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Phantom Dust

Phantom Dust - Memoria Perduta

Dopo aver annullato il progetto di remake/reboot di Phantom Dust, Microsoft non vuole lasciarci completamente a bocca asciutta e si appresta a rilasciare un "porting arricchito" del gioco uscito nel 2004 sulla prima Xbox. Ma quanti lo giocarono al tempo e lo ricordano oggi? Di cosa si tratta in realtà? Ripercorriamone insieme le caratteristiche.
Torniamo per una manciata di righe al 2014: Microsoft sta per concludere la sua conferenza d'apertura dell’E3 - la prima con Phil Spencer al comando - e vuole sollevare dagli spalti un’ultima vibrante esclamazione di sorpresa. Per questo ha preparato un video che solo i veterani possono riconoscere dalle prime battute, e che i meno, ehm, anziani devono guardare fino alla fine, fino al titolo, per provare ad attivare la memoria. Inutilmente per molti. Quel Phantom Dust finale non dice nulla alla maggior parte delle persone e la platea si divide fra chi festeggia un ritorno importante e chi ha la sensazione di essersi perso un passaggio: capisce che è successo qualcosa di considerevole, ma non sa bene cosa.
A 9854 chilometri da Los Angeles, davanti al monitor del mio PC, a vibrare erano due domande: “Che?! Cosa?!”

MX Video - Phantom Dust

Senza memoria
Quando Microsoft annunciò il ritorno di Phantom Dust erano passati dieci anni dall’esordio del gioco originale: da allora il progetto, affidato a Darkside Games, è stato annullato ed al suo posto è stato annunciato un "semplice" porting del titolo del 2004, con la grafica originale (ma renderizzata in HD) ed arricchito da miglior frame-rate, features Xbox Live complete e supporto agli obiettivi. Sappiamo che questo è ormai in dirittura d'arrivo e che dovrebbe uscire prima dell'E3, ma quando questo accadrà saranno comunque passati 13 anni: un tempo sufficiente perché nasca una generazione di giocatori che non ha mai sentito parlare dell’opera di Futatsugi, soprattutto in virtù del fatto che, nonostante sia ritenuto un gioco qualitativamente valido, non ebbe comunque un successo deflagrante al tempo. Ha lasciato un segno profondo ma limitato, come solo i titoli di nicchia sanno fare.

Per questo cercare di rispondere alle mie due vibranti domande ed esporre i risultati a tutti voi mi è sembrato un buon punto di partenza per cercare di capire cosa ci aspetta all'uscita di Phantom Dust.

Microsoft non ha mai sfondato in Giappone, ma c'era un tempo, agli inizi, quando l’azienda di Redmond cingeva d’assedio l’isola del Sol Levante con la speranza di invadere il feudo di Sony. Per farlo servivano soldati validi, meglio se ronin. Per questo quando Yukio Futatsugi si presentò al quartier generale di Xbox con un’idea, molti si sedettero al tavolo per ascoltarlo con interesse – immaginatevi il tutto come fosse un piano di guerra, discusso in una tenda, alla luce delle fiaccole.

Yukio, già padre di Panzer Dragoon, inizia descrivendo un mondo distrutto, un mondo dove una polvere misteriosa ha invaso le città, le campagne e le menti degli uomini cancellando loro ogni ricordo del passato. Questa nuova umanità si trova a vivere per la prima volta senza alcuna nozione di sé stessa, con la consapevolezza di doversi nascondere nel sottosuolo per non soccombere alle terrificanti creature arrivate con la polvere. Alcuni dei sopravvissuti, però, hanno riscontrato uno strano effetto collaterale: la maledetta polvere ha risvegliato in loro dei poteri psichici che trasformano il loro volere in energia pura e tangibile. Imparando a sfruttare questo dono inatteso gli Esper, come vengono chiamati, perlustrano la superficie in cerca di indizi del passato. Sperano di poter ricostruire l’identità dell’uomo.

Gli ufficiali di Microsoft sono intrigati, la storia cattura, ma c’è un problema: Futatsugi-san vuole trasporre l’idea narrativa in un gameplay basato su carte, mazzi e tavoli da gioco. Un card game alla Might and Magic. Microsoft sa bene che provare a sfondare in Giappone con un gioco del genere sarebbe come rompere un assedio caricando le mura con una peg-perego. L’idea però non viene rigettata, ma modificata: “Rendilo più action”, dicono a Yukio, “e faremo del tuo gioco la nostra testa di ponte in Giappone.”

Il sentiero dei passi falsi
Yukio ci pensa, si ritira nei suoi quartieri per qualche tempo e torna dai generali con le modifiche richieste. Phantom Dust è ora un particolare ibrido fra action, card game e strategico. Il personaggio senza nome e memoria gestito dal giocatore deve scontrarsi con dei demoni della superficie, all’interno di arene. Attacco e difesa vengono definiti da una serie di abilità associate ai quattro bottoni del pad e pescate casualmente all’inizio dell’incontro da un mazzo di carte virtuale: con il tempo il giocatore raccoglie infatti un quantitativo tale di carte abilità da aggiungere al proprio mazzo, dal quale il gioco attinge all’inizio dell’incontro nella pesca casuale. Durante gli incontri poi alcune abilità o mosse, sempre prese dal mazzo, vengono posizionate nella mappa permettendo al giocatore uno scambio al volo del proprio arsenale.


L’azione consiste nel muoversi all’interno dell’arena attivando le skill al momento giusto, la strategia arriva nel momento in cui bisogna scegliere come sfruttare tali abilità e il card game ci mette del suo quando il giocatore inizia a costruirsi il proprio mazzo di poteri dal quale pescare ad ogni partita. Chi dovesse aver fatto qualche partita ad Heartstone capirà benissimo il meccanismo, anche se vi sono alcune differenze. Nel titolo Blizzard si rimane di fronte ad un tavolo con le carte aggiuntive gentilmente offerte in automatico: se avesse la base di Phantom Dust, sarebbe necessario correre in giro per l’arena a raccogliere il proprio mazzo sparso un po’ ovunque.

Purtroppo non è un caso che Heartstone sia arrivato e abbia sbancato dieci anni dopo della creatura orientale di Microsoft: malgrado l’investimento, la qualità del titolo e le buonissime recensioni ricevute dalla critica, Phantom Dust non ha mai fatto il botto, o rotto l’assedio per rimanere all’esempio iniziale.

Oltre al fatto che il titolo, per quanto buono, non era facilissimo da pubblicizzare, Microsoft al momento dell’uscita decise di limitarne la pubblicazione al solo territorio Giapponese, e nonostante il mercato occidentale si dimostrasse interessato ed il gioco includesse sin dal lancio la lingua inglese, ci vollero diversi mesi prima che fosse concessa la licenza di vendita sul territorio nordamericano. Quindi, anche se alla fine venne fatto tutto il possibile, era troppo tardi. Phantom Dust si diffuse in maniera limitata, incantò pochi giocatori grazie al suo eccellente comparto multiplayer e poi si spense nelle acque del tempo che passa.

Come una vittima della sua stessa linea narrativa, Phantom Dust ha visto gli umani perdere la memoria, salvo pochi esemplari, scoprendo sul palco losangelino di due anni fa di essere, agli occhi di molti, uno sconosciuto, o un curioso caso di animale estinto che sbuca dalla vegetazione anni e anni dopo la messa agli atti della sua scomparsa. Potremmo a questo punto aggiungere alle due domande iniziali un “Perchè?”.

Perchè Microsoft ha deciso, fra i diversi titoli a disposizione in archivio, di ripescare Phantom Dust? La risposta è relativamente semplice, ma nasconde una storia interessante: perché costava poco. Microsoft, ripreso il controllo di quel treno sul punto di deragliare che era Xbox One, decise di scavare fra le proprie IP non sfruttate per vedere quali potevano essere rimesse in piedi con un minimo sforzo economico. Fra i vari Perfect Dark, Killer Instinct e Battletoads c’era Phantom Dust.

Forse qualcuno deve aver pensato che i tempi sono ora maturi per un suo ritorno e, tre anni fa ormai, diede il progetto in mano al semisconosciuto Darkside Studios. Insieme a 5 milioni di dollari. L’idea era quello di rispolverare il progetto di Yukio con un reboot limitato alla componente multiplayer. Darkside si mette al lavoro subito, non ha molto tempo e nemmeno fondi degni di nota, ma il progetto è assai limitato e… no, pochi mesi dopo Microsoft decide di aggiungere anche una parte single player senza però aumentare il tempo e il denaro a disposizione. Darkside vede comunque in Phantom Dust l’occasione per fare il grande salto, stringe i denti e prepara una presentazione del single player in tempi record. Presentazione che nessuno vedrà mai, perché il trailer con cui ho aperto questo strano post-mortem venne pubblicato da Microsoft senza informare Darkside, mostrando quindi un prodotto ben diverso da quello in sviluppo presso il piccolo studio inglese. A quel punto qualcosa si inceppa definitivamente, Darkside fatica nello sviluppo, Microsoft cancella il progetto e lo studio deve chiudere i battenti.

Chiaramente se la storia fosse finita qui non ne staremmo parlando, se non per gossip. Qualcosa invece è successo, abbastanza dietro le quinte dell’industria perché sia possibile scriverne i dettagli, e Phantom Dust è tornato. Sta per tornare. Il tutto se ne esce apparentemente ridimensionato: il ritorno di questo travagliato esperimento orientale di Microsoft arriverà su Xbox One come semplice riedizione, non un reboot, non un remake, ma un titolo con il motore grafico originale riadattato per One. Quando? Non si sa di preciso, ma per ammissione della stessa Microsoft è atteso prima del'E3 di giugno.

Attendiamo quindi fiduciosi - e molto curiosi - l'arrivo di questa riedizione del gioco, per scoprire se quel gameplay troppo all’avanguardia 13 anni fa sia finalmente pronto per essere apprezzato dal grande pubblico… o se rischi di di dimostrarsi fin troppo vecchio sbagliando ancora una volta i tempi e finendo vittima della sua stessa polvere. Lo scopriremo presto!

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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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