Recensione - Past Cure
Il Gioco
Sono passati due anni da quando, con una discreta dose di emozione, lo sparuto manipolo di ragazzi provenienti da Germania, Inghilterra, Romania, Belgio, Turchia e Russia noto come lo studio Phantom 8, annunciò al mondo di essere all'opera sul loro primo videogioco. L'annuncio della loro opera prima, Past Cure, si rivelò un vero fulmine a ciel sereno: un action-shooter in terza persona con una trama intricata da thriller psicologico, condita d'azione e poteri sovrannaturali. I primi teaser mostravano un protagonista tormentato in preda a visioni aberranti: un personaggio palesemente ispirato al buon vecchio Max Payne, che nel suo sgualcito completo scuro si aggirava nei labirinti della sua mente in preda a rabbia e dolore. Past Cure, infatti, rappresenta proprio un omaggio a quell’immaginario, condito da diverse citazioni di film, serie TV e ovviamente illustri videogiochi.Nel titolo prendiamo il controllo di Ian, ex marine pluridecorato in preda ad un incubo ambientato in un caseggiato in rovina, in cui l'arredamento è completamente sottosopra. Dalla disillusa voce-pensiero di Ian apprenderemo presto che questi spiacevoli viaggi onirici non sono nuovi, e che negli ultimi tempi stanno intensificando la loro crudeltà. Dopo aver esplorato la magione semidistrutta, infatti, scopriamo di essere braccati da alcuni manichini di porcellana dal fisico scultoreo e dall'aspetto inquietante. Inizia così una sorta di tiro al bersaglio, grazie al fortuito ritrovamento di una pistola, che ci condurrà verso la fine dell'incubo. Ian si risveglia di soprassalto in una ben più soleggiata e lussuosa villa in riva al mare, che scopriremo appartenere a suo fratello Markus, con il quale parleremo al telefono da lì a poco. Oltre alla loro parentela, Ian e Markus sono legati a doppio filo anche dalla carriera nei marines, che li ha visti prendere parte a svariate missioni tra cui l'ultima in Siria, in cui Ian è stato rapito e segregato per tre anni: di questo periodo di prigionia non ha nessun ricordo, e gli incubi ricorrenti con i manichini e le visioni che lo tormentano costantemente sono l'unico atroce lascito della sua permanenza presso il gruppo di aguzzini sconosciuti che lo hanno rapito, riducendolo a un malato di mente dipendente da particolari psicofarmaci illegali.
MX Video - Past Cure
Decisi a far luce sulla vicenda e a stanare i rapitori, Ian e suo fratello hanno messo in piedi una personale crociata atta a rintracciare il gruppo criminale, forti delle loro conoscenze e dotazioni in campo militare. Sarà infatti proprio Markus a comunicarci di aver rintracciato un grosso spacciatore delle pillole di cui Ian è dipendente, che a quanto pare alloggia ben protetto in un albergo di lusso in città. Prima di iniziare però la nostra prima missione di gioco, visiteremo nuovamente il mondo onirico di Ian, trovandoci stavolta in un ambiente asettico sospeso su piattaforme in cui potremo dare sfogo alle capacità extrasensoriali del protagonista attraverso quello che si rivelerà un lungo (decisamente lungo) tutorial in cui esercitarci con la telecinesi e il bullet-time, entrambe abilità richiamabili attraverso la pressione dei tasti dorsali superiori del pad. Grazie alla telecinesi Ian può proiettare il suo corpo astrale per manovrare meccanismi altrimenti irraggiungibili, mentre con la sua capacità di rallentare il tempo può sgattaiolare velocemente tra i nemici, anche in questo caso manichini, o prendere la mira e sparare con più precisione. Entrambe le abilità sono però soggette al consumo di energia, che potremo riempire assumendo gli psicofarmaci che riusciremo a trovare.
Dopo questa fase onirica/tutorial, Past Cure ci propone finalmente la prima missione, in cui Ian dovrà mettersi sulle tracce dello spacciatore. Iniziamo dal garage dell'albergo di lusso in cui questo alloggia, infiltrandoci tra i condotti di ventilazione e sgattaiolando inosservati tra i numerosi scagnozzi che pattugliano ogni piano dell'edificio. Durante questa fase l'approccio stealth è la nostra migliore strategia, unita ovviamente alla padronanza dei poteri speciali del protagonista che ci permetteranno di neutralizzare i cattivi e disattivare telecamere di sorveglianza. Non mancheranno anche svariate scene sparacchine e i momenti in cui saremo invece costretti a menare le mani per avere salva la vita. Inutile dire che, nelle dieci ore complessive di durata del titolo, gli incubi torneranno a farci visita, così come le visioni ad occhi aperti di Ian, che infittiranno non poco la trama e ci costringeranno ad una lunga sequenza ai limiti del survival-horror ambientata all’interno di un istituto psichiatrico di massima sicurezza chiaramente ispirato all’immaginario di Silent Hill.
Tutto bello, penserete voi. E invece no, purtroppo. Proprio per niente, perché Past Cure è un titolo che fa praticamente acqua da tutte le parti. A cominciare dal comparto narrativo a dir poco astruso, che propone una successione di avvenimenti sconnessi tra loro, passando ai poteri soprannaturali del protagonista e fino ad arrivare a sequenze di gioco che tediano il giocatore. Come se non bastasse, ci si mette anche un comparto tecnico che, nonostante offra un’innegabile pulizia dell’immagine e una buona realizzazione delle superfici, alterna su schermo modelli poligonali tecnologicamente arretrati, appartenenti a due generazioni fa, con movimenti legnosi e la quasi totale assenza di animazioni di raccordo durante le rarissime interazioni con lo scenario. Da dimenticare anche l’impreciso impianto di gunplay e la meccanica di combattimento a mani nude basata sui quick-time-events, tanto abbozzata da sembrare imbarazzante per un titolo uscito nel 2018. A metterci il carico da dodici c’è anche il doppiaggio in inglese del protagonista, di fattura poco più che amatoriale e realizzato in maniera fredda e senza la minima emozione.
A questo punto vi starete chiedendo se è almeno sottotitolato in italiano? Fortunatamente sì, ma anche qui non mancano i problemi. Il gioco è infatti afflitto da un fastidioso bug che vede i sottotitoli commutano automaticamente all'inglese mentre giochiamo, oppure scompaiono del tutto riapparendo qualche minuto più tardi, chiaramente non più sincronizzati ai personaggi che parlano su schermo. E come non citare i crash? Anche dal punto di vista della stabilità del codice, Past Cure scopre il suo fianco, bloccandosi spesso e tornando alla dashboard della console, costringendoci a riavviare il gioco e la partita e magari a ripetere intere tediose sezioni per via dell’incoerente pianificazione dei checkpoint.
Questi problemi sono un vero peccato perché, se ci si sofferma ad analizzarlo, Past Cure appare come un titolo che trasuda tanto amore per i generi a cui appartiene, di cui omaggia senza troppi giri di parole gli esponenti più illustri, opere di talenti del calibro di Sam Lake, Shinji Mikami e David Cage. Una passione che purtroppo ha dovuto fare i conti con un budget non all’altezza e un’insufficiente quantità di persone (solo otto) al lavoro su un progetto così ambizioso e con troppa carne al fuoco, molta più di quanta se ne potesse realmente cuocere. Di fatto, gli unici elementi che si salvano di Past Cure sono il comparto musicale, composto per lo più di sonorità elettroniche e che ha visto anche la collaborazione del gruppo belga Seiren, e l’appeal generale che il titolo esercita sul giocatore, convincendolo a continuare a giocare sebbene la debolezza generale della trama e le frustrazioni di cui sopra.
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