Recensione - Bloodstained: Curse of the Moon
di
Győző Baki / Baboy
P
Il Gioco
Avviando Bloodstained: Curse of the Moon per la prima volta si viene trasportati in un'altra epoca, quella del NES quando usciva il mitico Castlevania III: Dracula's Curse. Gli elementi ci sono tutti: un cacciatore di demoni con frusta, un suo alleato che lancia coltelli, edifici gotici pieni di mostri e fantasmi, tesori da raccogliere, porte da attraversare per passare tra le aree dei livelli, temibili boss… persino i menu e l'HUD sono identici a quelli dell'epoca, per non parlare dell'epica colonna sonora 8-bit. Sì, è proprio come se fosse un sequel dei primissimi Castlevania, anche se per motivi si copyright personaggi e storia sono necessariamente diversi.Ma per quanto Bloodstained: Curse of the Moon sia un gioco creato appositamente a quella nicchia di giocatori che ha adorato proprio quell'epoca specifica di Castlevania, è giusto partire dal presupposto che non tutti conoscono tali classici che hanno contribuito a dare vita al genere noto oggi come metroidvania, nato proprio dall'unione delle due saghe storiche che hanno meglio caratterizzato questo design: Metroid e Castlevania. Bloodstained: Curse of the Moon è alla base un platform game bidimensionale mirato all'azione, al combattimento invece che a salti millimetrici o acrobazie alla Super Mario. I livelli presentano molte piattaforme mobili, pozzi senza fondo e trappole, ma si tratta solitamente dei piccoli intoppi che vanno affrontati anche in concomitanza con alcuni nemici che rendono la vita più difficile, anche perché essere colpiti ci spinge all'indietro con il famoso effetto knockback, portando così facilmente a una morte prematura in trappole che sembravano già superate. Sono proprio questi nemici il punto focale, l'elemento principale del gameplay, e qui entrano in gioco i combattimenti alla Castlevania tra spade, fruste, coltelli, e abilità magiche.
MX Video - Bloodstained: Curse of the Moon
Non sarà comunque necessario memorizzare una marea di tasti per i numerosi attacchi che ci propone il titolo, poiché ogni personaggio ha solamente un attacco corpo a corpo e un'abilità distinta. Ognuno dei primi 4 livelli superati sblocca un nuovo compagno di viaggio che a sua volta ha diverse funzionalità, sia d'attacco che di movimento. Il personaggio femminile del secondo livello, per esempio, può fare delle scivolate per terra che le permettono di passare attraverso passaggi angusti, nonché un attacco corpo a corpo che arriva più lontano. La sua abilità secondaria, però, per bilanciare le cose, risulta essere più debole. Ogni personaggio ha quindi pregi e difetti, e possiamo passare da uno all'altro in qualunque momento per sfruttare i punti di forza di ognuno. Essendo anche dotati di barre di vita separate, cambiare personaggio diventa effettivamente un modo anche per allungarsi la vita in caso di guai.
E i guai, giustamente, sono frequenti. Bloodstained: Curse of the Moon è un gioco davvero ostico, soprattutto per chi non è abituato a giocare ai classici Castlevania o altri Metroidvania classici. I nemici possono ucciderci con pochi colpi, e a causa anche di trappole e cadute varie si fa presto a consumare i tre "cuori" a disposizione. Perderne uno riporta il giocatore a rifare sezioni di livello anche piuttosto lunghe, interi livelli in alcuni casi, ma perderli tutti ci riporta alla schermata iniziale e a dover ripartire dal primissimo livello. Fortunatamente c'è anche una modalità per i giocatori più "casual", con vite illimitate e knockback disattivato. Anche in questa modalità superare i livelli rimane comunque una discreta impresa, ma almeno in questo caso il fallimento è meno punitivo.
La storia è completabile in poche ore se si è abbastanza abili con questo genere di giochi, ma il gioco non finisce assolutamente lì. Troviamo difficoltà aggiuntive da sbloccare, con tanto di nuovi boss al seguito, per non parlare dei percorsi aggiuntivi e scorciatoie che è possibile trovare nei livelli, resi disponibili dallo sblocco di nuove abilità dei vari personaggi che permettono per esempio di planare sulle piattaforme o passare sotto a strettoie con una scivolata. Un'esperienza single player corta ma piuttosto rigiocabile, insomma. Farà storcere il naso ad alcuni invece l'assenza della localizzazione italiana, ma anche questo, nel bene e nel male, è un tuffo nel passato all'epoca del NES.
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