qui il passaggio che sorregge la trama e il ruolo stesso del T850, androide superdotato inviato per eliminare l’ultimo coagulo di resistenza umana intorno a John Connors, l’uomo che un decennio prima aveva predetto l’apocalisse tecnologica che si sarebbe abbattuta sul genere umano, ed ora costretto a vagare come un nomade per proteggersi dal micidiale T-X. Ma per l’eterogenesi dei fini e gli esiti inintenzionali dell’azione umana, il sanguinario Terminator finisce nelle mani delle sue vittime designate, e riprogrammato da Daniel, valoroso milite resistente, nonché uomo fidato di John. La maestria ingegneristica di Daniel fa sì che quello scheletro meccanico che è il T850, quel “monstrum” antropomorfo-meccanico partorito da Skynet, si trasformi nell’unico paladino per proteggere gli ultimi umani.
Struttura di gioco
La licenza cinematografica di uno dei marchi più famosi è sicuramente un’attrazione per molti consumatori che però nel passato hanno decretato il fiasco delle numerose trasposizioni videoludiche ispirate alla saga del Terminator. Il difetto comune che aveva minato la bontà dei predecessori di Terminator 3: Redemption (d'ora in poi T3R) era duplice: una giocabilità insoddisfacente, frustrata da una confezione tecnica decisamente trascurata. T3R è il discendente diretto di questa malriuscita saga videoludica oppure ha preso lezioni dalla sacrosanta scuola della selezione naturale? Per trovare la risposta, rivolgiamoci al diretto interessato: giochiamo dunque con T3R!
Il menu di gioco riprende la struttura del menu di un film su dvd: come sul dvd, l’azione è distribuita in una serie di capitoli, ma a differenza di un film, l’accesso al capitolo seguente è subordinato al raggiungimento degli obiettivi di ogni capitolo. Il nucleo duro di T3R resta l’azione diretta del nostro beniamino che si cimenta in combattimenti corpo a corpo, corse e inseguimenti con motociclette stile anni ’80, con elicotteri, pick-up e persino carri funebri nonché futuristici veicoli, le cui tecnologiche bocche da cannone vengono rivolte contro frotte di androidi, impugnando fucili d’assalto, mitragliatori, fucili a pompa, al plasma e lanciamissili. Tuttavia la modalità di gioco non è schiacciata sull’azione distruggi-e-uccidi, affiancando a quello che resta il cavallo di battaglia di T3R una modalità detta “Forza Tech-Com”, che consiste in una partita cooperativa con due giocatori che lottano insieme contro SkyNet, il cui contenuto deprime però le aspettative promesse dal titolo: tutto si riduce nell’appollaiarsi sulle mitragliatrici di un elicottero “Tech-Com” (da cui il nome della modalità di gioco) per spianare la via ad un T850. Sempre sul menu orizzontale, su uno sfondo dove sono alternate alcune sequenze delle varie pellicole del ciclo, è presente la voce “Extra”, ricca di materiale riguardante i filmati di volta in volta sbloccati, i disegni originali, e altri gadgets per i più viscerali aficionados.
Giocabilità
Se queste sono le premesse, sembrerebbe che anche questo T3R sia destinato ad un rapido oblio. Eppure è proprio nell’azione, pura e cruda, senza mosse strategiche o interventi di un’intelligenza artificiale divina, con un solo obiettivo preciso, un solo personaggio, tante armi e poche risorse, che T3R stupisce – e convince. L’originaria e, confessiamolo, semplicistica (è un eufemismo!) struttura di gioco uccidi-e-distruggi trova in T3R alcuni spunti di revisione che offrono qualche centimetro in più allo spessore della giocabilità. Anzitutto il T850 è una macchina configurabile in base a potenziamenti (“aggiornamenti”) che intervengono sulla sua cpu, capace di apprendimento raccogliendo terabyte di informazioni. Per accumulare questi ultimi è necessario completare una missione entro un certo tempo, distruggere le unità di SkyNet, oppure interagendo con determinati oggetti. Una volta incamerati i terabyte necessari, sarà possibile convertirli in potenziamenti della forza di combattimento, del livello di ricarica, della durata della visione radar e dell’energia della visione. Questo infonde indubbiamente una buona dose di attrattiva a T3R, rendendo il nostro beniamino un oggetto più versatile e non soltanto una monotona macchina da guerra.
Vero fulcro di T3R è la commistione di differenti tipi di gioco, dalla guida al combattimento, che spesso – e qui brilla la caratura del titolo – si sovrappongono per moltiplicare il coinvolgimento e anche l’impegno. Perché giocare con T3R non è cosa facile, dovendo badare sia al livello di carica del T850, sia a quello del veicolo che sta utilizzando. Frenetica, a tratti sincopata, mai noiosa: questi aggettivi sono quelli più adatti per descrivere l’azione del T850, che tiene incollate le nostre falangi al pad. A proposito: tanta frenesia di gioco ha bisogno di sorreggersi su di un’efficace sistema di controllo, condizione che T3R soddisfa. In particolare, la maggiore funzionalità è data dai due stick analogici, con i quali controllare i movimenti del Terminator (sinistro) e la telecamera (destro) agganciata all’arma. Appena individuato un bersaglio, si attiva il mirino dell’arma con l’indicatore della salute residua dell’avversario. Il fuoco può essere primario (trigger destro, meno incisivo) e secondario (trigger sinistro, più devastante). Nelle frequenti fasi di guida, con lo stick sinistro si controlla il veicolo, mentre con quello di destra si punta. In ogni situazione di gioco, da quelle più tranquille a quelle più caotiche, il sistema di controllo si è rivelato essere all’altezza del suo compito, offrendo versatilità e ottima reazione, peraltro regolabile dal menu opzioni.
Grafica
Non è di grande utilità affermare che lo stile di T3R sia quello cinematografico. Piuttosto: la matrice chiaramente, forzatamente, cinematografica è irrobustita da elementi tecnici che conferiscono T3R una specifica identità videoludica. Mi riferisco alla varietà poligonale degli ambienti, alla loro ricchezza e profondità che, senza raggiungere apici dionisiaci, trasmette pienamente il senso dell’azione. Partiamo dal Terminator, le cui fattezze sono altamente realistiche, con un’ottima somiglianza alla sua controparte umana, con gestualità tipiche e movimenti naturali (anche se per una macchina). Quando la nostra macchina da guerra inizia a buscarle, ecco allora che il suo aspetto si modifica di conseguenza, subendo lacerazioni nelle veste e soprattutto nel tessuto epidermico, lasciando trasparire la sua struttura metallica, con una cura del dettaglio davvero ragguardevole. Passando agli scenari, la già notata abbondanza di elementi riconduce alla metropoli devastata dagli scontri e priva di vita, in uno stile da giorno dell’apocalisse che si rende visibile soprattutto sul versante cromatico, con palette non certo delle più variegate, ripiegando su tinte scure e fumose, come del resto è l’ambientazione stessa. Il tono più che discreto della veste grafica di T3R si riflette anche nelle illuminazioni, con fenomeni atmosferici, esplosioni, scosse elettriche che insieme “elettrizzano” il gioco trasmettendo un senso di realtà a scenari partoriti (o abortiti?) dall’immaginazione. La visuale è in terza persona, alle spalle del Terminator e leggermente rialzata, così da poter gettare uno sguardo in avanti, mentre alla guida la centratura sul protagonista si riduce per inquadrare un più ampio orizzonte.
L’impianto grafico è anch’esso una macchina ben congegnata che resta solidamente aggrappato a 30 fps senza cali, con un aliasing trascurabile, senza pop-up e bad-clipping.
Il grido delle macchine
Grandioso, esattamente come si addice ad un prodotto del calibro di T3. Sia l’audio ambientale che le voci sono rese egregiamente, con l’ “originale” doppiaggio italiano del Terminator, con fragorose esplosioni, roboanti tuoni, metallici rumori e quant’altro si ci aspetta.
Ruggine, bulloni svitati, cigolio... Le magagne di T3R
Iniziamo dalla struttura di gioco: tanta frenesia è certamente sorretta da un buon sistema di controllo, ma è anche appesantita dall’assenza di punti di salvataggio automatici o dall’opzione di salvataggio, obbligando il giocatore che si cimenta negli esplosivi livelli di T3R a ricominciare dall’inizio la partita anche arrivando a pochi istanti dalla conclusione. Un altro acciacco è la difficoltà stessa, su livelli alti già dal primo livello, che rende appagante l’esperienza di gioco ma anche frustrante. Ma è la concezione del gioco stesso a deludere: progredire nei livelli non è tanto una questione di cosa fare, quanto di farlo nel migliore dei modi possibile, che solitamente (e T3R non è un’eccezione) è uno e uno soltanto. “One best way”: la palla al piede che fa zoppicare anche grandi titoli avvinghiandone la giocabilità alla mera esecuzione di operazioni predefinite in una sequenza predefinita. Più che un giocatore, T3R è alla ricerca di operai da agganciare alla sua videoludica catena di montaggio per farli “giocare” cioè assemblare azioni, spari, colpi uno dopo l’altro. Quindi: libertà zero per il giocatore, che può solo, e anzi deve, riuscire a combinare le azioni giuste nel modo giusto al momento giusto. Peccato!
Tecnicamente il titolo è più vicino al successo che al fallimento, con l’unica, parziale, pecca di textures non troppo definite – ma è cosa di poco conto. 7.2
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