Recensione - The Persistence
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
The Persistence ci immerge in un futuro piuttosto lontano, nell'anno 2521; ormai le tecnologie come i viaggi spaziali e la clonazione umana sono elementi scontati della società, e sono proprio al centro di questa avventura in prima persona. Nel gioco vestiamo i panni del responsabile della sicurezza di una navicella spaziale invasa da mostri simili a zombi… anche se il protagonista originale è morto da tempo, e noi impersoniamo uno dei suoi tanti cloni. In questo universo si è infatti creato un macabro sistema in cui la morte non è che un nuovo inizio: ogni volta che protagonista muore la sua coscienza viene trasportata in un suo clone così da permettergli di tornare in azione affrontando orde sempre nuove di creature, rivivendo la propria morte chissà quante volte prima di aver terminato il lavoro. Un'esperienza angosciante.Inoltre, ed in maniera più difficilmente spiegabile, ogni volta che moriamo e respawniamo dal punto di partenza, anche la mappa dell'intera astronave cambia: sembra che l'ambiente reagisca alle nostre clonazioni riorganizzandosi ogni volta in maniera diversa. Ovviamente questo non è altro che un pretesto per permettere agli sviluppatori di creare un titolo appartenente al genere roguelite in cui, appunto, i due capisaldi sono il permadeath e la generazione procedurale dei livelli. E come in ogni roguelite che si rispetti, ad ogni morte non perdiamo tutto ma manteniamo miglioramenti e varie abilità ottenuti durante le run precedenti, così da rendere man mano sempre più facile arrivare in fondo all'avventura. Ed anche se l'astronave si riconfigura ogni volta con una mappa diversa, gli obiettivi già raggiunti ed i punti di teletrasporto sbloccati rimangono invariati, così da permetterci di saltare velocemente in aree chiave senza dover ripercorrere tutte le aree antecedenti.
MX Video - The Persistence
Il gameplay di The Persistence è indubbiamente ispirato da titoli come System Shock, BioShock o il recente reboot di Prey, con visuale in prima persona ed armi di diverso genere che spaziano da mazze e martelli per il corpo a corpo fino a pistole ed esplosivi. Il sistema di combattimento è però volutamente lento e un po' macchinoso: scordatevi sparatorie ad alto tasso di adrenalina, i colpi sono pochi, le possibilità acrobatiche limitate ed è fondamentale saper usare al meglio un approccio stealth per non farsi sopraffare oltre ad un utile meccanismo di parata che ci permette di deflettere i nemici che ci si sono avvicinati troppo per poi ucciderli con un colpo mortale quando barcollano dandoci le spalle. Tutto questo è una vestigia della natura del gioco, progettato inizialmente per i sistemi VR e quindi necessariamente legato a meccaniche più lente; è persino rimasta la modalità di spostamento "a teletrasporto" tipica dei giochi VR, che ci permette di puntare in un punto dell'area circostante per materializzarci istantaneamente lì, anche in presenza di ostacoli tra noi e quel punto. Questo non significa però che sia un gioco facile, anzi: la difficoltà dei combattimenti è piuttosto alta e diventa quindi importante padroneggiare le varie meccaniche imparando anche a sfruttare lo scenario circostante. Anche perché i nemici ci seguono pressoché dappertutto, persino nei condotti di aerazione.
Il gioco non però unicamente un susseguirsi di combattimenti: le aree generate casualmente offrono anche numerose cose da raccogliere, come monete e kit medici ma troviamo anche dei terminali dove sbloccare ed acquistare nuovi armamenti e accessori particolarmente utili. Troviamo poi in giro messaggi e indicazioni che raccontano cos'è successo in questa nave spaziale causando l'invasione, e non mancano anche occasionali enigmi per l'apertura di porte o per l'azionamento di qualche meccanismo.
Da buon roguelite, ovviamente The Persistence si basa sulla ripetizione, con ogni morte che permette al giocatore di avanzare un po' più avanti nella mappa; come accennato anche prima, però, ci sono diversi elementi che rendono questo gameplay loop meno tedioso: una volta raggiunte alcune aree chiare si sblocca la possibilità di teletrasportarci direttamente lì anche dopo essere morti/rinati, inoltre in qualunque momento è possibile abilitare una modalità assistenza che facilita di gran lunga il gioco, permettendo ai giocatori meno esperti di godersi l'ambientazione. Ma gli sviluppatori hanno anche pensato a chi vuole un'esperienza più impegnativa, con una serie di difficoltà più alte che aggiungono anche la morte permanente senza possibilità di rigenerarsi, chiedendoci quindi di completare l'intero gioco con una singola vita. Non manca infine una buona localizzazione italiana di tutti i testi e sottotitoli, elemento sempre gradito.
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