Alaloth: Champions of the Four Kingdoms - anteprima hands-on
di
Győző Baki / Baboy
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Alaloth: Champions of the Four Kingdoms si propone come lettera d'amore per i classici RPG vecchio stile, quando l'unico modo per avere questo tipo di esperienza era tutti seduti attorno ad un tavolo con penne, schede cartacee e tanti dadi da lanciare. Non stupisce quindi che la premessa stessa del titolo si rifaccia agli standard/cliché del genere: ci troviamo in un'enorme landa con quattro regni a governare le varie aree, finché non arriva il demone Alaloth che con le sue armate si insedia al centro di queste terre indebolendo tantissimo i vari regni e relative casate che perdono tantissimi combattenti valorosi, rimanendo con l'unica scelta di accettare la convivenza con questa forza maligna, anche se questa corromperà un po' alla volta tutto ciò che di buono era stato costruito nei secoli. Prevedibilmente questo conflitto ha creato anche rivalità e malumori tra i regni stessi, con la fiducia e il rispetto reciproco che hanno lasciato spazio alla cultura del sospetto, tutto a vantaggio di Alaloth. Lo scopo del giocatore, in questo contesto, è avventurarsi come paladino di uno di questi regni alla ricerca degli artefatti che consentiranno di accedere al regno di Alaloth per tentare di fermare il tiranno una volta per tutte, ma oltre ai mostri del demone ce la dovremo vedere anche con i paladini degli altri regni intenti nella stessa missione. Visivamente e a livello di lore, il titolo di Gamera sembra rifarsi molto ai classici giochi di ruolo, con un fantasy di stampo medievale e mostri sulla falsariga di goblin, orchi e così via.
MX Video - Alaloth: Champions of the Four Kingdoms
Provando il gioco si nota subito come in Gamera Interactive conoscano per bene il mondo dei giochi di ruolo, prendendo un po' il meglio di quasi ogni tipo di RPG ed immergendo il tutto in fondali dalla visuale isometrica pre-renderizzati e ritoccati a mano come nei classici RPG isometrici stile Planescape: Torment e Baldur's Gate, con le varie città piene di personaggi da cui comprare oggetti, ottenere quest e così via. Avventurandosi per i dungeon in giro per il mondo di gioco si può invece metter mano ai combattimenti, che risultano essere una sorta di improbabile mix tra Diablo e Dark Souls: i comandi sono semplici ed intuitivi e prevedono l'uso di spade, archi e magie, ma il sistema di combattimento è più "pesante" e tattico come ne From Software, con grande uso di parate e schivate e soprattutto con un indicatore di resistenza che che si riduce a ogni colpo, portandoci a gestire bene la nostra riserva di stamina senza spammare inutili colpi a vuoto. La peculiarità dei dungeon sta anche nei rischi che si corrono: si deve arrivare ben attrezzati e preparati, perché se si muore o si decide di uscire dall'area non sarà più possibile tornare all'interno né tantomeno recuperare l'agognato loot di fine area, che è solitamente una ricca selezione di armi, armature e oggetti utili di vario genere.
Dove davvero Alaloth: Champions of the Four Kingdoms brilla rispetto a tanti giochi di ruolo sul mercato, però, sono le ambizioni di un mondo aperto in costante evoluzione. A collegare le tante città (7 per regno), in numerosi dungeon e le tante altre aree delle terre del titolo troviamo un overworld bidimensionale che fa ben capire la vasta scala del gioco. Qui viaggiamo da un'area all'altra spostando un cerchio che indica il nostro personaggio, con il tempo che va avanti in forma accelerata. Un viaggio da una città all'altra infatti può richiedere giorni nel tempo reale, e con un veloce ciclo continuo di giorno e notte è possibile percepire bene la durata degli spostamenti. E mentre il tempo passa il mondo va avanti tra battaglie, incontri e quest che si evolvono: guerrieri possono morire, quest possono concludersi, e gli altri paladini in giro per la mappa alla ricerca dei nostri stessi artefatti potrebbero trovarli prima di noi costringendoci poi a rintracciarli e raggiungerli per uno scontro diretto. Possiamo quindi incontrare questi esploratori o combattenti (tutti rigorosamente gestiti dall'IA) e in base ai loro schieramenti ottenere informazioni utili o doverli affrontare in battaglia. E' una meccanica molto interessante che rende il mondo di gioco variegato e mai ripetitivo, visto che questi eventi sono casuali e cambiano a ogni run.
E proprio il concetto di "run" è un altro pilastro del titolo, perché Alaloth: Champions of the Four Kingdoms è pensato per essere giocato numerose volte. Con la possibilità di personalizzare il proprio personaggio come appartenenza, religione e vocazione, inevitabilmente certe quest o possibilità non ci saranno tutte disponibili alla prima partita e dovremo rigiocare più volte, compiendo scelte diverse, per poter vedere tutto quello che il titolo ha da offrirci. Ognuno dei 4 regni ha i suoi personaggi e le proprie storie, ergo per scoprire ogni elemento della ricca lore del titolo serviranno non meno di 4 playthrough complete come paladino di ciascun regno, ognuna delle quali richiederà almeno una decina d'ore anche puntando ai soli obiettivi primari e ignorando buona parte dei testi. Sarebbe però ovviamente un'occasione sprecata giocare così frettolosamente, poiché il mondo di gioco sembra ricco di materiale da leggere su ogni regno, casata, guerriero, demone o folklore. Gli sviluppatori ci confermano che si potranno anche usare mount (cavalli, per esempio) ed avere dei compagni di viaggio, dei guerrieri che potremmo dirigere a nostro piacimento in battaglia e che potranno essere utilizzati in co-op locale da nostri amici.
Si potrebbe ancora parlare a lungo di feature intriganti, poiché il titolo di Gamera Interactive ha pressoché tutto ciò che si possa volere da un gioco di ruolo: la profondità dei classici RPG con un sistema di combattimento più divertente ma non meno tattico, che sembra l'incrocio che non sapevamo di desiderare tra Diablo e Dark Souls; una lore fantasy medievale ricchissima piena di regni, casate e combattenti, ognuna con le proprie storie; un mondo enorme e dinamico da esplorare; una personalizzazione dei personaggi impressionante che tiene conto anche della religione scelta, della casata a cui si vuole appartenere o se si punta ad essere eroi buoni o cattivi; e storie ed aree di gioco inedite per ciascun regno, con quest disponibili solo se si parte come paladini di quei regni una manna per la rigiocabilità. Oltre agli avvenimenti principali, ci sono poi quest ed eventi generati casualmente, un sistema di tesori ed equipaggiamenti decisamente convincente, cooperativa locale, cavalli per viaggiare più rapidamente, crafting... praticamente tutto e di più, il meglio del meglio del genere non solo sulla carta ma anche nella pratica: abbiamo verificato con mano come sia davvero divertente esplorare e combattere in queste terre fantasy. Se il gameplay saprà rimanere così avvincente e divertire anche dopo le prime ore di gioco e se la trama si rivelerà all'altezza delle aspettative, potremmo davvero avere a che fare non solo uno dei titoli italiani più riusciti degli ultimi tempi, ma anche e soprattutto uno dei giochi di ruolo più vasti e profondi sul mercato attuale. Inutile dire quindi che non vediamo l'ora di provare la versione finale del gioco, che dovrebbe arrivare, sembra, nel 2020. L'attesa potrebbe essere ancora lunga, ma tutto fa pensare che ne varrà decisamente la pena.
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