Recensione - Project Zero 2: Crimson Butterfly
di
Luca Airoldi / Airluck
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Un’originalità inquietante
Dopo aver stupito la critica e soprattutto l’intero popolo videoludico con Project Zero, Tecmo torna sotto i riflettori con il seguito del suo originalissimo survival horror. Storicamente tale genere ha sempre avuto il suo capostipite nel pluridecorato Resident Evil di Capcom, ma con il tempo diversi ed alternativi esperimenti sono stati condotti da alte software house: Project Zero è senza dubbio il più originale (e probabilmente anche il più riuscito) di tali esperimenti. Un capolavoro di atmosfera e di inquietudine come pochi altri.
Il punto forte di Project Zero 2: Crimson Butterfly può essere facilmente ricondotto all’originalità con la quale ci si deve confrontare e contrapporre ai “nemici”: al di là infatti di altre caratteristiche peculiari che il gioco ha (prima su tutte l’atmosfera che riesce a ricreare) è proprio lo strumento del “mestiere” la cosa più interessante e innovativa. Come tutti noi ben sappiamo infatti, avendola potuta apprezzare nel primo episodio, per allontanare le entità maligne che saremo costretti ad affrontare dovremo fare buon uso di una tanto strana quanto complessa macchina fotografica; l’originale aggeggio del primo capitolo si ripropone dunque anche in questo seguito con numerose e interessanti aggiunte.
Ma procediamo con ordine. Prima di tutto non possiamo che tessere trame di elogi a Tecmo per il lavoro che ha saputo condurre vittoriosamente in porto: Project Zero 2: Crimson Butterfly è inquietudine allo stato puro. Un gioco che fa dell’atmosfera che riesce a ricreare qualcosa che raramente abbiamo potuto apprezzare finora. Non appena impugneremo il joypad verremo catapultati in un villaggio misterioso (teatro dello svolgersi della vicenda) e non ne usciremo più, nemmeno spegnendo la console e riponendo il dvd nella sua custodia...
E’ proprio questo ciò che colpisce di Project Zero 2: Crimson Butterfly: le meccaniche di gioco, il comparto grafico e quello sonoro sono tutti votati a creare un’atmosfera inquietante fino all’ultima sua molecola, il tutto in perfetto stile giapponese che in un battibaleno ci fa venire alla mente film elettrizzanti quali “The Ring”, giusto per fare un quantomai azzeccato paragone cineludico. Già, perché Project Zero 2: Crimson Butterfly sembra a tratti proprio un film che affonda le sue radici nella cultura tipica che ha dato origine a pellicole come quella prima citata.
Un villaggio misteriosamente scomparso appena prima di una lugubre cerimonia, due gemelle dai tratti orientali che si perdono in un bosco umido e nebbioso e giungono al villaggio, ricordi che affiorano alla mente in un continuo vortice psicologico e che si intrecciano con visioni di anime erranti ed in pena: Project Zero 2: Crimson Butterfly è un continuo fluire di sensazioni sinistre e cupe che si alternano senza sosta alla cruda realtà di essersi persi in un villaggio abbandonato (ma diffusamente abitato da spiriti), senza sapere come poter tornare indietro da dove si era arrivati. Senza sapere chi possa trovarsi dietro ogni angolo di ogni casa e soprattutto senza sapere se sia meglio muovere un passo in avanti o uno indietro...
Fotografare per vivere
In questo secondo episodio impersoneremo una delle due gemelle, Mio, la più razionale e decisa, mentre Mayu, più debole e visionaria, ci seguirà nel nostro cammino in parte aiutandoci e in parte complicando ancor più la già difficile situazione.
E' infatti proprio Mayu che, attratta da delle strane farfalle rosse (le Farfalle Cremisi del sottotitolo del gioco), conduce Mio nel villaggio perduto, dal quale nessuno prima ha mai fatto ritorno. Ebbene, una volta immersi nella densa ma allo stesso tempo impalpabile atmosfera del villaggio non ci resterà che impugnare la Camera Obscura (questo è il vero nome della machina fotografica che ci permetterà di difenderci dagli attacchi) e farci strada tra un fantasma e l’altro.
L’originale idea della macchina fotografica vista nel primo Project Zero viene ripresa da Tecmo in tutto il suo splendore: premendo il tasto B si guarda nell’otturatore, la visuale passa dalla terza alla prima persona e inquadrando il fantasma lo si può immortalare su diversi tipi di pellicola per risucchiarne l’essenza ed eliminarlo. Il più importante risvolto di tale originale espediente per fronteggiare i nemici è facilmente intuibile: i fantasmi senza la camera obscura non si vedono.
Potete dunque immaginarvi come avvertire una presenza estranea (grazie per esempio agli ottimi effetti sonori) ma non poterla vedere nei momenti che intercorrono tra l’imbracciare la macchina, il guardarci dentro e soprattutto l’orientarsi, possa facilmente generare una sensazione estremamente inquietante.
In generale tutto quanto di buono ed originale abbiamo potuto apprezzare in Project Zero viene ripreso e sapientemente affinato ed unito a interessanti novità in Project Zero 2: Crimson Butterfly. Senza dubbio vanno segnalate le maggiori possibilità di interazione con la propria “arma”: se infatti nel primo capitolo del survival horror di Tecmo potevamo contare al massimo su differenti tipi di pellicole dal maggiore o minore potere catalizzante e su qualche funzione ausiliaria, ora esistono veri e propri potenziamenti da acquisire e poi montare sulla macchina fotografica. A parte particolari meccanici come rapidità di scatto e ampiezza di copertura, potremo infatti modificare o aggiungere vere e proprie lenti dalle diverse proprietà: per fare un esempio esistono lenti in grado di rallentare le entità fotografate, cosa che diviene utilissima contro i fantasmi più sfuggenti e veloci. Avremo a che fare dunque con un marchingegno veramente complesso e varigato.
Notevoli migliorie sono state poi apportate da Tecmo all’intero comparto tecnico, sempre con lo scopo di giungere a creare un’atmosfera ancor più piccante e coinvolgente del prequel.
Due sono poi le modalità assolutamente inedite di Project Zero 2: Crimson Butterfly, nel senso che sono novità rispetto al primo capitolo e che fanno parte soltanto della versione Xbox del titolo: la possibilità di giocare l’avventura interamente in prima persona e la presenza della modalità “survivor”. Per quanto concerne la possibilità di giocare in prima persona tutta l’avventura va purtroppo affermato che ciò non rappresenta a dire il vero una buona cosa: tutti i particolari che in terza persona si possono apprezzare facilmente finiscono con lo svanire giocando in soggettiva, proprio perché il campo visivo si restringe; resta dunque più coinvolgente condurre l’avventura con la tradizionale visuale in terza persona che si alterna alla prima imbracciando la camera obscura. La modalità survivor rappresenta invece un’ottima sfida una volta terminato il gioco (che di per sé non dura poi tanto purtroppo, ma si sa, le cose belle durano poco), offrendo la possibilità di affrontare orde di fantasmi nel più breve tempo possibile. Per i più smaliziati bisogna poi svelare la possibilità di scoprire nuovi e bizzarri abiti per Mio e Mayu in perfetto stile Tecmo (ci sono anche dei costumi presi direttamente da Dead or Alive Xtreme Beach Volleyball!)
Brivido puro
Grande plauso va mosso a Tecmo per la bravura con la quale ha saputo realizzare tecnicamente Project Zero 2: Crimson Butterfly: il comparto grafico dimostra quanto ancora possa offrire Xbox (visto che ormai si sente odore di nuova generazione...), sfoggiando un dettaglio da urlo, texture ultradefinite e soprattutto effetti quali sfocature o sovrapposizioni di immagini da mille e una notte. I movimenti delle due fanciulle, lente ma allo stesso tempo disinvolte, si contrappongono agli sfuggenti spostamenti delle anime, rese tra l’altro in maniera stupefacente. La piccola torcia in mano a Mio proietta fasci di luce che, interrotti dagli oggetti presenti nell’ambiente, danno vita ad ombre dinamiche più che verosimili. Insomma un tripudio di effetti e poligoni dettagliati che uniti alla resa ottima della rarefatta atmosfera che permea tutti gli ambienti, danno vita a qualcosa di veramente toccante, soprattutto per la nostra immaginazione.
Ottimo è inoltre il design che fa da corredo all’esperienza unica del gioco: il villaggio offre sempre stanze o anfratti da esplorare con il cuore in gola.
E dove non arriva il comparto grafico ci arriva quello sonoro: questo per dire che le due componenti si complimentano per dare un risultato mozzafiato. Più che le musiche (che di fatto quasi non ci sono) sono gli effetti sonori che strabiliano: i passi secchi delle scarpette delle gemelline scandiscono a ritmo cadenzato il silenzio che avvolge il villaggio e, di tanto in tanto, voci ovattate si odono in quel loro mormorio agghiacciante. Il risultato che se ne ottiene è da vero elogio.
L’aspetto forse più controverso di Project Zero 2: Crimson Butterfly riguarda però il gameplay: non si può infatti nascondere la presenza di una certa macchinosità nella gestione di Mio, cosa che se da una parte contribuisce ancor più all’effetto globale di inquietudine, dall’altre può creare qualche momento di frustrazione. Le meccaniche di base sono le stesse del primo capitolo: telecamere fisse inquadrano gli ambienti da esplorare da punti precisamente studiati dalla regia proprio per far vedere ciò che serve ma nulla di più (anzi, spesso anche qualcosa di meno). L’uso delle inquadrature fisse provoca però un alternarsi di scene che qualche volta può causare delle difficoltà a livello pratico di movimento ed orientamento. A ciò si aggiunge quella macchinosità a cui facevamo riferimento, soprattutto nelle fasi di gestione della camera obscura, quando si passa dalla terza alla prima persona. Ovviamente tutto ciò può creare qualche grattacapo, ma va detto che tuttavia non compromette il risultato globale in termini di giocabilità pura, tanto più che per esempio ogni qualvolta si guarderà all’interno dell’otturatore si avrà l’effettiva sensazione di oppressione dovuta al cono visivo ridotto. Ciò detto, scattare foto è quanto di più intuitivo possa esistere e vedere impresse sulla pellicola immagini invisibili ad occhio nudo genera sempre grande orgoglio. Basterà poco comunque per impratichirsi nella gestione della camera obscura da una parte e delle fasi di deambulazione dall’altra.
Ancora una volta però Tecmo non smentisce la sua inclinazione alla complessità quando apriamo l’inventario di gioco: molte voci si susseguono in una lista di difficile navigazione, se non altro ai primi tentativi. Va detto comunque che tutto quanto offre una grande completezza e un ottimo design.
Come accennato in precedenza, l’avventura non durerà poi molto: l’intensità e il coinvolgimento garantiscono però ore di puro brivido e l’aggiunta della modalità survivor perfeziona una longevità senza dubbio nella media tipica dei survival horror.
Non c’è che dire, Project Zero 2: Crimson Butterfly è un survival horror da brivido: Tecmo è riuscita a riproporre l’originalità del primo episodio completandolo e potenziandolo con lo scopo di ottenere un’atmosfera di gioco coinvolgente ed inquietante. Il risultato è ottimo: se siete alla ricerca di un’avventura insolita o se volete passare più di una notte insonne avete trovato ciò che fa per voi. Non fatevelo scappare.
Ringraziamo Microsoft per la collaborazione. 8.8
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