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Halo 5 e Hunt the Truth: la traduzione dell'Episodio 02
Con un po' di ritardo sull'uscita del terzo podcast di Hunt the Truth, relativo all'Episodio 02, ve ne proponiamo ora la traduzione che speriamo vi aiuti a comprendere meglio quel che sta accadendo in quella che sembra essere una vera e propria operazione di riscrittura della continuity ufficiale di Halo, tramite la scoperta di segreti e menzogne dietro quella che finora si pensava essere la verità assoluta sui fatti della vita di Master Chief e soprattutto sul programma Spartan. Buona lettura!
EPISODIO 02
Non riuscivo a crederci. Secondo il documento che avevo davanti agli occhi, John, il ragazzo destinato a diventare Master Chief, era morto quarantun anni prima. Il mio protagonista, il più grande eroe dei nostri tempi, era morto a sei anni. Era un’incongruenza enorme e dovevo capirne il motivo.
Qui Benjamin Giraud e questo è HUNT the TRUTH.
ONI IA: Rimanga in linea
Se dovesse mai capitarvi di aver abbastanza tempo libero per chiamare l’Office of Naval Intelligence, preparatevi ad aspettare almeno un’ora. Se, invece, dovesse capitarvi di ricevere una chiamata da loro… aspettereste sempre un’ora. Infine non mostrano mai l’interlocutore sullo schermo quindi finireste per parlare con l’emblema ONI.
Benjamin (al telefono): Sto aspettando di poter parlare con Michael Sullivan, sperando possa aiutarmi con il mio problemino con i file.
ONI IA: Rimanga in linea
Benjamin: E siamo a… 85 minuti.
Michael Sullivan, detto Sully, lavora per l’ufficio pubbliche relazioni dell’ONI. Se vi sembra strano che la più segreta fra tutte le agenzie governative abbia un ufficio PR, non siete i soli, ma non è una cosa sulla quale mi metterei a discutere con loro. Ad ogni moto, Sully è stato colui che mi ha messo al lavoro su questa storia, cosa per la quale sono decisamente grato.
ONI IA: Office of Naval Intelligence, Ufficio Pubbliche Relazioni.
Sullivan: Ben!
Benjamin: Ciao Sully! Grazie per aver accettato la chiamata.
Sullivan: Di nulla. Come va con le fonti?
Fino a quel momento non avevo avuto problemi con la storia. Tutti i fatti andavano incastrandosi docilmente, ma ad un certo punto… un oscuro documento dal profondo della galassia che dice che John è deceduto. Ciò contraddiceva ogni cosa, avevo bisogno di Sully per ricavarne un senso, e fortunatamente, lui me lo ha dato.
Sullivan: Benvenuto nelle Colonie Esterne! Nulla ha senso qui fuori.
Benjamin: Sì, sì, lo so. Volevo solo essere sicuro di aver compreso bene i dettagli. Tutti.
Sullivan: Ed è quello che stai facendo! Ascolta, Ben, siamo ai confini dello spazio conosciuto, e il pianeta di cui stai parlando è stato vetrificato. Sai benissimo, come tutti, che i documenti a riguardo sono un casino.
Sì, mi sentivo un poco stupido. Sully aveva ragione, si tratta di un problema reale per le Colonie Esterne: i pianeti distrutti dal plasma non hanno della buona documentazione. Ogni ricercatore è al corrente della cosa, e ogni ricercatore sa che dubitare di questo è prassi quotidiana per i teorici del complotto.
Meshach: È una copertura! Segreto Governativo 101!
Ho ricevuto questo messaggio la scorsa settimana da un uomo di nome Meshach Miradi. È uno dei tanti cospiratori che sono comparsi dal nulla quando ho cominciato a preparare questa storia. A quanto pare ha sentito delle mie indagini su Master Chief. Meshach sembra meno ridicolo della maggior parte dei tizi che riempiono la mia casella mail, ma è di sicuro il più insistente. Mi ha spedito un messaggio al giorno per due mesi. Non ho mai risposto, ma ho trovato la coincidenza temporale del suo ultimo messaggio quasi divertente.
Meshach: Mi faccia indovinare, il governo le sta dicendo che i documenti non hanno senso perché il pianeta è stato distrutto. Ho ragione? È quello che ti raccontano sempre.
Tecnicamente Meshach aveva ragione. Il governo mi sta dicendo esattamente quello. Ma, sfortunatamente per le sue teorie, era vero. I pianeti vetrificati non dispongono di documenti validi, l’amica d’infanzia di John, Ellie Bloom, ha a che fare con questo problema da sempre.
Ellie: Non ne hai idea…
Questo è un estratto dalla sua intervista
Ellie: Voglio dire, può essere molto difficile cercare di trattare con pianeti che non sono stati vetrificati. C’è una tale confusione. Tenere traccia dei file personali, dei documenti finanziari, medici… un bordello assurdo.
In retrospettiva, questo problema sono andato a cercarmelo. Darci dentro con ricerche, aprire vecchi documenti impolverati… e per cosa? Tutto quello che ho ottenuto scavando per conto mio è una testimonianza dell’infanzia di Ellie e la registrazione senza senso di un decesso.
Anche se le cose stavano per cambiare. Sully aveva organizzato un’intervista di persona con il Vice Ammiraglio ONI Gabriella Dvorak. Per quell’incontro non solo ho lasciato il pianeta ma sono salito a bordo della nuovissima nave classe Autumn, l’incrociatore pesante UNSC Unto the Breach. Sono arrivato su una navetta privato, con ogni comfort, mi hanno fatto viaggiare con stile. Quando ho messo piede a bordo, Dvorak mi ha accolto di persona. Di solito ai civili non è permesso salire su navi in servizio, figuriamoci se possono ricevere questo tipo di attenzioni.
Benjamin (dalla registrazione): Io…
Dvorak: Per favore, chiamami Gabriella.
Benjamin: Va bene…
Benjamin: Non ricevo tanta ospitalità del genere.
Benjamin: Cosa vi porta quassù?
Dvorak: [ride] Lavoro.
Mi ha raccontato che era distaccata in zona. Ho avuto fortuna. Per tutto il tempo hanno continuato a trattarmi coi guanti. Giro sul ponte del capitano, nella zona ufficiali, tour completo insomma. Ora che arrivammo al suo ufficio, Dvorak avrebbe potuto raccontarmi qualsiasi cosa e io sarei rimasto a bocca aperta. Ma il motivo per cui mi trovato lì era lei e non si è fatta attendere andando subito sull’argomento.
Dvorak: Eravamo alle fasi finali. Dopo aver combattuto tutte le battaglie, stavo aiutando a trasferire i prigionieri dalle celle di contenimento.
Come Luogotenente UNSC, Gabriella non solo aveva preso parte alle operazioni che avevano portato alla liberazione di John e di innumerevoli altri costretti nei campi di lavoro dei Ribelli, ma si ricordava distintamente il ragazzino tredicenne. Mi ha descritto il momento della liberazione.
Dvorak: Quando li vedevi, vedevi quello che avevano subito, realizzavi contro chi stavi combattendo. I momenti della liberazione furono… impressionanti. Venivano avanti nella luce del sole zoppicando e strizzando gli occhi, erano pallidi, fragili e malati. Le loro schiene erano piagate, avevano lo sguardo basso… sembravano… morti.
A quel punto ha visto John.
Dvorak: Risaltava dritto nella folla come un albero malato. In mezzo a tutta quell’umanità sottomessa c’era questo ragazzo altro che cammina verso di me. Mi fissa negli occhi e, voglio dire, non sembra chissà cosa, ma quello sguardo, da una persona che stava vivendo quei momenti, che aveva vissuto in quelle circostanze… fu uno shock. Appariva malnutrito e disidratato come tutti gli altri, ma era così giovane… e qualsiasi cosa avesse spezzato quelle persone con lui non aveva funzionato.
Dopo quegli eventi, Dvorak era rimasta di stanza a Elysium City, a lavorare nei campi di rifugiati. Fin dal primo giorno, John si era fatto avanti per aiutare Gabriella nei suoi compiti. Nel corso dei mesi seguenti arrivò a conoscerlo alquanto bene.
Dvorak: Ci fu una volta in cui mi raccontò dei suoi genitori. Erano stati rapiti insieme a lui. Non mi disse molto se non che…. beh, che non ce l’avevano fatta.
Da quello che era riuscita a capire le cose si erano fatte difficili fin dall’inizio. Erano morti pochi giorni dopo, alcune settimane prima della liberazione. John era presente quando accadde. Fu una delle rare occasioni in cui John si aprì a Dvorak, e per lei fu memorabile.
Dvorak: Aveva questo sguardo mentre parlava, difficile da descrivere. L’ho rivisto altre volte. Come se stesse sentendo tutto il peso di quello che gli era successo, ma nonostante tutto… era calmo. Non infuriato, depresso, semplicemente… deciso. Era un giovane considerevole.
Così come molte altre persone di Elysium City dell’epoca, oltre che di tutta quella parte della galassia, John aveva perso la sua casa, la sua famiglia, ogni cosa. Le persone raccoglievano quello che le era rimasto e lasciavano la città, senza mai guardarsi indietro. Ma Deon Govender, l’insegnante di Boxe di John, ha detto che molti di loro trovarono un modo per rimanere in contatto, in un certo senso.
Deon: Sì sì, assolutamente. Fummo tutti separati e sparpagliati in giro per il pianeta e le colonie, ma alcuni di noi furono in grado di raccogliere una lista di nomi. Una sorta di memoriale, che cresceva ma mano che ricevevamo maggiori informazioni. Già… mi ricordo di aver visto il nome dei genitori di John presto su quella lista, ma non quello di John. Dopo che aveva saltato quell’ultimo allenamento… non l’ho più rivisto. Però mi ricordo di aver pensato: “Va tutto bene, finché non vedrò quel nome sulla lista va tutto bene.”. E così è stato.
Il suo desiderio di sopravvivere ha lasciato di stucco anche l’allora Luogotenente Gabriella Dvorak.
Dvorak: Penso che… John non volesse più apparire come una vittima. Mi ricordo quando mi disse che stava andando ad arruolarsi. Disse che avrebbe fatto la differenza. Non sono mai stata così sicura di una persona come con lui quando mi disse ciò.
Dal caos della guerra, dalle macerie, un giovane John fu in grado di creare uno scopo per la sua vita. Un obiettivo che lo avrebbe portato a diventare l’eroe di cui la galassia un giorno avrebbe avuto bisogno. Questo è uno di quei colpi di scena nelle storie che mi porta ad avere un attacco di patriottismo. Mi sentito genuinamente ispirato durante il viaggio di ritorno. Ma quando arrivai, Ellie Bloom mi stava aspettando per rovinare ogni cosa.
Ellie: Hey, volevo sentirmi con te riguardo la tua storia, sono davvero in confusione.
Benjamin: Ok, cosa…
Ellie: Ti ricordi quando ti ho detto che avrei sentito la mia amica, Katrina?
Katrina era l’altra ragazza che viveva nel quartiere di John. Il terzo elemento nei giochi d’infanzia di Ellie e John. Ellie ha lasciato il pianeta nel 2517, ma Katrina è rimasta.
Ellie: ha detto che John è morto. È morto quando aveva sei anni.
Benjamin: Aspetta un secondo… cosa?!
Ellie: John era perfettamente in salute, ma ad un certo punto, semplicemente, ha iniziato a deperire. All’inizio pensavo si trattasse di una qualche malattia autoimmune, poi un’altra cosa… poi ancora qualcos’altro… e nel frattempo lui faceva tutti questi test ma i dottori non riuscivano a venirne fuori e i genitori erano nel panico. Fu… orribile.
Quindi… John è morto. Così, dal nulla. Non ho la più pallida idea di come gestire questa storia. Ellie sembrava convinta, quindi mi sono fatto aiutare per entrare in contatto con Katrina. Katrina non mi ha permesso di registrare l’intervista, una donna tutta d’un pezzo. Avrei voluto confutare quello che mi stava raccontando, ma sembrava ricordare le cose in modo così vivido, con tanto di dettagli precisi che non potevo ignorarla. Per quanto ne sapeva lei John era morto. Prima ancora di potermi preparare a quello che stava arrivando Katrina mi diede il colpo finale: i genitori di John erano vivi e in salute ad Elysium City, almeno fino a quando Katrina non aveva lasciato il pianeta nel 2528. Quattro anni dopo la loro, a quanto pare supposta, morte. Doveva essere in errore. Magari si stava confondendo con qualcun altro, o, magari, mentiva? Perché avrebbe dovuto farlo però? Dovevo ammetterlo, mi era apparsa alquanto convincente, ma allo stesso tempo non aveva senso. Pensavo ancora di poter sistemare questa storia, rimettere i pezzi in ordine. Fare in modo che avesse un senso. Ma quello che non avevo realizzato era che quella crepa era solo l’inizio, e tutta la messinscena stava per sgretolarsi.
Continuate con me nel prossimo episodio di Hunt the Truth!
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