Recensione - State of Decay 2
di
Mirko Rossi / Thor
P
Il Gioco
State of Decay 2 è il sequel dell'omonimo titolo pubblicato nel 2013 su Xbox 360 e poi arrivato successivamente in versione riveduta e corretta su Xbox One, con il quale condivide buona parte degli aspetti legati al gameplay ed alla trama. Si tratta nuovamente di un action game open world in terza persona ambientato in una fittizia regione degli Stati Uniti colpita da una misteriosa epidemia zombi; nel primo capitolo della saga il giocatore scopriva le origini di questa epidemia, che non vi rivelerò per evitare fastidiosi spoiler, trovandosi però a fronteggiare anche una scomoda verità: nonostante gli sforzi fatti dall’esercito per arginarla, l’infezione sembrava ormai essersi diffusa in maniera incontrollata nei territori circostanti, ed è proprio qui che prende il via State of Decay 2 mettendo il giocatore alla guida di una coppia di sopravvissuti in fuga. I due raggiungono a fatica Camp Osprey, un accampamento gestito dall’esercito, scoprendo però che i militari l'hanno già abbandonato per non essere sopraffatti dai non morti. Come se non bastasse, uno dei due protagonisti finisce per contrarre la “Piaga del Sangue”, così viene chiamata l’infezione dai sopravvissuti, ma quando tutto sembra perduto i due si imbattono in un medico che sostiene di aver perfezionato una cura capace di arrestare l’avanzata dell’infezione partendo dai campioni prelevati da alcuni esemplari infetti. Il gruppo decide così di allontanarsi dall’avamposto militare prima che sia troppo tardi utilizzando un mezzo di fortuna, e di raggiungere una delle regioni limitrofe per stabilire un nuovo campo base dove tentare di sopravvivere.Questa la trama alla base di State of Decay 2, che non si discosta particolarmente dalle origini della saga per quanto riguarda il background e le tematiche affrontate. La Piaga del Sangue, dopo gli eventi originali, sta dilagando ed i gruppi di sopravvissuti sparsi per il paese lottano per resistere alle orde di non morti che infestano strade, zone rurali e centri abitati. Anche in questa seconda avventura chi impugna il pad si trova dunque a fronteggiare la terrificante epidemia, ma con un approccio diverso rispetto agli standard del genere. Il focus è infatti sulla componente survival, sull’esplorazione, sulle dinamiche più gestionali e sui rapporti interpersonali, lasciando alle orde di non morti il ruolo di “contorno”, un po’ come accade nella serie TV The Walking Dead. Le basi, oltre che dello spazio adatto ad accogliere i vari componenti, necessitano innanzitutto di risorse primarie quali cibo, medicine, materiali per costruzioni, munizioni, carburante, acqua ed energia elettrica. La comunità fondata dal giocatore consuma nel corso del tempo i materiali, che devono quindi essere reintegrati costantemente esplorando la regione, commerciando con le Enclavi (altri gruppi di sopravvissuti con i quali il giocatore entra in contatto nel corso dell’avvenuta), installando specifiche strutture all’interno della base, come gli orti e le fattorie, e occupando gli altri edifici presenti nella zona dopo averli liberati dai non morti.
In più di un’occasione capita poi di dover attingere alle scorte presenti nella base per fabbricare oggetti utili sia in modo diretto, creando ad esempio scorte di munizioni o specifici prodotti curativi, sia in modo indiretto, costruendo strutture o attivandone le relative funzionalità. Infatti, per poter sopravvivere a lungo, il giocatore non deve solo fortificare la propria roccaforte ma deve anche personalizzarla ed espanderla in base alle proprie necessità erigendo nuove strutture, perfezionando quelle esistenti o sostituendole con qualcosa di completamente differente. Così facendo ottiene dei miglioramenti e l’accesso ad alcune funzionalità specifiche, che gli consentono ad esempio di ottimizzare il consumo delle risorse, di ampliare le dimensioni del magazzino così da non buttare via i materiali in eccesso, di migliorare le capacità difensive o di accedere a nuove abilità. In totale nel gioco troviamo oltre 20 progetti di costruzione differenti con i quali personalizzare il nostro accampamento, tutti ben caratterizzati. Nel caso fosse necessario, poi, il giocatore può anche traslocare l’intera comunità presso un’altra delle strutture idonee presenti nella zona, ovviamente dopo averla raggiunta, spendendo l’Influenza, la valuta “simbolica” che si ottiene completando missioni o uccidendo i non morti. Nel corso dell’esplorazione il giocatore si imbatte inoltre in oggetti come armi, prodotti curativi, esplosivi di varia natura, trappole, esche e tutta una serie di materiali utili per la creazione di nuovi oggetti o come merce di scambio. Nulla di rivoluzionario insomma, a parte un generale restyling dell’interfaccia grafica che diventa sempre più evidente man mano che si procede con il gioco.
MX Video - State of Decay 2
Decisamente più marcate sono invece le differenze col primo titolo per quanto riguarda due elementi cardine, ovvero l'area di gioco e i protagonisti principali. Il primo State of Decay includeva una sola mappa, mentre in questo capitolo sono presenti ben tre zone differenti suddivise tra colline, montagne ed altopiani, ognuna delle quali si estende per un’area pari a quella del primo capitolo. Prima di lasciare Camp Osprey, che funge anche da tutorial per i comandi di base, il giocatore deve decidere verso quale regione dirigersi per stabilire la propria comunità. La scelta non è però definitiva; il gioco infatti mette a disposizione tre slot di salvataggio per ogni profilo, tramite i quali è possibile dare vita ad altrettante comunità .Proseguendo con l’avventura si ottiene inoltre la possibilità di traslocare da una zona all’altra, mentre portando a termine la storyline principale è possibile proseguire le scorribande in un’altra zona portando con sé un massimo di 3 sopravvissuti provenienti dalla precedente comunità. Avrete inoltre notato che nel corso della mia introduzione non ho mai dato un nome preciso ai protagonisti. Questo perché, diversamente da quanto capitava nel primo capitolo, ora è possibile selezionare i propri alter-ego iniziali tra 4 coppie differenti, ognuna delle quali ha un proprio background e le proprie peculiarità. Ci sono i “Vecchi Amici”, la “Strana Coppia” e così via. Saranno loro a gettare le basi di una nuova comunità di sopravvissuti, che dovrà poi essere gestita e, possibilmente, espansa accogliendo nuovi membri . Nel corso dell’avventura riceveremo spesso delle richieste di aiuto da parte delle altre Enclavi, ed il modo in cui gestiremo queste richieste andrà a modificare i rapporti tra le varie comunità. Aumentando l’affinità si avrà la possibilità di commerciare con gli altri gruppi o di ricevere il loro supporto in caso di bisogno, mentre inasprendo i rapporti non solo perderemo questi vantaggi ma rischieremo di essere attaccati dagli altri gruppi o di vederli abbandonare la zona lasciando campo libero ai non morti. Insomma, sta a voi decidere se impersonare i Rick Grimes o Negan della situazione.
In molte occasioni avremo inoltre la possibilità di accogliere altri sopravvissuti nella nostra comunità, trasformandoli così in personaggi giocabili che non si limitano però ad essere dei semplici comprimari. State of Decay 2, proprio come il capitolo originale, permette infatti al giocatore di utilizzare più o meno liberamente ogni membro della sua comunità in base alla situazione, ma non solo. Il gioco di Undead Labs, oltre a riproporre il concetto di morte permanente dei personaggi, prevede infatti tutta una serie di status negativi come la stanchezza, la malattia, la depressione, le ferite e traumi di varia natura che vanno ad influire negativamente sulle capacità dei malcapitati, rendendoci praticamente obbligatorio passare regolarmente da uno all'altro per consentire a tutti di riposare e ricevere le cure necessarie. Se non gestiti a dovere, questi status possono anche causare problemi all’interno della comunità o portare all’abbandono da parte di un membro scontento, con conseguente perdita dei bonus da lui acquisiti. La vita da sopravvissuti non ha però solo risvolti negativi. In State of Decay 2 ogni sopravvissuto ha infatti le proprie caratteristiche, conoscenze e missioni, che influenzano in modo diretto le sue capacità. Nel corso dell’avventura ogni personaggio accresce le proprie abilità sulla base delle azioni compiute, arrivando a specializzarsi in un determinato ruolo e ottenendo il rispetto della comunità. Così facendo può aspirare a diventare il leader del gruppo, un ruolo che non solo gli permette di sbloccare bonus importanti ma che andrà ad influenzare dinamicamente lo sviluppo della trama condizionando sia le missioni secondarie sia l’incarico principale, che viene rivelato al giocatore solo dopo aver eliminato tutti gli ammassi infetti presenti nella regione. Il tempo necessario per completare tutte queste fasi ovviamente dipende molto dallo stile di gioco utilizzato. Io ho impiegato poco più di 20 ore per raggiungere i titoli di coda, esplorando circa il 70% della zona collinare a mia disposizione e portando a termine tutti gli incarichi secondari che mi sono capitati a tiro.
Non dimentichiamoci però una cosa. In State of Decay 2 il giocatore, mentre crea la sua base e cerca di far sopravvivere il suo gruppo, deve spesso e volentieri vedersela con orde di famelici non morti, che non esitano ad attaccare qualunque essere vivente gli capiti a portata di morso. Gli zombi infatti occupano praticamente ogni centimetro quadrato della mappa muovendosi in gruppi più o meno numerosi composti sia da nemici standard, tra i quali sono comunque presenti numerose varianti, sia da mostruosità speciali come gli infetti, degli zombi resi particolarmente aggressivi dall’esposizione continuata alla Piaga del Sangue e che possono infettare a loro volta i personaggi, gli urlatori, che compensano la mancanza degli arti superiori con la capacità di attirare l’attenzione di tutti i non morti presenti in zona, i selvaggi, non morti dotati di agilità e velocità superiori alla media, gli abomini, zombi “ripieni” di una sostanza gassosa estremamente dannosa che esplodono non appena qualcosa li urta, e i colossi, dei non-morti troppo cresciuti dotati di una resistenza fuori dal comune e che possono ridurre in poltiglia persone e cose con un singolo colpo. Gli zombi non si limitano però a svolgere un ruolo passivo. Spesso proveranno ad attaccare direttamente la base del giocatore o ad occupare determinate strutture causando delle vere e proprie “infestazioni”, eventi casuali che il giocatore può quasi sempre decidere se affrontare o meno, così da ottenere Influenza e migliorare il morale della comunità. A completare l’offerta troviamo i già citati “ammassi infetti”, delle creature amorfe che non danneggiano direttamente il giocatore ma che sono a tutti gli effetti le principali responsabili della diffusione della Piaga del Sangue.
Per contrastare gli avversari il giocatore può contare ancora una volta su un nutrito arsenale composto da gingilli di varia natura e calibro, su molti dei quali è ora possibile installare rudimentali modifiche come silenziatori e mirini. Si parte dalle armi contundenti più grezze, come tubi e mazze di legno, per arrivare a giocattoli di grosso calibro di derivazione militare, il tutto passando per spade, asce, pistole, fucili, armi automatiche e molto altro ancora. Il sistema di mira è di stampo classico (LT per mirare ed RT per fare fuoco), mentre il combat-system con le armi ravvicinate è ancora affidato alla pressione di un unico tasto, con poche semplici varianti utilizzabili dopo averle sbloccate. State of Decay 2, proprio come il primo capitolo, permette inoltre al giocatore di utilizzare un approccio stealth mettendo a segno brutali esecuzioni e di sfruttare gli innumerevoli veicoli presenti nella zona per muoversi più rapidamente, trasportare risorse o trucidare zombi, a patto che siano ancora funzionanti e si riesca a recuperare il carburante necessario a metterli in moto. Praticamente invariata la gestione dell’inventario, che tiene sempre conto dello spazio occupato dagli oggetti raccolti e del loro peso influenzando di conseguenza la velocità del movimento dei protagonisti, il consumo della resistenza e l’accumulo della stanchezza.
In caso di necessità il giocatore può inoltre richiedere supporto via radio alla “Rete”, un gruppo che si occupa di tenere in contatto le varie comunità, può decidere di portare con sé un seguace controllato dall’I.A., che però si limita a fornire supporto contro gli zombi, o coinvolgere nell’azione altri giocatori sfruttando l’inedita modalità multigiocatore presente in questo capitolo, che permette ad un massimo di 4 giocatori di collaborare tramite Xbox Live dopo aver superato la fase introduttiva del gioco anche in cross-play con la versione Windows 10. Il funzionamento della modalità è semplice: a tirare le fila è l’host ed è la sua partita quella che viene portata avanti nel corso della sessione. I partecipanti possono però decidere se entrare nella partita utilizzando uno specifico membro della propria comunità o se portarli tutti, così da poter passare da uno all’altro in caso di necessità. Le uniche differenze di gameplay in questa modalità sono legate alla gestione del loot. I contenitori vengono “suddivisi” automaticamente dal gioco tra i vari partecipanti ed evidenziati con il colore dell’unico giocatore autorizzato ad aprirli, mentre il contenuto, una volta depositato, prende strade differenti in base alla sua natura. Le risorse fondamentali finiscono sempre nel magazzino di chi ospita, mentre il loot generico finisce nelle rispettive scorte. Al termine della sessione i giocatori ospiti ricevono inoltre delle ricompense aggiuntive sulla base delle loro gesta, a mo’ di ringraziamento per il loro contributo.
Per State of Decay 2 gli sviluppatori di Undead Labs hanno deciso di abbandonare il CryEngine ed affidarsi alla quarta versione del motore grafico Unreal, che permette al titolo di raggiungere i 4K su Xbox One X (con texture in alta definizione) e i 1080p su Xbox One e One S, il tutto a 30fps (talvolta anche qualcosina di più) e con pieno supporto alla tecnologia HDR. Il motore integra un modello fisico di buona qualità, una gestione completa del ciclo giorno-notte, che in questo sequel però non avanza più in maniera autonoma quando non stiamo giocando, ed un sistema di illuminazione dinamico. Più che buono il comparto audio, dotato di una colonna sonora di ottima qualità che riproduce con buona fedeltà gli effetti sonori permettendo al giocatore di percepire sempre la posizione della fonte. Concludo segnalando che anche questo capitolo è completamente sottotitolato in lingua italiana e che il titolo è parte del programma Xbox Play Anywhere.
Commenti