Recensione - Transference
Il Gioco
Annunciato all'E3 2017, Transference è stato finora uno dei più oscuri e misteriosi progetti di Ubisoft: l'editore ne ha parlato pochissimo, mostrandolo solo ai due scorsi E3, per poi rilasciarne una demo giocabile per PS VR circa un mese fa. Quello che sapevamo finora era che si trattava di una sorta di "walking simulator" con una storia da thriller psicologico ambientato in una realtà simulata, che sarebbe stato disponibile sia per i sistemi dotati di VR che per quelli standard. Sappiamo inoltre che è il primo progetto dei californiani SpectreVision, lo studio creato dalla star di Hollywood Elijah Wood (il Frodo di IsdA), il quale è anche l'autore del gioco ma senza apparirvi personalmente. Vediamo quindi di capire meglio, dopo averlo giocato per intero, di cosa si tratta.Transference inizia con la riproduzione di un video in VHS nel quale uno scienziato, Raymond Hayes, spiega di essere riuscito a portare a compimento con successo il progetto al quale stava lavorando: trasferire una coscienza umana all'interno di un mondo digitale che riproduce la nostra realtà, così da garantirci la vita eterna. L'uomo sembra piuttosto teso nel video, e dai suoi occhi traspare un velo di follia; spiega che presto sia lui che la sua famiglia, costituita dalla moglie e un figlio, si sottoporranno al processo di trasferimento per poi attenderci dall'altra parte. Subito dopo il breve filmato ci troviamo, con visuale in prima persona, all'esterno di un edificio: tutt'intorno il nulla assoluto, mentre la porta d'ingresso all'edificio è bloccata e vicino alla serratura appare, fluttuante, la scritta "../Dati/Esterno/Chiaveingresso.obj". Appare evidente che ci troviamo nella simulazione di cui parlava Raymond, e sembra che qualcosa non sia andato come previsto dato che il mondo circostante è inesistente e sono presenti glitch come quella scritta sulla serratura. Continuando ad esplorare l'esterno dell'edificio notiamo che numerosi oggetti, come volantini e giornali, sono raccoglibili ed esaminabili da vicino; tra questi troviamo lo zaino di un bambino pieno di volantini di ricerca per un cane smarrito, e la chiave d'accesso all'edificio. Prima di tornare alla porta d'ingresso, però, giro l'angolo per vedere cosa c'è, e mi ritrovo esattamente al muro opposto dell'edificio, come se il palazzo fosse bidimensionale. Sì, qualcosa è sicuramente sbagliato nella simulazione.
MX Video - Transference
Torno alla porta, la apro con la chiave e qui trovo il primo di una serie di enigmi sparsi nel corso del gioco: l'atrio del palazzo è chiuso, con delle interferenze e glitch che lo rendono invalicabile. A sinistra una serie di cassette per la posta con lettere che vanno da A e F presentano dei pulsanti che, una volta premuti, emettono una tonalità. Una delle cassette contiene all'interno uno spartito con le note rappresentate proprio da quelle lettere: le premo quindi nella sequenza indicata dallo spartito, e l'atrio si "resetta" permettendomi di accedere al corridoio interno, non prima però di aver visto un bambino gridare chiedendo aiuto ed essere assalito da un oscuro "essere digitale", una specie di enorme lupo cattivo fatto di pixel. Che sta accadendo? Continuo nel corridoio solo per scoprire che tutte le porte sono chiuse. C'è però un interruttore della luce: lo premo e l'intero corridoio si resetta, aprendosi ora su una tromba delle scale. Salgo le scale trovando però delle porte chiuse, mentre un altro interruttore mi permette di resettare nuovamente la scena mostrando, su una delle porte, un glitch con una scritta che indica che la maniglia della porta è mancante. Provo a scendere e salire, ma ora le scale sembrano essersi riconfigurate in un loop infinito che porta sempre allo stesso pianerottolo. Riaziono l'interruttore, e la situazione si ristabilizza alla normalità. Continuando con l'esplorazione, trovo nel seminterrato del palazzo una porta rossa dietro alla quale sembra che qualcuno stia bussando violentemente: la porta non è apribile, ma presenta una maniglia come quella della porta al pianerottolo superiore, e posso raccoglierla. Torno di sopra, attivo nuovamente l'interruttore, posiziono la maniglia sul glitch della porta e riesco finalmente ad aprirla. Sono dentro: è un appartamento arredato apparentemente in stile anni '80-90, con macabri quadri alle pareti, inquietanti disegni sui muri e le voci di alcune persone, una donna ed un bambino, che si diffondono nell'aria.
Dopo un po' d'esplorazione appare evidente che ci troviamo nella riproduzione simulata della casa di Raymond e della sua famiglia, ma qualcosa non sembra quadrare e tocca a noi risistemare il tutto. Presto scopriremo inoltre che gli interruttori "resettanti", presenti anche dentro l'appartamento, servono per spostarci tra una versione più vecchia della casa, quando Raymond stava ancora lavorando al suo progetto (ed aveva più di un problema familiare, a quanto pare), ed una più recente, forse quella che lo scienziato ha progettato per la vita virtuale della sua famiglia. Mi fermo qui con la descrizione del gioco per non rovinarvi la sorpresa di scoprire il resto da soli, ma ci tenevo a fornirvi un esempio dell'esperienza che vivrete in Transference: si tratta basilarmente di un "walking simulator" in prima persona, dove esplorando gli ambienti, analizzando i vari oggetti presenti e passando - tramite gli interruttori - da un'"istanza" all'altra della casa simulata, dovrete risolvere gli enigmi che vi porteranno a ristabilire la normalità.
A differenza di molti titoli di questo genere, che ci propongono storie di diverse ore, l'esperienza di Transference è però molto breve: riuscirete a completarla in un'ora e mezza, forse un po' di più se vorrete analizzare attentamente tutti gli ambienti alla ricerca dei collezionabili che vi permetteranno di "millare" il titolo, oltre a rivelare interessanti retroscena della storia. Vale infine la pena menzionare anche il fatto che, diversamente dalla maggior parte delle produzioni Ubisoft, il titolo non presenta doppiaggio italiano ma solo i sottotitoli nella nostra lingua.
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