Recensione - Alice: Madness Returns
Il Gioco
Il sipario di Alice: Madness Returns si alza su Alice ora aiutante di un orfanotrofio londinese dopo le dimissioni dal manicomio Rutledge alla fine del titolo precedente, in cui sembra aver recuperato gran parte della sua lucidità persa dopo lo sterminio della sua famiglia a causa di un incendio nella casa natale a Oxford. Ad aver portato la piccola Alice sull'orlo della follia è il dubbio che ci sia una sua complicità con gli eventi di quella notte. Qui la piccola viene sottoposta alle cure psichiatriche del dottor Bumby, ma non ci vorrà molto prima che scivoli nuovamente nel Paese delle Meraviglie, dove si troverà a dover fermare l'avanzata distruttiva di un gigantesco treno per poter finalmente tornare ad una vita normale in un lungo viaggio che fa da metafora al percorso verso la guarigione.Il titolo, un platform-action dal forte carattere dark decadente e grottesco, è diviso in cinque mondi, di fatto dei macrolivelli della durata di due ore e mezza l'uno, alternati ad episodi di vita reale in una Londra che deve moltissimo a Tim Burton, in particolare al suo lavoro in stop-motion “La Sposa Cadavere”. Quando Alice torna nel Paese delle Meraviglie scopre ben presto che i suoi problemi stanno distruggendo quel mondo. L'amena visione dal tratto fiabesco lascia presto posto a chiazze d'unto, ciminiere nerofumanti e macchinari tanto brutti quanto pericolosi. E' chiara anche la metafora che vede il mondo da lei creato divenire lo specchio di un'Europa in piena rivoluzione industriale, dove entrate e produttività sono i nuovi parametri sociali, il fumo del carbone sta sostituendo le nuvole e il petrolio l'acqua. Nonostante la visione proposta dal team di sviluppo possa esser prevedibile, il carattere dato da queste ambientazioni si sposa perfettamente con le atmosfere evocate, così che lo scontro industria-fiaba appare come la scelta migliore per esprimere la decadenza del Paese delle Meraviglie.
Nonostante si continui ad imparare nuove tecniche per tutto il gioco, il primo mondo serve anche ad introdurre il giocatore alle meccaniche più utili durante l'avventura. Si va dal doppio salto con la possibilità di planare allo scatto/schivata, passando per la capacità di rimpicciolire Alice permettendole non solo di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili ma anche di attivare una sorta di visione alternativa in cui è possibile notare delle segnalazioni dipinte su tronchi, mura e pietre, utili a prendere la via giusta o a trovare oggetti collezionabili. Tale visuale permette inoltre di vedere passerelle e ponti invisibili. Durante i percorsi ad ostacoli è possibile raccogliere dei denti che fungono da valuta per il potenziamento delle quattro armi presenti nel gioco. La prima a finire nelle mani di Alice è la lama vorpale, un coltellaccio per combattimenti ravvicinati e veloci. Successivamente entrerà in possesso di un'arma esplosiva, una per attacchi dalla distanza ed una per gli scontri corpo a corpo pesanti. Data la particolare natura di questi oggetti preferisco rimanere sul vago nella loro descrizione, lasciando al giocatore il piacere della scoperta.
Come per le armi, anche tutto il resto dell'universo pensato da American McGee per Alice: Madness Returns è caratterizzato da un design molto curato e particolare. Ogni mondo ha un suo stile predefinito (sia esso orientale, industriale, marino, ecc) e se le meccaniche rimangono alla fin fine sempre le stesse, il piacere di attraversare queste visioni riesce ad attutire molto il senso di già fatto lungo tutto il gioco. Altra nota di colore è data da particolari sequenze in cui viene abbandonata la visuale a tre dimensioni per passare a quella bidimensionale a scorrimento. Ci si trova quindi a dover completare un percorso ad ostacoli all'interno di un quadro dallo stile orientale (stile che si manifesta anche su Alice e tutta la grafica) o a solcare i fondi oceanici su un vascello impegnato a prendere a cannonate squali affamati, il tutto rigorosamente a scorrimento.
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