Recensione - Blues and Bullets
Il Gioco
Il rosso è il colore della passione. Il colore del fuoco e delle mille luci che si rincorrono di notte per le strade della città. Ma il rosso è anche il colore del sangue e delle scarpette logore di Alice, una bambina rinchiusa assieme a molti altri suoi coetanei in un remoto luogo sotterraneo. Il primo dei cinque capitoli di di Blues and Bullets comincia proprio così, mettendoci ai comandi di una bimba segregata in una cella, nel disperato quanto vano tentativo di sfuggire ai suoi aguzzini. Dopo il tragico incipit, Blues and Bullets - Episode 1: The End of Peace ci porta in un più rassicurante ristorantino di Santa Esperanza (ovvero una Chicago sotto falso nome) degli anni ’40, in cui facciamo la conoscenza di Eliot Ness, ex detective un tempo a capo della gloriosa divisione Gli Intoccabili, celebre per aver braccato e catturato il leggendario gangster Al Capone. Eliott è un uomo solitario dal grilletto facile, dal passato burrascoso fatto di abuso di alcol e violenza, ma oggi le cose sono cambiate; lasciatosi alle spalle i trascorsi da piedipiatti, è ormai divenuto un mite pensionato il cui unico desiderio è campare in pace gli anni che gli restano, portando avanti la nuova attività del suo ristorante di periferia, chiacchierando con i suoi vecchi colleghi, preparando hamburger e servendo le sue famose torte ai mirtilli.Nonostante non sia più un poliziotto, però, non ha certo perso il suo tocco magico che lo rende scaltro e soprattutto capace di capire a fondo le persone e analizzare con occhio clinico gli eventi che lo circondano. Un giorno come tanti fa la sua comparsa nel ristorante un imponente e ciarliero uomo nero di nome Milton, che afferma di lavorare per il redivivo Al Capone da poco rilasciato per buona condotta dal carcere di Alcatraz. Lo sfortunato incontro con Milton porta alla memoria di Eliot alcune immagini indelebili del suo passato: oscuri flashback fatti di sparatorie, di sangue e di omicidi, i frutti marci del suo odio recondito per Capone, il quale è salvo solo per miracolo dalla furia omicida dell’ex detective. Gli eventi della trama portano i due vecchi nemici a ritrovarsi perché Capone, ormai sulla via del tramonto, ha un importante lavoro per Eliot: ritrovare la sua nipotina Alice, misteriosamente scomparsa. Questo porterà il protagonista ad investigare sulla sparizione di decine di bambini nella degradata Santa Esperanza, evento che ha messo in ginocchio persino le autorità, ormai corrotte fino all’osso e incapaci di sbrogliare la matassa. Le indagini di Eliot Ness ci condurranno attraverso una diabolica spirale di brutali omicidi a sfondo rituale, in cui analizzeremo scene del crimine con corpi orribilmente mutilati e martoriati, apparentemente collegate ad una setta satanica che rapisce e tortura bambini.
Senza troppi giri di parole, il primo capitolo di Blues and Bullets si rivela subito un titolo molto particolare. A cominciare dal suo comparto artistico, molto simile ad un fumetto di Frank Miller, dalle tinte monocromatiche e in cui il rosso è l’unico altro colore presente sullo schermo. Ed è proprio il colore rosso che ci guiderà attraverso l’avventura di Eliot, segnalandoci i punti dello scenario da esplorare per raccogliere gli indizi o per trovare i pochi elementi interattivi attorno al protagonista, evidenziando anche le sagome dei nemici durante le sparatorie. Eh si, ho scritto proprio sparatorie. Anche per questo ho definito Blues and Bullets - Episode 1: The End of Peace un titolo particolare, per la sua natura ibrida, in equilibrio tra una classica avventura grafica punta e clicca e un action in terza persona, che in sezioni prestabilite ci chiederà anche ad estrarre l’arma e a far fuori i nostri nemici mediante un rudimentale sistema di puntamento o sessioni di quick time events.
Il titolo prevede anche un sistema di scelte multiple durante i dialoghi (in inglese con sottotitoli in italiano), in cui potremo approcciare più o meno cordialmente i nostri interlocutori e in cui, di tanto in tanto, ci verrà chiesto di prendere decisioni importanti, capaci di modificare l’evolversi della trama o i rapporti con i vari personaggi: praticamente una dotazione di serie delle avventure grafiche uscite finora sul mercato. Ad essere onesti, quest’ultimo fattore del gioco non mi è sembrato particolarmente riuscito, fatta eccezione per l’ultima scelta cruciale richiesta poco prima dei titoli di coda, in cui un cattivissimo cliffhanger vi sparerà il cuore dritto in gola.
Nonostante le componenti action di discutibile fattura, nonché le uniche occasioni del gioco in cui potremo morire, Blues and Bullets - Episode 1: The End of Peace rimane un titolo di stampo narrativo e investigativo, entrambi elementi in cui riesce meglio. La funzione di raccolta e analisi degli indizi è piuttosto semplice e non prevede la possibilità di fallire: arrivati sulla scena del crimine infatti, ci verrà chiesto di analizzare l’ambiente circostante alla ricerca di elementi di colore rosso, facilmente individuabili. Infatti, una volta che ci troveremo nei paraggi di un indizio o di un qualsiasi elemento interattivo dello scenario, vedremo comparire un’icona rossa a forma di occhio che ne indicherà la posizione, richiedendo la pressione del tasto A del pad. Una volta collezionati abbastanza indizi, potremo aprire un apposito menu a forma di lavagna in cui ci verrà chiesto di collocarli logicamente tra loro per ricostruire l’accaduto. Non servono particolari doti di deduzione per concatenare le prove, ma avremo comunque bisogno di raccogliere tutti gli indizi presenti sulla scena del crimine per poter proseguire l’avventura.
Con i suoi pro e i suoi contro, Blues and Bullets - Episode 1: The End of Peace non si distacca molto dalla struttura già ben collaudata delle altre avventure grafiche ad episodi, servendoci col suo primo capitolo di circa 2-3 ore soltanto un antipasto di quello che si profila essere un banchetto particolarmente ricco di tensione, azione e colpi di scena, il tutto finemente accompagnato dalle note struggenti della bellissima colonna sonora, rigorosamente in chiave blues.
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