Anteprima - Fallout 3
La storia insegna che la conoscenza del passato risulta fondamentale per la comprensione del presente, perciò una breve panoramica sui due precedenti capitoli è pressochè obbligatoria. Nel 2161 il mondo è ridotto poco più che ad un cumulo di macerie; l’umanità è sulla soglia dell’estinzione e la civiltà come la conosciamo oggi non è altro che un lontano ricordo. I pochi sopravvissuti all’olocausto nucleare che ha trasformato la Terra in quest’inferno, si sono organizzati a vivere in piccoli villaggi o in ciò che rimane delle metropoli di un tempo, e sono costretti a fare i conti, giorno dopo giorno, con criminalità e violenza dilaganti oltre che con le orribili creature frutto delle mutazioni causate dagli altissimi livelli di radioattività. Solo una ristretta cerchia di fortunati era riuscita prima del conflitto a trovare rifugio nei cosiddetti “Vaults”. Queste strutture, scavate all’interno delle montagne per scongiurare il rischio di totale annichilimento della specie umana, hanno rappresentato un inviolabile habitat per generazioni di persone, protette per anni dalle insidie del mondo esterno grazie a tecnologie che le rendevano completamente autosufficienti. Nessun essere umano aveva mai abbandonato la propria prigione/rifugio, almeno fino a quando il collasso del sistema di purificazione dell’acqua non costrinse gli occupanti del Vault 13 a prendere una drammatica decisione: mandare qualcuno nel mondo esterno per cercare delle parti di ricambio funzionanti. Qui entravamo in gioco noi, costretti ad affrontare un mondo completamente nuovo, sconosciuto e pericoloso alla ricerca delle parti necessarie a salvare la nostra gente.
Il secondo Fallout era ambientato cronologicamente in un periodo successivo al primo: vestivamo i panni di un indigeno, discendente del protagonista del primo capitolo (che alla fine della sua ricerca del chip di purificazione dell’acqua fu costretto ad abbandonare il proprio Vault e fondò il piccolo insediamento tribale di Arroyo). Anche in questo caso il pretesto che diede il via agli avvenimenti era l’estrema necessità del villaggio di trovare un congegno pre-bellico, il GECK (Garden of Eden Creation Kit), in grado di scongiurare la grave carestia che aveva colpito gli abitanti del villaggio. Questo a grandissime linee quanto accaduto nelle precedenti edizioni: entriamo ora nel merito di quello che si presenta come uno dei giochi più attesi di fine anno.
Dalla culla alla tomba
Fallout 3 rappresenta un sequel sotto tutti i punti di vista, nel senso che si colloca circa 30 anni dopo Fallout 2. Nonostante la conoscenza dei primi capitoli costituisca un titolo preferenziale, gli sviluppatori tengono a precisare che il gioco sarà in ogni caso pienamente fruibile e comprensibile anche dai neofiti, anche per la sua diversa collocazione geografica, che si sposta dalla California alla costa orientale degli U.S.A. Questa volta la narrazione prenderà il via all’interno del Vaul 101, un altro dei numerosi rifugi anti-atomici sparsi qua e là per gli Stati Uniti, dove la giovane moglie di uno scienziato sta per mettere al mondo il loro bambino: è la nascita del nostro alter-ego virtuale. In questa primissima fase di gioco seguiremo la crescita del nostro personaggio dalla nascita sino all’adolescenza, e ne andremo a definire sia i caratteri legati a sesso, nome ed aspetto fisico, sia le abilità che lo contraddistingueranno nel corso dell’avventura.
Ancora una volta le sette caratteristiche principali seguiranno il sistema “S.P.E.C.I.A.L.” (acronimo di termini inglesi che tradotti stanno per forza, percezione, resistenza, carisma, intelligenza, agilità e fortuna), alle quali andranno poi a legarsi tutta una serie di abilità come la destrezza nell’uso delle armi, la conoscenza e l’uso di computers, le nozioni mediche e la conseguente capacità di curarsi ecc. La caratterizzazione del personaggio sembra quindi essere estremamente profonda, con conseguente possibilità di creazione di moltissime tipologie differenti di protagonisti (si può andare dal rude guerriero al brillante scienziato). Ciò influenzerà inevitabilmente il nostro approccio alle situazioni che affronteremo nel mondo esterno, ed inoltre aumenterà in maniera sostanziale la rigiocabilità del titolo.
Le missioni che ci saranno proposte nel corso della ricerca di nostro padre, misteriosamente scomparso dal Vault (questa la causa che ci spingerà fuori dal nostro sicuro rifugio), potranno essere portate a termine in modi diversi e ci metteranno spesso nella condizione di dover effettuare delle scelte, le cui conseguenze si ripercuoteranno in maniera anche molto rilevante sulla trama. In tal senso Bethesda, sviluppatore del titolo nonchè padre del mitico Oblivion, afferma di aver creato per Fallout 3 un sistema grazie al quale sarà il giocatore stesso a plasmarne la struttura narrativa, mediante un numero imprecisato di diramazioni della storia che lo condurranno verso situazioni sempre nuove e, di riflesso, verso finali diversi.
Va aggiunto che, come avveniva nei titoli originali, in Fallout 3 sarà messo in evidenza anche l’aspetto riguardante l’allineamento del nostro eroe: azioni come aiutare il prossimo, combattere criminali o schiavisti ecc. lo renderanno un paladino amato ed acclamato dalla popolazione; al contrario una condotta socialmente scorretta, fatta di omicidi, estorsioni e violenze genereranno attorno ad esso un alone di diffidenza e timore. L’intelligenza artificiale dovrebbe aiutare molto ad enfatizzare queste situazioni, oltre naturalmente a rendere interessanti i combattimenti; la già di per sè buona Radiant AI, vista in azione nel gdr fantasy di Bethesda, è stata infatti ulteriormente ritoccata e migliorata. Oltre ad avere delle proprie routine giornaliere basate su una serie di obbiettivi primari e secondari, gli NPC saranno in grado di rilevare la presenza del giocatore entro un certo range e questo aumenterà percentualmente la probabilità di vederli prodursi in azioni o comportamenti particolari, scongiurando il pericolo di vedersi circondati da automi che non fanno altro che andarsene a zonzo per i vari stages.
E visto che li abbiamo citati, andiamo ad analizzare i combattimenti per scoprire come si è evoluto il caratteristico sistema a turni di Fallout. Diciamo innanzi tutto che potremo decidere se muoverci attraverso il mondo di gioco sfruttando una visuale in prima o in terza persona (e, a differenza di Oblivion, pare che quest’ ultima sia funzionale quanto la prima lasciando così al giocatore la piena discrezionalità della scelta); le sparatorie possono all’apparenza avere il feeling di un action shooter, ma sfruttando il cosiddetto “Sistema di Mira Assistito Vault-Tec” sarà possibile passare ad una modalità a turni utile per mirare a specifiche parti del corpo dell’avversario. La cosa si rivela fondamentale, in quanto sfruttando tale caratteristica sarà possibile infliggere maggiori danni ai nemici, o affliggerli con particolari status alterati. E’ addirittura possibile eliminare un avversario con un singolo colpo mirato, sempre che la nostra abilità con l’arma in uso e lo stato di utilizzo della stessa lo consentano, ovviamente. Anche noi potremo però subire la stessa sorte e se in un duello dovessimo subire dei danni agli occhi, la nostra abilità nella mira ne risentirebbe considerevolmente, così come una ferita ad una gamba ci costringerebbe a spostarci molto lentamente, tanto per fare due esempi.
In una società fondamentalmente senza regole come in quella di Fallout 3 vige senza dubbio la legge del “mangiare o essere mangiati”, e gli strumenti di difesa\offesa certo non mancano: l’arsenale sarà infatti di tutto rispetto e sarà diviso in varie categorie che annovereranno armi da impatto come mazze o semplicemente pali di metallo, vecchie carabine e pistole, sino ad arrivare agli immancabili, ultratecnologici e letali fucili al plasma. Se non bastassero quelle reperibili nei vari shops o sparse per il mondo, è possibile pure creare personalmente le proprie armi: è sufficiente disporre di un progetto, dei pezzi necessari ad assemblarle e un livello d’abilità nella meccanica sufficiente allo scopo.
Futuro... remoto
Parliamo ora dell’aspetto visivo e dell’atmosfera generale di Fallout 3. Va anzitutto riconosciuto ai designers del gioco grande merito per l’approfondita ricerca svolta sul periodo pre-bellico (quello antecedente la Seconda Guerra Mondiale); ogni cosa concorra alla creazione dei paesaggi, dalla lampada da tavolo al grande edificio industriale, richiama immancabilmente quegli anni, creando un contrasto davvero unico tra la collocazione temporale del gioco (ricordiamoci che viviamo in un periodo posteriore al 2200) e la tecnologia “retrò” praticamente onnipresente. Basti ad esempio osservare i robot, avanzate intelligenze artificiali senzienti racchiuse all’interno di pesanti involucri metallici infarciti di pulsanti e levette varie; senza dubbio lontani anni luce dalla nostra attuale concezione di futuro, dove le scelte di design strizzano generalmente l’occhio al genere “manga”. Fondamentale, nel ricreare un’atmosfera di assoluta decadenza, è anche lo stile col quale sono stati abbigliati gli abitanti delle lande desolate, contraddistinti da abbinamenti a metà strada tra il comico e il grottesco: potremo ad esempio incappare in personaggi che sfoggiano eleganti smoking calzando con disinvoltura pesanti anfibi e che si riparano gli occhi dietro maschere da saldatori.
L’area di gioco, per quanto vasta, sembra essere sensibilmente più limitata di quella vista in Oblivion, ma la cosa non va necessariamente considerata in maniera negativa: gli sviluppatori hanno così avuto modo di concentrarsi maggiormente su ogni singolo dettaglio, e dagli screenshots visti sin'ora quest’attenzione traspare tutta. Gli scorci su paesaggi devastati, la presenza quasi ossessiva di detriti e rottami, la claustrofobica atmosfera stessa che si respira all’ interno del Vault sono frutto del maniacale impegno dei disegnatori. Stesso discorso può essere fatto per i personaggi non giocanti: anche in questo caso, se paragonati ai quasi 1500 di Oblivion, le alcune centinaia che incontreremo in Fallout sembrano ben poca cosa. In realtà ognuno di essi sarà caratterizzato in maniera molto più profonda, oltre come visto, per la raffinata I.A., anche sotto l’aspetto meramente estetico, con texture di pelle e costumi d’altissimo livello e mimiche facciali sopraffine.
La giocabilità si attesterà, a detta di Bethesda, attorno alle 20 ore per portare a termine la quest principale, più ulteriori 20 ore per le missioni secondarie. Aggiungeteci diverse ore di libera esplorazione del mondo di gioco, più l’altissimo grado di rigiocabilità costituito dalla possibilità di intraprendere strade diverse nel corso dell’avventura, e avrete un’idea di quanto tempo Fallout 3 sottrarrà alla vostra vita sociale.
Conto alla rovescia
Insomma, pare che tra pochi mesi gli amanti dei gdr avranno nuovamente di che gioire: se le promesse saranno tutte mantenute ci troveremo tra le mani un vero capolavoro, un gioco di ruolo di quelli tosti che con una grande quantità di parametri e statistiche e uno spettacolare livello d’interattività con l’universo di gioco, saprà esaltare anche il più incallito degli hard-core gamers.
Gran bella sfida quella accettata dagli sviluppatori: riportare alla luce un mito del passato senza snaturarne lo spirito e deludere i vecchi fan della serie, creando al contempo un titolo capace di coinvolgere i players meno “maturi” con un gameplay fresco ed al passo coi tempi. Fortunatamente lo sviluppatore in questione è Bethesda, ed è inutile aggiungere altro, no? Attendiamo impazienti l’apertura del Vault 101.
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