Binary Domain - visto alla GC
di
Christian De Filio / DarkChris
P
Binary Domain ci porta nel futuro, nell’anno 2080 per la precisione, in una modernissima New Tokyo dove convivono, in un perfetto e pacifico equilibrio, esseri umani e robot. Gli automi sono ormai diventati di uso comune, integrati totalmente nella società e spesso assegnati a lavori che in passato erano esclusivo appannaggio degli uomini. Questo clima apparentemente idilliaco viene però bruscamente interrotto quando una nuova razza di robot irrompe nella città seminando distruzione e morte. Si tratta di una specie illegale di macchine, ma al momento non sappiamo da chi siano state create e programmate e perché abbiano iniziato ad attaccare indistintamente sia gli esseri umani sia gli altri robot che pacificamente popolano le strade di New Tokyo. A questo punto entra in scena il nostro personaggio, Dan, un agente speciale delle forze militari incaricato dal governo di contrastare queste macchine e scoprirne l’origine; per farlo potrà avvalersi dell’ausilio di altri membri delle forze speciali pronti ad unirsi al suo team e ad eseguire i suoi ordini.
Il gioco si presenta come uno sparatutto in terza persona nel quale però anche i dialoghi e le scelte morali avranno un ruolo fondamentale, così come importantissimo per la riuscita dell’avventura sarà il rapporto di fiducia che riusciremo ad instaurare con i nostri compagni. Ogni nostra decisione in campo avrà infatti dirette ripercussioni sul morale dei nostri alleati; ad esempio, se daremo loro degli ordini che riterranno troppo azzardati e pericolosi per la loro incolumità, potrebbero rifiutarsi di eseguirli e negarci poi il loro aiuto diretto. Se invece li facciamo posizionare dietro una buona copertura, li assistiamo, li incitiamo e magari ci complimentiamo con loro dopo una bella kill, allora si sentiranno gratificati, il loro morale salirà e avremo maggiori possibilità di vederli eseguire anche ordini che precedentemente si rifiutavano di portare a termine. Il sistema di intelligenza artificiale permette inoltre ai membri del nostro team di capire quando anche noi abbiamo bisogno di supporto, non solo tattico ma anche emotivo e, attraverso delle frasi di incoraggiamento, anche loro ci sproneranno a non mollare e farci forza.
Cosa abbiamo visto
La sessione di gioco alla quale ho assistito iniziava all’aperto, su un piazzale davanti all’entrata di una metropolitana dove i robot nemici stavano seminando il panico tra i civili. Le prime uccisioni mi hanno subito permesso di apprezzare l’ottimo sistema di danni progressivi che i nemici subiscono; i robot infatti si danneggiano in diversi punti e in diversi modi. E’ possibile che dopo i primi colpi perdano soltanto alcune parti della corazza, lasciando quindi scoperto l’esoscheletro e mostrando un dettaglio di giunture e ingranaggi bio-meccanici davvero notevole, tra i più belli che abbia visto in un gioco futuristico. Oltre che graficamente molto appagante e spettacolare, questo sistema dona maggior spessore e credibilità agli scontri; i mech ad esempio continuano ad avanzare verso di noi anche se gli distruggiamo entrambi gli arti, mentre se invece hanno perso le loro armi durante lo scontro proveranno comunque ad avvinghiarsi alle nostre gambe per bloccarci e stordirci con potenti scariche elettriche mentre, inermi, subiremo i colpi dei loro compagni.
Dopo alcuni scontri gestiti come un normale shooter in terza persona, Yoshino ci ha dato prova del sistema di fiducia che è alla base della cooperazione con i nostri due alleati, una donna di nome Fayg ed un robot chiamato Cain. Il producer ha ordinato ai due commilitoni di avanzare e posizionarsi in modo che fossero proprio al centro del fuoco nemico; dopo avere subito i primi danni, i nostri compagni si sono ritirati e sistemati dietro un riparo più sicuro dal quale ci hanno palesemente manifestato il loro disappunto nei confronti delle nostre direttive. A quel punto l’indicatore della fiducia, posizionato nell’angolo sinistro dello schermo, è incominciato a scendere drasticamente. Ad un ulteriore tentativo di impartire lo stesso ordine, i due soldati hanno espresso un secco rifiuto e ci hanno anche apostrofato con frasi poco carine, criticando di fatto la nostra autorità che al momento stava mettendo a rischio la loro incolumità. La missione è quindi proseguita sotto la stazione, tra scale mobili e vagoni parcheggiati all’interno dell’enorme scalo. La fiducia dei compagni è rimasta bassa fino a quando, attraverso alcune efficaci azioni di supporto e particolari kill, il nostro Dan è riuscito a riportare l’indicatore ad un livello sufficiente che gli ha permesso di nuovo di prendere il comando della situazione. A questo punto Yoshino ha ricominciato il livello cambiando diametralmente il comportamento e gli ordini impartiti da Dan. In questo secondo tentativo, il nostro soldato ha agito in modo molto più cauto e tattico ed ha gestito Cain e Fayg posizionandoli sempre nel migliore dei modi e fornendo loro tutto il supporto possibile. Ho potuto constatare quindi come realmente il loro comportamento cambiasse in base alla fiducia, che stavolta era sempre molto alta. Oltre a rispondere sempre ai nostri ordini senza indugiare, i due membri del team si sono sempre prodigati per venirci a curare nel caso fossimo stati feriti, cosa che invece omettevano di fare nella precedente sessione, e nel caso di pericolo si sono sempre dimostrati attenti nel coprirci le spalle nel modo più intelligente e accurato possibile. Insomma, una bella prova che ha evidenziato tutta la raffinatezza dell’I.A. dei nostri alleati (ma anche dei nemici) e l’importanza di questo sistema di fiducia reciproca che è al centro delle meccaniche di gioco.
Questa seconda dimostrazione comunque non si è fermata agli scontri nella metro ma è proseguita fino a quando Dan e compagni, dopo avere eliminato ogni robot che si aggirava nei pressi dei binari, sono giunti in una grande sala dove sono scattati degli allarmi, le porte blindate si sono chiuse e lì sono rimasti bloccati mentre il boss di turno, un enorme mech a forma di gorilla, ha fatto irruzione sfondando le vetrate della sala e saltando letteralmente addosso ai nostri eroi. Anche questo combattimento è stato condotto avvalendosi della fiducia precedentemente instaurata con i commilitoni, e dopo pochi minuti (e tanti colpi esplosi), Dan è riuscito ad avere la meglio ed abbattere il nemico e la dimostrazione si è definitivamente conclusa.
A questo punto è stato possibile scambiare alcune battutte con il producer del gioco che mi hanno permesso di approfondire i vari aspetti di Binary Domain. Yoshino ha infatti ammesso che per il sistema di dialoghi e delle relative conseguenze, il team si è ispirato alla serie Fable mentre per la gestione dei compagni e della loro fiducia sul campo di battaglia, il loro punto di riferimento è stata la saga di Mass Effect. Sega Japan ha comunque aggiunto alcune varianti ed ha personalizzato il gameplay attraverso due principali fattori: la possibilità di guadagnare dei crediti attraverso le diverse uccisioni per poi spenderli in upgrade le varie armi a nostra disposizione, ma soprattutto l’introduzione dei comandi anche vocali per la gestione del team. Mi è stato spiegato infatti che la versione finale del gioco includerà la possibilità di usare il microfono delle cuffie o il Kinect per impartire gli ordini, e che questo sistema sarà in grado di riconoscere perfino le esclamazioni, positive o negative, che spesso ci accompagnano durante le partite, con conseguente reazione dei nostri compagni. L’esempio fatto è stato questo: se durante una partita incontriamo un punto difficile da superare è possibile che dopo essere morti più volte ci scappi qualcosa del tipo “Ma dai, è impossibile!” oppure “E che cavolo, non ci riesco!”, ecco in questi casi il gioco dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) riconoscere la il tono seccato o frustrato di tali frasi e i membri del nostro party dovrebbero allora incoraggiarci, dicendoci ad esempio “Dai, possiamo farcela!” oppure “Non mollare, combatti!” ecc. insomma, un piccolo sostegno morale che dovrebbe renderli quanto più simili a degli alleati umani. A Colonia non è stato comunque mostrato questo sistema in funzione, perché gli sviluppatori stanno ancora arricchendo il codice con tutte le varie frasi e vocaboli possibili ma mi è stato garantito che nella versione finale sarà incluso il riconoscimento anche per la lingua italiana.
Binary Domain offirirà anche delle modalità multiplayer e cooperative, ma sull’esatta natura di queste opzioni Yoshino non si è voluto sbottonare, quindi non sappiamo se la campagna sarà giocabile online con altri amici o se la co-op sarà solo limitata a missioni specifiche. Qualche dubbio però mi è sorto quando mi è stato detto che i compagni virtuali tra i quali scegliere durante il gioco saranno in tutto sette, ma non tutti i livelli saranno giocabili con due membri al nostro fianco. In alcune missioni sarà possibile portare con noi un solo compagno mentre altre saranno da giocare esclusivamente in solitaria, quindi la cooperazione per tutta la campagna con altri giocatori potrebbe non essere così scontata come sembra. Staremo a vedere.
La longevità, infine, dovrebbe assestarsi intorno alle 10 ore o poco più, quindi nella media per questo genere, anche se il comparto multiplayer dovrebbe poi riuscire a prolungarne l’esperienza.
Tiriamo le somme
Vedere Binary Domain in azione mi ha subito richiamato alla mente un altro gioco simile della scorsa stagione e col quale il titolo Sega Japan sembra avere molti punti in comune, e cioè lo splendido Vanquish, anch’esso prodotto da Jun Yoshino. Il gameplay di Binary Domain però prende un po’ le distanze da quello squisitamente action del titolo Platinum Games nel momento in cui le battaglie diventano più riflessive e tattiche e viene richiesto di gestire con attenzione il nostro party. Certo, non stiamo parlando di nulla di troppo complicato, ma indubbiamente il ritmo degli scontri è qui leggermente meno frenetico e le conseguenze di azioni troppo azzardante e spericolate si fanno sentire pesantemente.
La gestione della nostra squadra mi è parsa davvero soddisfacente, almeno per quello che riguarda gli ordini impartiti tramite il joypad; sono curioso di vedere cosa succederà quando invece potremo gestire il tutto attraverso i comandi vocali e quali, e quante, frasi saranno realmente riconosciute dal gioco. La storia sembra avere una certa importanza, almeno così hanno sostenuto gli sviluppatori, ma durante la presentazione sono stati eliminati tutti i filmati per evitare spoiler e quindi non ho potuto capire realmente quanto la sceneggiatura sarà effettivamente in grado di appassionare e coinvolgere il giocatore fino in fondo. Il motore grafico ha sfoggiato delle animazioni ottime, restituendo dei mech credibili e curati in ogni aspetto, delle texture molto definite ma soprattutto degli shader, usati per corazze e varie superfici metalliche, davvero convincenti e di grande effetto. Lo scenario mostrato nella demo era ricco di particolari e di tanti oggetti su schermo che garantivano un piacevole colpo d’occhio, purtroppo però l’interazione ambientale era quasi del tutto assente e, a parte qualche cassa e qualche riparo, non ho visto nulla rompersi nemmeno durante gli scontri più caotici, durante i quali ho notato comunque dei leggeri cali di framerate, forse imputabili allo sviluppo ancora in corso del gioco e che spero siano risolti prima del 17 febbraio, giorno in cui il titolo debutterà nei negozi.
Un’altra cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso è stata la scarsa varietà di nemici; durante tutto il livello ne ho visti solo 2/3 tipi differenti giusto per colore e forma dell’armatura, a parte ovviamente il boss finale. Peccato non avere avuto la possibilità di visionare altro materiale per capire se il problema sia limitato allo stage mostrato o se invece la fantasia dei mecha-designers sia stata colta da un’improvvisa crisi creativa.
In conclusione, devo dire che sono rimasto positivamente colpito da Binary Domain e che spero davvero che gli sviluppatori riescano a sfruttare il tempo che ci separa dall’uscita per ottimizzare tutti gli aspetti ancora un po’ incerti che comunque, a mio avviso, non intaccano troppo le ottime potenzialità del gioco che sono emerse durante la presentazione alla GamesCom.
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