Recensione - Resonance of Fate
di
Giovanni Grasso / Shadowlord
P
Il Gioco
In un mondo difficile e pericoloso, dove la vita viene scandita da un'enorme macchina a forma di torre che difende la gente dall'inquinamento autoindotto e le classi sociali sono divise in modo netto e marcato, i mercenari hanno acquisito molta importanza. Il significato che il termine mercenario ha nel gioco è comunque diverso rispetto a quello a cui siamo abituati: in questo mondo anche un'azione banale come portare un fiore su di un monumento può comportare dei rischi, quindi le persone si rivolgono a questi gruppi di coraggiosi per farsi proteggere o aiutare, ripagandoli profumatamente. In Resonance of Fate impersoniamo tre di questi mercenari: i loro nomi sono Washyron, il capo del gruppo, Zephir, il classico giovane pieno di talento ma impulsivo, e Leanne, una dolce ragazzina salvata da Zephir proprio nella sequenza introduttiva del gioco.Ci troviamo davanti ad un gioco di ruolo orientale dall'azzeccato character design e con città dove fare acquisti, ma le somiglianze con altri JRPG finiscono qui. Sia i combattimenti, un ibrido fra scontri in tempo reale e strategia, sia l'esplorazione sono decisamente differenti da ogni altro titolo. Gli scontri avvengono in arene nella quali, nel nostro turno di gioco, potremo trovare riparo o attaccare spostandoci, ma le possibilità sono molteplici: attaccare con un atto eroico oppure stare sulla difensiva, scegliere di far attaccare il personaggio che può ferire superficialmente il nemico (quindi indebolirlo per ulteriori assalti che causeranno molti più danni) oppure puntare all'attacco di massa con esplosivi, sono tutte scelte che influenzeranno la battaglia in modo significativo. L'esplorazione è decisamente innovativa: per spostarci sulla mappa esagonale dovremo innanzitutto avere delle cellule energetiche che andranno piazzate per collegare tutti i luoghi che vorremo visitare. Queste cellule saranno di forme e colori differenti e questo ci porterà ad utilizzare quelle giuste nel posto giusto per evitare sprechi inutili di esagoni.
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