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Gears of War 4 - la Beta messa alla prova

In questi giorni abbiamo potuto sviscerare in anteprima la Beta multigiocatore di Gears of War 4, potendo così dare un primo giudizio sul lavoro svolto da The Coalition, il nuovo team di sviluppo guidato da Rod Fergusson dopo la decisione da parte di Epic Games di cedere il franchise a Microsoft. Vediamo insieme quali sono le conferme e le novità di questo primo assaggio del gioco.

Come si presenta

La beta di Gears of War 4 è da considerarsi un vero e proprio test di produzione, al contrario di molte beta moderne che non sono altro che delle demo multigiocatore. Lo si evince già dal menu principale, ancora abbastanza semplicistico e con ben poche opzioni tra le quali andare a frugare: attenzione soprattutto a controllare che il server che vi è stato assegnato sia quello dislocato in Europa, altrimenti cambiatelo manualmente. Il pacchetto offerto dagli sviluppatori comprende due modalità, Team Deathmatch e Dodgeball, ed una playlist a parte definita Co-Op Team Deathmatch, una variante che fa scontrare una squadra di umani con una degli Swarm (i nuovi nemici del gioco) comandata dall’intelligenza artificiale impostata a livello Difficile. In tutti i gametype le squadre sono composte da 5 giocatori contro altri 5, i quali devono affrontarsi su tre diversi campi di battaglia: in questa beta ne troviamo tre, ossia “Dam”, racchiusa nei pressi di una diga, “Foundation”, tipicamente urbana, e “Harbor”, su una piattaforma per la realizzazione di navi, nel mezzo di una tempesta.

Dodgeball, la novità principale in termini di giocabilità, prevede un duello all’ultima uccisione. L’obiettivo è spazzare via l’intera squadra avversaria cercando di non far eliminare nessuno dei nostri compagni. Infatti, se è vero che possiamo perdere in qualunque momento un membro della nostra squadra, è anche vero che possiamo farlo tornare in gioco semplicemente uccidendo un avversario. È questo in sostanza il twist che rende unica Dodgeball, in quanto di base non sono previsti ticket di respawn: bisogna guadagnarseli uccidendo i nemici per capovolgere l’andamento della partita. Facendo un esempio concreto, se rimane un singolo giocatore contro altri tre ed il nostro impavido eroe solitario riesce ad uccidere uno dei nemici, il gioco permette di far rinascere uno dei nostri compagni, riequilibrando il match in un 2 contro 2. Fortuna e abilità la fanno da padrone, ma l’obiettivo rimane quello di uccidere tutti. Purtroppo in questi due giorni di beta anticipata non ho avuto ancora modo di provarla in quanto l’esigua popolazione si è concentrata principalmente su TDM, quindi rimando qualsiasi parere in merito all’articolo post-beta che pubblicheremo dopo aver provato a fondo la beta insieme a tutti voi.

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Più di una persona in questi giorni, guardando le immagini che ritraevano il layout delle tre mappe giocabili emerse dai vari streaming, ha sollevato dubbi sulla loro apparente eccessiva grandezza: nulla di più sbagliato. Tutti i campi di gioco presenti nella Beta sono di piccole dimensioni rispetto a quanto visto nei precedenti titoli, ed in termini di design riscontriamo un’uniformità che non permette di variegare sufficientemente le strategie. In sostanza, in due mappe su tre, esiste sempre una zona centrale di scambio che si collega alle due aree laterali che ospitano consistenti power weapons, le armi speciali del gioco, mentre dal punto di rinascita abbiamo tre possibili vie principali per decidere dove dirigerci. Nella storia del brand abbiamo potuto provare mappe ben più complesse ed asimmetriche dal punto di vista strutturale, diversificate anche nell’architettura del terreno di gioco; per il momento la scelta di design fatta sembra orientata verso una semplificazione del layout a favore di una concentrazione degli spazi per evitare la dispersione dell’azione. Un aspetto voluto probabilmente per favorire il mondo dell’e-sport, velocizzando il flusso dei match. Ma è fin troppo presto per dare un giudizio definitivo in tal senso, in attesa di scoprire il parco mappe completo: 10 al lancio, tra le quali il classico remake di “Ingorgo”, più le 12 successive (1 al mese per un anno), tutte gratuite a meno che non le si voglia acquistare per partite private personalizzate (tra cui Orda, immaginiamo).

Per la prima volta vediamo l’Unreal Engine 4 applicato ad uno dei titoli che con la revisione precedente ne ha fatto più uso, rendendolo celebre nel mondo dei videogiochi e non solo, esportandolo di fatto per un lungo periodo in centinaia di produzioni terze e facendo dunque la fortuna di un’azienda. L’impatto iniziale è curioso perché, se è possibile riconoscere alcuni tratti distintivi del motore grafico, è anche vero che si ha la sensazione di un’estrema pulizia a cui i precedenti Gears non ci avevano abituato. Mancano ancora diversi effetti e texture definitive, ma credo che l’aspetto grafico sia già così estremamente soddisfacente e di fatto vicino a ciò che osserveremo nel titolo finale. Va ricordato infatti che il multiplayer, per girare a 60 frame per secondo, rinuncia ad un lato tecnico più elaborato e spettacolare, che sarà prerogativa esclusiva della campagna in singolo, che girerà a 30 fps proprio per poter aumentare effetti e conta dei poligoni. Ma niente paura: nessuna grafica cartoonesca, anzi, qualcosa di più realistico nelle ambientazioni.

Si torna a casa

Pad alla mano, per un veterano come il sottoscritto, è come se il tempo si fosse fermato. Qualche morte accidentale per abituarsi velocemente ai comandi e alle poche novità presenti, e si è subito a casa. La base da cui gli sviluppatori sono partiti è chiaramente quella di Gears of War 3: dimenticate quindi ciò che avete visto in Judgment perché non vi è rimasto praticamente nulla. D’altronde, perché cambiare una formula già ben collaudata per correre il rischio di rovinare le aspettative dei fan? Squadra che vince non si cambia.

Il loadout iniziale prevede un fumogeno e la pistola Snub come equipaggiamento fisso, alle quali vanno affiancati Fucile a Pompa Gnasher o i fucili d’assalto, il Lancer e l’Hammerburst. Va detto che in questa beta non è possibile provare tutte le armi che Gears of War 4 offrirà, tra cui anche il Retro Lancer che farà il suo ritorno come arma di base: gli sviluppatori ne hanno rivisto la funzione, diminuendo i danni arrecati ed aumentando leggermente la capacità di bloccare i movimenti del nemico (stopping power). Sarebbe stato meglio inserirlo in questa Beta così da restituire un feedback agli sviluppatori, ed auspico un aggiornamento in corsa in tal senso. Un fucile tanto discusso e che invece non farà il suo ritorno è il Canne Mozze (Sawed-Off), disprezzato per le uccisioni facili che regalava anche ai più inesperti, in particolar modo in modalità ad obiettivi come Re della Collina.

Le fazioni rimangono sempre due: quella dei COG e gli Swarm, i nuovi mostri che prendono il posto delle Locuste. Scopriamo quindi alcuni dei personaggi che ci accompagneranno nel corso dell’avventura, tra i quali anche alcuni secondari oltre al trio protagonista, e l’aspetto, abbastanza deludente a dir la verità, dei nemici giurati. Ognuno di loro porta in dote mosse inedite per evitare gli stalli in sede di copertura: scopriamo così un modo alternativo di uccidere, il “CCC”, che sta per Closed Cover Combat (Combattimento Ravvicinato in Copertura). Faccio degli esempi pratici: io e il nemico siamo in copertura sui lati opposti della stessa barriera di sacchi di sabbia, cosa fare per evitare di sprecare proiettili e andare avanti? Lo “strattone” (“yank”) dà la possibilità di afferrare con forza il nemico per la schiena e portarlo dalla nostra parte della barricata così da ucciderlo approfittando del suo stordimento. La mossa è attivabile con il tasto X portando la levetta di sinistra verso l’alto, come se volessimo saltare la copertura. Chi subisce questa azione può comunque annullarla se preme in tempo il tasto B. In tutti i casi in cui ci ho provato, la mossa non è riuscita: l’avversario era sempre abbastanza attento da individuare le mie intenzioni. Altra evoluzione è quella del calcio “in volata”, come lo definisco io: precedentemente conosciuto come “mantle kick”, il “vault kick” permette di calciare l’avversario fuori dalla copertura. La differenza è che in Gears of War 4 questa mossa si può eseguire solo se siamo in corsa verso una determinata copertura occupata dal nemico e, prima di posizionarci, premiamo il tasto B. Con il rivale calciato via e stordito, possiamo a quel punto effettuare un’esecuzione con il pugnale in dotazione. Anche in questo caso vale la regola della mossa precedente: se l’altro giocatore ha intuito il nostro comportamento, può annullarci l’azione con il tasto B prontamente premuto.

Per il resto, tutte le altre regole d’ingaggio in movimento non sono state modificate, tranne per l’uscita dalla copertura che ci restituisce un breve boost in velocità. Fondamentale, invece, comprendere il funzionamento della Ricarica Attiva: a differenza dei precedenti titoli, non possiamo ricorrervi sempre. Una volta effettuata, anche in anticipo senza sprecare un proiettile, bisogna attendere all’incirca una decina di secondi prima di effettuarne un’altra. Quest’accorgimento è stato inserito per evitare che i giocatori più esperti approfittassero della funzione avendo perennemente proiettili potenziati dalla perfetta ricarica. Visualmente, la possibilità di ricorrere alla Ricarica Attiva è identificata da un piccolo talloncino posto al termine delle munizioni rimanenti.

Qualunque cosa dicano gli sviluppatori, comunque, l’approccio medio dei giocatori non è cambiato. L’arma che domina la scena e che viene scelta come primaria rimane sempre il Fucile a Pompa Gnasher. Qualsiasi stravolgimento in tal senso avrebbe contrariato non poco la fanbase; di conseguenza chi si aspettava rivoluzioni nel gameplay potrebbe rimanere deluso. Le power weapons aiutano efficacemente a frenare il fenomeno, costringendo all’utilizzo dei fucili d’assalto per evitare il contatto ravvicinato, ma di certo non possono bastare a sconvolgere le capacità collettive di una squadra. Chi ha perfezionato lo Gnasher saprà ben usare anche le armi speciali, dal Boomshot al Cecchino. A proposito di quest'arma, segnalo una visuale più ampia e chiara in fase di zoom, che permette di mettere a segno colpi migliori.

A fine partita assistiamo alla schermata di riepilogo del punteggio e dei punti esperienza, con tanto di lista di onorificenze ottenute. Grazie al sistema di taglie, che non sono altro che carte virtuali da attivare ad ogni match e che vengono consumate solo a requisiti raggiunti, possiamo velocizzare l’accumulo dei punti per salire di livello, che è espresso sia in termini di numeri che gradi. I numeri indicano semplicemente l’esperienza accumulata nel tempo (ad esempio si è di livello 16 con circa 53.000 XP), mentre il grado indica la nostra abilità: il sistema valuta le nostre capacità di partita in partita e dopo i primi cinque piazzamenti in una determinata modalità ce ne assegna uno. La scala dei gradi, ognuna con tre livelli, è così composta: Bronzo, Argento, Oro, Onice, Diamante.

I punti sui quali bisogna lavorare

L’aspetto più preoccupante di questa beta e che stranamente non riguarda tanto il multiplayer quanto la futura campagna in singolo, è la caratterizzazione dei nemici. Possiamo dimenticare la bellezza delle amate Locuste, così differenziate nello stile estetico e che richiamavano già a prima vista i loro singoli ruoli all’interno delle dinamiche della storia: basti pensare alle Guardie Theron o ai Kantus, le loro armi principali, i subdoli richiami allo sterminio degli ominidi. Gli Swarm non hanno questa riconoscibilità perché essenzialmente sono tutti uguali e soprattutto sono muti, a differenza chiaramente della controparte umana. Mai un ghigno, una risata malefica o una malvagia sentenza sull’inutilità degli avversari. Giusto qualche verso appena accennato. Una mancanza di immedesimazione che ho sentito e che mi ha fatto rimpiangere il passato. A tal proposito, sono spariti anche i carismatici annunciatori che fomentavano o rimproveravano le squadre, a favore di un’atmosfera più professionale: viene da chiedersi se vale davvero la pena sacrificare lo spirito del gioco per facilitare la competizione formale tra professionisti dell’e-gaming.

Per quanto riguarda le meccaniche e le strategie di gioco, Gears of War 4 torna a peccare di ingenuità, quasi come se The Coalition non avesse imparato nulla dagli errori fatti da Epic Games. Se le mappe sono di piccole dimensioni e non ci sono molte vie d’uscita per abbandonare la zona di respawn, è chiaro che emerge un problema legato al killfarming, quel fenomeno che nasce nel momento stesso in cui si intrappola la squadra avversaria nel proprio punto di rinascita. Un grosso problema che aveva caratterizzato con conseguenze tragiche la beta di Gears of War 3, tanto che gli sviluppatori furono costretti ad un profondo stravolgimento delle mappe che richiese mesi di lavori. In Gears of War 4 il fenomeno è leggermente attenuato dalla protezione del personaggio per un buon numero di secondi, tali da permettere una fuga senza venir maciullati appena rimesso piede in campo, ma in mappe come “Dam” e “Harbor” l’effetto è annullato per il brutto posizionamento del respawn: nel primo caso, fin troppo lontano dalla zona effettiva di combattimento; nel secondo, al contrario, in un’area frequentata anche dai nemici. Andrebbero inoltre scambiati con più frequenza i punti di rinascita, evento che avviene raramente nel corso di un round e che invece Epic Games aveva saputo gestire sapientemente nel terzo capitolo proprio per evitare il problema descritto.

Altre note amare, strettamente personali: avrei fatto volentieri a meno della possibilità di piazzare granate esplosive, una tattica che definisco cheap perché impedisce lo svolgimento di uno scontro alla pari, innervosendo il poveretto che cade nella trappola. Tra il Dropshot e il Digger avrei preferito un ritorno di quest’ultimo per effetto scenico e pericolosità sul lungo raggio, ma se è per mancanza di piccoli mostriciattoli da sfruttare come mine vaganti, allora diamo il cambio per buono. Il colpo alla testa non ha lo stesso fascino di prima: troppo splat, poco pop, per dirla in gergo onomatopeico. Con lo Gnasher, quasi non ci si accorge di aver fatto un headshot. Infine, se è vero che l’umanità si sta rialzando e costruendo la nuova società, c’è un eccessivo feeling industrial in tutte e tre le mappe proposte, persino in “Foundation”, ambientata in città. Un’atmosfera che calza poco con l’idea che nel tempo mi sono fatto di Gears of War, un mondo selvaggio, brutale e oscuro allo stesso tempo. La stessa oscurità che Gears of War 3 ha accantonato a favore di una palette cromatica vivida e che Rod Fergusson aveva promesso di recuperare con il quarto capitolo. Ecco, vorrei che la stessa desolazione che si avverte nel trailer “Tomorrow” si respirasse oltre che nel single player anche nel multiplayer. Ci riuscì il primo capitolo in assoluto della serie, ma non i successivi. Anzi, nel caso specifico della mappa “Dam”, mi è sembrato tutto così fuori dal contesto che l’ambiente appare essere uscito fuori da una sessione alla luce del giorno di Alan Wake: quei pini che dominano colli e monti, il tunnel inaccessibile, la diga che sembra intrappolare il giocatore, il lago artificiale che fa da sfondo. Affascinante, per carità, ma una direzione artistica che cozza totalmente con quanto visto in passato. E siamo già a due elementi non direttamente riconducibili al multigiocatore che mi fanno preoccupare sulla campagna in singolo, pur avendo visto poco e niente.

Prima di chiudere apro una parentesi sui server dedicati: ho avuto modo di confrontarmi con altri giocatori, così da avere una conferma su una mia sensazione. La Beta fa un uso massiccio della banda a disposizione: questo vuol dire che se non avete una connessione stabile e performante, vi capiterà spesso e volentieri di perdere la sincronizzazione con il server, dovendo così abbandonare in anticipo la partita. Dev’esserci uno scambio di dati più frequente del solito, rispetto sia a Gears of War: Ultimate Edition che ad altri giochi con un’infrastruttura completamente diversa, come The Division, dato che a parità di condizioni non si presentano gli stessi spiacevoli eventi. Una precisione forse cercata nel fatto di arginare quei problemi di cui si sono sempre lamentati i giocatori più accaniti: “ho colpito prima io e non è morto”, “il tizio è superconnessionato”, “è colpa della lag”. Ora i colpi arrivano tutti, anche nei contesti peggiori, questo ve lo posso assicurare.

Ricapitolando, il multiplayer di Gears of War 4 non propone grosse rivoluzioni, quanto piuttosto un consolidamento di quanto già di buono si era visto in Gears of War 3. La formula è collaudata e chi non ha potuto apprezzare in passato il gameplay non troverà di certo un buon motivo per riprovarci ancora: Gears era e rimane Gears, violento nell’esecuzione e dominato da scontri tra Fucile a pompa Gnasher. Rimane qualche dubbio sulla direzione artistica generale e su alcune ingenuità, ma spero che The Coalition sappia cogliere tali osservazioni (se arriveranno anche dagli altri giocatori) per correggere la rotta prima del lancio. Attendiamo il pieno svolgimento della fase beta (dal 18 aprile per chi ha giocato a Gears of War: Ultimate Edition, dal 24 dello stesso mese per tutti i membri Gold) per darvi le nostre ultime impressioni, in particolare sullo sfruttamento di alcune cattive tattiche che sono già emerse e sulla modalità “Dodgeball”: appuntamento quindi sempre su queste pagine!

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