Recensione - Soulcalibur VI
Il Gioco
“A tale of souls and swords, eternally retold”: in questa frase troviamo tutto lo spirito della serie di Bandai Namco e, soprattutto, del nuovo Soulcalibur VI; nelle parole "anime e spade" c’è il fulcro del gioco stesso, mentre la seconda parte della frase vuole evidenziare il fascino eterno di un picchiaduro che, sin dai tempi della prima PlayStation (Soul Blade in occidente e Soul Edge nella terra del Sol Levante) e del Dreamcast, ha fatto sognare milioni di giocatori in tutto il globo e che, in questa sesta reincarnazione, vuole racchiudere tutto il meglio delle precedenti edizioni senza voler incorrere nella "sindrome da reboot” come accaduto, ad esempio, per Mortal Kombat.L’ultima edizione del titolo, la quinta, aveva destato non poche perplessità per uno spirito un po’ troppo competitivo a discapito dei contenuti, da sempre uno dei punti di forza della saga; per questo motivo Okubo San ed i suoi fidati collaboratori hanno mescolato parte degli elementi competitivi presenti nel capitolo precedente con tutta una serie di novità in grado di consolidare ulteriormente la trama originale, ed accontentare così sia i vecchi fan che i potenziali nuovi adepti. In Soulcalibur VI la storia mitologica che vede protagonisti Kilik e Sigfried (in balia degli eventi generati dalla malefica Soul Edge) è sempre al centro dell’esperienza, ma è stata narrata evitando quei tagli in grado di rovinare la trama del gioco. Le stesse avventure dei due personaggi principali danno luogo alle due modalità principali del titolo, rigorosamente in single player: le Cronache dell’Anima e la Bilancia dell’Anima.
La prima modalità mette insieme le diverse avventure dei personaggi presenti nel roster e permette di affrontarle seguendo un ordine cronologico ben preciso; la seconda, davvero interessante, ci presenta una campagna nella quale il protagonista è il vostro personaggio personalizzato e si presenta ricca e varia in quanto a missioni in stile GdR. Le vicende dei lottatori vengono seguite in un arco temporale che va dal 1583 al 1590, e tutto il racconto si focalizza sul dualismo tra Soul Calibur e Soul Edge. Queste due modalità non sono comunque due corpi estranei tra loro, in quanto gli incroci sono tanti e determinanti. Affrontando la Bilancia dell’Anima, infatti, dovrete necessariamente affrontare quasi tutti i lottatori presenti nel gioco sbloccando, al contempo, dei registri segreti in grado di fornire informazioni indispensabili per completare la modalità delle Cronache.
MX Video - Soulcalibur VI
Se siete dei seguaci della saga di Soulcalibur, ricorderete certamente il terzo capitolo che aveva una struttura a bivi a caratterizzare le diverse avventure; in Soulcalibur VI, al contrario, troviamo un percorso “guidato” che vuole mettere il giocatore al centro delle vicende scatenate dalla Soul Edge e dalla Soul Calibur. Questo viene realizzato mettendo il vostro alter ego, inizialmente un povero “infettato” dalla Soul Edge, davanti a due sole possibilità: continuare un percorso negativo pervaso dalle forze malvagie che lo hanno reso schiavo delle stesse, oppure tentare la redenzione e lottare per diventare un guerriero puro ed arrivare, dopo aver assolto a diversi compiti ed aver affrontato praticamente tutto il roster di combattenti, allo scontro finale con Azwel, il nuovo antagonista che rappresenta anche una delle novità succulente di Soulcalibur VI insieme a Groh.
Parlando di Bilancia dell’Anima, ho accennato a dinamiche in stile GdR: in questa modalità è infatti possibile far crescere di livello il proprio personale, selezionare il tipo di arma da impiegare, assoldare dei mercenari e potenziare il proprio armamentario. Inoltre gli sviluppatori si sono divertiti ad inserire tutta una serie di modificatori (soprattutto ambientali) in grado di mettere il giocatore di fronte alla necessità di variare costantemente le proprie tattiche. Sarete costretti a combattere su terreni sconnessi, contro avversari geneticamente potenziati oppure gestire bonus o malus in partenza, i quali dipendono da come avete deciso di giocarvi i potenziamenti ottenuti nel progredire della trama principale. Sempre in tema di meccaniche GdR, una delle caratteristiche principali è la creazione del personaggio, che vi permetterà di configurare al meglio il vostro lottatore a partire da una vasta gamma di opzioni relative all’estetica partendo, ad esempio, dalla scelta della razza (avete a disposizione un mondo fatto anche di demoni, uomini lucertola, vampiri ed elfi).
Il roster dei personaggi "standard", invece, è di primissima qualità a partire dall’ospite d'onore di questo episodio, il protagonista di The Witcher Geralt di Rivia, curato sin nei minimi particolari ma non modificabile; un peccato però la mancanza di Tira, che sarà disponibile solo con uno dei DLC previsti nel periodo post-lancio.
Ma in un picchiaduro, ciò che fa la differenza, ancor più che in altre tipologie di gioco, è la solidità del gameplay, e anche qui Soulcalibur VI fa abbondantemente la sua figura, facendo uso dell’Unreal Engine che rende il gioco più dinamico e malleabile. I programmatori hanno, infatti, recuperato tutti i personaggi storici con la relativa lista delle mosse e l’hanno perfezionata per modernizzare il titolo senza snaturarne l’essenza principale. Si assiste ad una importante ricalibrazione della Carica dell’Anima (Soul Charge) con la possibilità di ottenere un potenziamento temporaneo ma devastante in quanto sarà possibile sbloccare nuove mosse e risollevare le sorti del combattimento. Le Soul Charge si integrano bene con le Critical Edge e le Guardie Reattive (bisogna anche sapersi difendere, all’occorrenza): ne risulta un sistema di combattimento efficace, veloce ed accessibile ai più ma, allo stesso tempo, sufficientemente competitivo da accontentare anche i puristi.
Quello che non mi ha convinto fino in fondo è il cosiddetto Taglio Invertito (Reversal Edge) con il quale si assorbono gli attacchi avversari, funzionando in maniera simile al classico sasso-carta-forbice ma troppo dipendente dalla dose di fortuna del giocatore in quanto trattasi di una meccanica lenta ed annullabile con un semplice passo laterale. Ma se questo può valere per un giocatore esperto, non lo è del tutto per quello occasionale che potrebbe trovarsi spiazzato da un immediato riposizionamento dell’avversario. Nei picchiaduro, infatti, un elemento importante è rappresentato dal cosiddetto “spacing”, oppure dalla distanza tra i due personaggi in lotta che, con l’introduzione del Reversal Edge, tende a perdere importanza.
Soulcalibur VI rimane comunque fedele alla serie e si prefigura come uno dei picchiaduro più tecnici tra quelli disponibili sul mercato. Pur essendo presente un’infinità di mosse, la differenza è fatta da tre elementi cardine: spacing, juggle e tempismo, ossia la valutazione corretta della distanza dal nemico, dal raggio d’azione della sua arma e dal ventaglio di attacchi che abbiamo a disposizione per avvicinarci al nostro avversario cercando di non uscire dall’arena, pena la morte immediata. In definitiva, occhio a non finire sul fondo dell’arena e, soprattutto, attenzione massima a non attaccare un avversario che si trova ad un passo dal precipitare: potreste fargli compagnia, oppure andare giù da soli.
Trattandosi di un picchiaduro dalla forte impronta tattica, la strategia vuole la sua parte: la parata diventa fondamentale e c’è tanto di Guard Impact, ossia la Guardia Reattiva; si tratta della “parata ad impatto” che è possibile impiegare in ogni momento in quanto non va ad intaccare la barra dell’energia come in passato. I combattimenti diventano quindi molto aperti ed emozionanti, e anche i juggle (oppure quella serie di combo portate mentre il vostro avversario viene lanciato in aria e preso a calci e pugni senza fargli toccare terra) non sono mai spinti al massimo, motivo per il quale riuscirete a riportarvi frequentemente in posizione neutrale pronti per il contrattacco. Sostanzialmente, però, il sistema non si discosta, in tema di tasti impiegati, da quanto visto nei precedenti episodi: un tasto per la parata, due per gli attacchi verticali ed orizzontali, un altro dedicato all’impiego dei calci. Ogni personaggio è dotato di una mossa standard per spezzare la guardia dell’avversario, mentre le prese si eseguono con una sola combinazione e non più con due; un’altra combinazione dà accesso alle pose personali di ogni lottatore. Una nota è d’obbligo per i movimenti laterali, che si presentano simili a quelli visti agli albori della serie: risposte rapide ed immediate con assenza totale dei movimenti singhiozzanti del quinto episodio.
Le due principali modalità in single player, sono completate dalle classiche sfide veloci contro l’IA o altri giocatori, dall’allenamento (sostanzialmente il tutorial del gioco) e dalla modalità Arcade. Il comparto online si presenta in maniera abbastanza tradizionale, offrendo le classiche partite del giocatore in lobby (personalizzabili con la possibilità di creare stanze aperte oppure lobby private) e le sfide classificate, ma nulla più. Ovviamente, trattandosi, di picchiaduro, l’elemento basilare è rappresentato dal netcode che, al momento, è risultato essere abbastanza stabile ma necessita di ulteriori test nel momento in cui vi saranno più giocatori online. Allo stato attuale, le connessioni sembrano essere fluide ma il sistema di matchmaking ancora non funziona a dovere; come nella beta, cercando di personalizzare al massimo la tipologia d’incontro si rischia di dover resettare il tutto per assoluta mancanza di avversari. Molto probabilmente questi aspetti prenderanno una piega diversa nel momento in cui la Community si allargherà e sarà possibile ritoccare il gameplay anche sulla scia dei feedback futuri.
Dal punto di vista tecnico la grafica risulta essere leggermente meno definita rispetto a quella di altri picchiaduro recenti, ma questo è un prezzo che viene pagato sull’altare della personalizzazione e della costante elevata fluidità dell’azione di gioco. Ad ogni modo, l’impiego dell’Unreal Engine permette di ottenere un frame-rate stabilmente fissato sui 60 fps con modelli poligonali in grado di valorizzare in primis armi ed armature. Non tutti i personaggi risultano particolarmente espressivi e talvolta il sistema di illuminazione esagera consegnandoci dei riflessi talvolta irreali. Inoltre si notano spesso paesaggi leggermente sfocati all’orizzonte ed un numero ridotto di poligoni a comporre le arene, che si presentano poco dinamiche. Da segnalare dei tempi di caricamento talvolta esageratamente lunghi.
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